IL CASTELLO
Il castello
E mi siedo a rimirare il vecchio maniero,
l’’ardita torre, il nero pozzo,
ora di lucertole e di serpi silenzioso impero,
simbolo di antica storia ormai passata.
lo stesso sol di maggio batte ancora sul portale .
Ma un vociar di gente dall’interno, mi trae il pensier,
ed entro.
Ed il castello s’anima, come allora,
di dame, cavalieri, di menestrelli e di scudieri.
E ascolto narrar la vita di lor, quotidiana :
sento dir di decime, di torre, di gogna,
e di passar per spada
di spie , di tradimenti, di donne e di duelli.
La sentinella, insonnolita s’appoggia all’elsa della spada.
Sento narrar dal Conte, a bassa voce,
di novelle spose, dopo il calar del sole, violentate.
E soddisfatto, ride…
Prendetelo !
Tuona una voce.
E due possenti braccia m’abbrancarono,
un corruscar di spade ed bandire d’ordini
risuona nel castello.
Chi sei ? Che fai ? Che vuoi ? Donde vieni ?
Straniero!
E parlo, e spiego,
ma perché non mi capite?
In ginocchio, spia !
Sentenzia il Conte.
Poi un cenno, rapido, col capo.
E dal manipolo di guardia un guerriero mi s’affianca
a spada tratta.
Signori, no, vi prego, vi sbagliate !
ma la lama s’alza verso il cielo minacciosa
e dritta cala.
Signore, signore mi sai dire il nome
Del Conte signore del castello ?
mi chiede una bambina scuotendomi una mano .
Dal sogno allor mi desto, ed il bel sol di maggio
illumina il ridente suo visetto,
con lei anch’io sorrido soddisfatto.
Poi, con la certezza di chi ha visto,
mi metto a raccontare, adagio, adagio :
“ C’era una volta un Conte, assai malvagio … “
Bruno Agosti