* Il rosario

 

Dal campanile solitario,

un tintinnio lento, monotono,

nelle sere di maggio,

è l’ ora del rosario.

 

Puntuale la campanella

rompe l’ aria della sera:

è la Rina che di lena,

tira nella cordicella.

 

E la gente unita,

dalla grande fede,

a piccoli crocchi

raggiungeva la chiesetta.

 

Saliva lento la scaletta,

l’ Arcangelo,

dai lunghi baffi bianchi,

e si segnava con l’acqua benedetta.

 

Poi arrivavano tutti pian piano,

i miei vecchietti,

con le toppe sui pantaloni,

ed il rosario in mano.

 

Uno scricchiolare di ossa stanche,

inginocchiate davanti a Lei,

che guardava con tanto amore,

la fede vera di quelle teste bianche.

 

E iniziavano i misteri della croce,

che la Sabina recitava,

con voce ferma e chiara,

rispondevano, i miei vecchi,

a bassa voce…

 

Ricordo i loro volti santi,

la serenità di quei sorrisi,

vissuti con gioia ed onestà,

pronti a pertire, senza rimpianti…

 

Sono volti famigliari, seno nomi,

che scorrono, pagine di ricordi,

di un libro ancora aperto,

ma con vicino già due lumi.

 

Salve Regina! Ti saluta un coro

dalla grande fede e dalle poche cose,

e se ne torna lento, al focolare,

e Tu Regina, non ti scordar di loro…

 

Vorrei avere quella fede vera,

di quel tempo quando era maggio,

come i miei vecchi nella chiesetta,

col loro rosario recitato la sera…

 

Bruno Agosti