LA LEGGENDA DEL SASSO DELLE STREGHE


Restano incisi due nomi e un cuore,
sulla corteccia del grande abete,
silente e discreto custodisce il bosco
tutto ciò che resta di un grande amore.

Erano i tempi del randagio gatto nero,
di femmine condotte al pubblico oltraggio
di condanne al rogo avvolte in pergamene,
al bagliore dei roghi del satanico impero.

Lui la portava nel bosco di sera
sul sasso all’ ombra del grande abete,
per stringerla al petto e parlare d’amore
per il sogno più grande: una famiglia vera.

 

Restavan per ore su quel masso a sognare
e la vita del bosco riverente osservava
il gioco eterno di quando inizia una vita,
quel pulsare di cuori ansimanti d’ amore.

Tornavano al villaggio al chiaro di luna
viottoli deserti e la gente che dorme,
camminavan veloci per le lor case
dopo un ultimo bacio alla fontana.


Dagli scuri, il prete, d’ amore digiuno,

osservava, toccandosi, gli amanti fedeli
l’ avrebbe voluta con lui nel suo letto,
meditava di farlo quando non c’ era nessuno.

Oscura la chiesa nel venerdì Santo
l’ignara fanciulla si presenta a pregare
davanti a quel Dio deposto dalla croce,
per la vita che ha in seno e per chi ama tanto.

Poi mormora al prete: mi vorrei confessare !
Per aver amato il suo uomo nel bosco la sera
per aver voluto una vita prima che sia tempo.
Và bene figliola, vieni dietro all’ altare…

E’ triste la Chiesa nel venerdì Santo !
Con il suo Dio morente appeso alla croce,
per quei servi infedeli e gran peccatori,
si dispera quel Cristo nel suo ultimo pianto.

Scarmigliati i capelli di fuggente donna
disperata illusione di sfuggire al destino,
che la vuole femmina e schiava del prete
che porta silente in cuore il suo dramma.

Il prete non pago di tanto ignobile orrore
la additò alla gente quale novella strega,
la gatta che all’ ave seguiva il sacrista
ogni mattino all’alba, all’ uscir dalla torre.

Aveva un livido nero sopra il suo ciglio
gli occhi rossi sbarrati come il demonio,
il passo colpevole di chi ha tanto peccato
di strega lo sguardo, il passo, ed il piglio.

Vagava smarrita per il viottolo stretto
di giorno indossando un mantello nero,
poi di notte quando torna in cielo la luna
assumeva di nuovo le sembianze di un gatto.

Invocata a gran voce la Divina giustizia
al processo venne Barbi l’ inquisitore,
a giudicare una donna già fuori di senno
a causa del prete e della sua sevizia.

Ed arse presto di legna una gran pira
con la poveretta appesa ad un palo,
il prete che invoca il perdono divino
nell’ intero creato degli Dei l’ ira.

Lui attese che il prete uscisse di chiesa
una domenica, dopo detta la messa,
balenò il pugnale ed il sangue scorse
e fu vendetta per la sua giovane sposa.

Fuggì nel bosco come impazzito
appese la corda ed un grosso ramo
e ciondolava immerso nel vento
due giorni dopo, che lo han ritrovato.

La storia commosse la terra ed il Potente
insegnò a tutti che non esiste il “diverso”,
che un Dio ci ha creato con pari argilla,
che il “diverso“ lo crea soltanto la mente.

Una notte quando la luna era grande
scesero dal cielo le streghe bambine,
e tutte in cerchio sopra il gran masso
per i due innamorati iniziaron le danze.

Danzaron la notte con la luna in fronte,
come le Warlkirie con il seno nudo
ùcon le piccole scarpe sulla dura pietra
di quella danza son rimaste le impronte…

Bruno Agosti

 

 

Nel libro FATTI STORICI DI LIVO scritto dal nostro illustre compaesano don Luigi Conter ( dei Bettini ) racconta che nella la chiesetta di Scanna venne commesso un delitto e che per tale motivo la stessa venne sconsacrata ed interdetta al pubblico culto per sacrilegio. Venne poi riconsacrata dopo il periodo di tempo stabilito dalle Leggi ecclesiastiche. Don Luigi Conter non fa menzione del delitto che ha determinato il fatto. Mi sono permesso di ricostruirlo in modo leggendario con questa lirica.

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