BREVE STORIA DELLE SANZIONI

 

L'11 ottobre 1935 la Società delle Nazioni delibera le sanzioni contro l'Italia colpevole di avere aggredito l'Etiopia. Niente più armi, niente crediti, niente materie prime, non si importano più merci italiane. Sembrano provvedimenti duri ma non sarà così. La rete delle sanzioni è piena di buchi: Germania e Stati Uniti non aderiscono e altri Paesi non le applicheranno con rigore. Sarà un embargo blando e distratto, ma intanto il 7 novembre le sanzioni sono ufficialmente decretate e il 18 dello stesso mese diventano operative. In Italia si afferma una parola magica che uscirà da molte bocche: autarchia.

 

Il lanital e il carcadè

 

La penisola si scopre isola e vuole diventare autosufficiente. L'autarchia, figlia delle sanzioni, è una frustata per il popolo e ne eccita l'orgoglio. Gli italiani sono chiamati dal fascismo a "consumare Italia". Il regime alimenta il mito dell'autosufficienza. Si sostituisce il tè con il carcadè, il carbone con la lignite, la lana con il lanital, si abolisce il caffè "che fa male", si raccolgono gli stracci, la carta, le pentole di rame, si sostituisce il cuoio con impasti vari, si estrae il cotone con le fibre di ginestra, si mobilitano le sezioni del Dopolavoro per "dare il massimo impulso alla coniglicoltura". Le donne calzano scarpe con suole di sughero, gli uomini di gomma. Nelle pentole entrano più castagne che carne e la cicoria è promossa a caffè. Sui muri, a incitare gli italiani a una forte coscienza nazionale, spiccano i fatidici slogan firmati Mussolini. Il più diffuso è: "E' l'aratro che traccia il solco ma è la spada che lo difende". E la parola spada si rivelerà profetica.

 

Il fai da te

 

L'Italia, accerchiata dalle "potenze demoplutocratiche", si appresta a fare tutto da sé. L'industria si impegna al massimo, i cervelli si spremono, la gente ci mette l'anima. La retorica del "giorno da leone" impazza, tipica di un regime che cavalca politicamente l'isolamento imposto con la forza. E così, fra l'enfasi della guerra, i sogni imperiali e le piccole cose della quotidianità, l'Italia si sente profondamente fascista. Si chiama consenso. Mussolini ha in mano il Paese.

 

Il ruolo delle donne

 

Parlando di cose concrete, l'autarchia pesa soprattutto sulle donne. Le sue fortune sono affidate all'oculatezza e all'inventiva delle casalinghe. Sono loro a sostenere lo Stato in cucina. L'autarchia deve essere un sistema di vita familiare e sociale. Nelle scuole si consegnano i salvadanai ai bambini per educarli al risparmio. Mezza Italia usa Italdado, "il prodotto autarchico Liebig per la saporita cucina italiana". Uno slogan battente dice: "Due etti di italianissima Robbiola di Robbio nutrono più di una bistecca straniera". Rassegnato, il vescovo di Torino, monsignor Fassati, sospira: "Digiuniamo, accettando tutte le limitazioni che l'ora impone". In pellicceria si affacciano scoiattoli alpini e conigli nostrani. "Invece del burro faremo cannoni", tuona Mussolini. "Sanzioni? - è scritto sui muri delle fabbriche - Chi se ne frega". Più frivola, una pubblicità con vignetta dice: "Lui: i tuoi baci sono più saporiti e profumati. Lei: certo amore, il mio rossetto è un prodotto nazionale".

 

Amoretto e cialdino

 

Siamo padroni di noi stessi e lanciamo la nostra sfida. Cominciamo ad abolire le parole straniere. Flirt diventa amoretto, pied-à-terre fuggicasa, cachet cialdino, pullover farsetto, ferry-boat treno-battello. Cognac diventa arzente, chiave inglese chiave morsa e Leo Longanesi, per cui queste cose sono un invito a nozze, commenta con il suo pungiglione: "La nazione è sempre compatta nelle sciocchezze".

 

La fine

 

Le "inique sanzioni" hanno vita breve. Nel '35 fanno acqua, nel '36 cadono: il 15 luglio sono abolite e Londra ritira l'Home Fleet dal Mediterraneo. "Sugli spalti del sanzionismo - tuona Mussolini - è stata innalzata la bandiera bianca". Il fascismo è nella sua età dell'oro, l'era prenazista. Per il duce, che ha vinto, sarebbe il momento di mostrare saggezza. Sappiamo che non è stato così.

 

A cura di Bruno Agosti