SYRYA E IPOCRISIA

 

 

 

L' INDIGNAZIONE IPOCRITA DI CHI HA CONDANNATO LA SIRIA

 

Le ultime ore ci mostrano invece il quadro reale, una guerra che si sta intensificando di giorno in giorno assumendo i connotati di quella che potrebbe diventare qualcosa di più di un semplice timore: un conflitto globale che coinvolga le potenze mondiali e i regimi più pericolosi del Medio Oriente, le organizzazioni terroristiche islamiche e le milizie assoldate dai vari fronti.

 

La Siria meridionale è diventata la zona di guerra più pericolosa al mondo, ancor più della penisola coreana, come hanno rimarcato i più influenti analisti del New York Times e del Washington Post nelle ultime ore. E non solo per l'inasprirsi del primo scontro diretto tra Israele e Iran la scorsa settimana con l'abbattimento di un drone offensivo iraniano entrato nello spazio aereo israeliano vicino a Bet Shean. La reazione è andata oltre.

 

Netanyahu ha ordinato all'Iaf una serie di devastanti attacchi a 12 siti militari in Siria, la maggior parte controllati dai soldati di Teheran o dalle altre forze riconducibili alle Guardie Rivoluzionarie iraniane guidate dal generale Qassem Soleimani.

 

Più del 50% delle difese aeree siriane sono state distrutte in questi raid ma, secondo gli osservatori, non sembra che ciò sia servito da deterrente.

 

Anzi. L'azione dell'Iran e dei suoi alleati appare sempre più orientata contro Israele come confermano le parole pronunciate la scorsa settimana da Soleimani, il quale ha dichiarato che non si sarebbe fermato fino a quando le forze sotto il suo comando non avessero "cancellato Israele dalla faccia della terra".

 

A tali dichiarazioni va aggiunto la gravità di quanto rilevato da un rapporto libanese, tradotto e pubblicato dall'Istituto internazionale di ricerca sugli organi d'informazione del Medio Oriente, sulla forza bellica dell'Iran, la cui capacità missilistica orientata verso Israele sarebbe molto più grande di quanto si pensasse in precedenza.

 

Il sito di notizie Ahiyah, uno dei più autorevoli in Libano, il 6 febbraio ha inoltre rivelato che Hezbollah e Iran hanno un arsenale di 70.000 missili a lungo e medio raggio situati in Siria. L'articolo, al riguardo, aggiunge che entro un anno il numero salirà a 500.000 e l'intento sarebbe di utilizzarli lungo tutto il confine settentrionale della "Palestina occupata".

 

Per gli esperti si prospetta, dunque, un inverno caldo per Israele che potrebbe subire l'attacco iraniano da Nord e consigliano d'intraprendere azioni preventive contro la crescente minaccia dalla Siria e dal Libano, dove l'Iran ha costruito due strutture sotterranee che producono il missile Fateh 110, un razzo terra-aria con una portata di 300 chilometri che va ad aggiungersi a quelli anticarro e ai droni da combattimento.

 

In un contesto di così grande instabilità l'inasprirsi del conflitto non dovrebbe sorprendere ma di certo allarmare. Di fatto, l'intera Siria è diventata il posto più pericoloso al mondo e per il mondo. E poi c'è la Turchia, Ankara, oltre a lanciare l'operazione "Ramoscello d'Ulivo", ormai minaccia apertamente i più potenti alleati Nato, gli Stati Uniti.

 

Il regime di Erdogan è furioso per il rifiuto di Trump d'interrompere il sostegno alla milizia curda Ypg, che il dittatore islamista turco considera una branca del Partito dei lavoratori curdi, fuorilegge in Turchia.

 

Il primo ministro turco Binali Yildirim è arrivato a dichiarare all'emittente televisiva tedesca Deutsche Welle, nel caso gli Usa provassero a schierarsi contro la Turchia prendendo le difese dello Ypg, che li avrebbero combattuti con ogni mezzo.

 

Insomma Erdogan in Siria vuole campo libero, continua repressioni senza precedenti nel suo paese e "sequestra" navi europee, come quella dell'Eni, senza preoccuparsi delle conseguenze di un blocco militare da casus belli.

 

Ma nonostante tutto gli americani continuano a pensare che il male assoluto sia l'Iran e ora che i rischi per Israele appaiono più concreti gli equilibri nella regione sono destinati a cambiare. Intanto la guerra in Siria chiude i civili tra due fronti. Si combatte al Nord, al confine con la Turchia dove la città di Afrin è sotto il fuoco incrociato delle forze filogovernative, vicine a Bashar al-Assad, delle milizie curdo-siriane e delle truppe turche. Ma si combatte e si muore anche nel Ghouta orientale, zona della periferia di Damasco con circa mezzo milione di abitanti, controllata dai ribelli anti regime. I bombardamenti, compresi quelli russi, secondo le Nazioni Unite hanno colpito nelle ultime 48 ore diversi ospedali nella regione sotto assedio causando la morte di oltre 270 persone, tra cui decine di bambini, e 1.400 feriti. E il mondo s'indigna dispensando lacrime di coccodrillo, in un'ipocrisia crescente che dimentica quanto finora poco sia stato fatto per impedire che questi massacri si compissero sotto lo sguardo distratto e indifferente di tutti.