L' AFFONDAMENTO DEL MOSKVA


 

Qualche breve nota sull'affondamento del Moskva, ovvero the unknown unknowns.

Gli incrociatori lanciamissili della classe Slava, così come i grandi incrociatori a propulsione nucleare della classe Kirov, nascono sul finire degli anni '70 dalle direttive dell'ammiraglio Sergej Georgievič Gorškov, comandante in capo della Marina sovietica dal 1956 al 1985 e massimo artefice della strategia navale sovietica durante la Guerra fredda. Recentemente Jeremy Stocker, in Architects of Continental Seapower (2020), ha messo utilmente in sinossi le due figure di Tirpitz e Gorškov nel tentativo di sottolineare gli ostacoli propri delle potenze continentali alle prese con l'esercizio di un seapower i cui limiti e peculiarità si individuano nel confronto con una potenza marittima preponderante (l'Impero britannico prima, gli USA poi) che non si hanno chances di battere in uno scontro diretto. In ambo i casi l'obiettivo degli ambiziosi programmi costruttivi tedesco e sovietico fu quello di puntare a creare una marina in grado di fungere da deterrente: semplificando brutalmente l'argomento, una forza navale destinata a soccombere in battaglia, ma infliggendo all'avversario perdite di tale entità da rendere indesiderabile lo scontro stesso. Tirpitz visse abbastanza per assistere all'inglorioso fallimento della sua Risikotheorie di fronte al distant blockade imposto dai britannici al Mare del nord. La flotta pensata da Gorškov si dissolse semplicemente nell'incuria dopo il 1991 e non è mai realmente risorta, nemmeno nei venti anni di politica muscolare portati avanti da Putin. Il bilancio della Russia post-sovietica, alle prese anche con programmi di ammodernamento dell'esercito e dell'aviazione (che, a giudicare dal verdetto dei campi di battaglia ucraini, possiamo ritenere falliti), non può più permettersi il lusso di una blue-water navy tesa a contendere il primato statunitense.

Nell'ottica di questa luxury fleet, per riprendere l'espressione dispregiativa coniata da Churchill nei confronti della Kaiserliche Marine, gli Slava ed i Kirov dovevano esercitare il ruolo di deterrenza affidato alla Marina sovietica confrontandosi con le Task Force statunitensi incentrate sulle grandi portaerei a propulsione nucleare; ed avrebbero dovuto costituire una minaccia credibile alla sopravvivenza di queste ultime. Da qui l'armamento massiccio di queste due classi di navi, principalmente ASuW e AAW: gli Slava, fra cui il Moskva affondato ieri in circostanze ancora non ben chiarite, erano costruiti attorno ai 16 grandi lanciatori prodieri per gli AShM P-500 Bazalt ciascuno con una testata di 1.000 kg. E poiché si trattava di navi che, per giungere ad una soluzione di tiro contro una CVN statunitense, avrebbero dovuto prima dimostrare di saper resistere a pesanti attacchi aerei, completavano l'armamento 64 celle per missili terra-aria S-300, oltre ad una difesa di punto affidata a 40 missili terra-aria OSA e 6 CIWS AK-630 da 30 mm. Si tratta di un triplice scudo antiaereo che, dando per buona la versione ucraina sull'affondamento ad opera di 2 AshM Neptune, ieri ha penosamente fallito.

Il Moskva era un asset strategico impiegato, in questi 50 giorni di guerra, ampiamente al di fuori delle condizioni di impiego per cui era stato pensato quarant'anni fa: un grande incrociatore "carrier-killer" senza più bersagli navali, data l'inesistenza della marina ucraina. Non era dotato di particolari capacità contro-costa, essendo sprovvisto (contrariamente a quanto detto da molti) dei cruise Kalibr che armano invece le fregate della classe Admiral Grigorovič. L'operazione contro l'Isola dei serpenti del 24 Febbraio scorso, che ha guadagnato le prime pagine dei giornali più per la risposta dei soldati ucraini che per la rilevanza dell'operazione in sé, è stata condotta bombardando le postazioni ucraine sull'isola con il complesso binato prodiero da 130 mm; una mera frazione dell'armamento della nave. Ciò non vuol dire che il Moskva fosse privo di qualsivoglia utilità: l'ombrello antiaereo assicurato dai suoi S-300 è stato ripetutamente utilizzato, nelle settimane passate, per coprire le operazioni di bombardamento delle Grigorovič, la base logistica russa in Crimea ed anche le truppe russe impegnate in combattimento fra Mykolaiv e Mariupol'.

E a questo punto si colloca la sostanziale zona d'ombra relativa al suo affondamento. Gli S-300 erano serviti dal radar per il controllo di tiro 3R41 Volna, un sistema con un raggio di 170 km, una portata di 30 km di altitudine e con la capacità, sulla carta, di guidare contemporaneamente sino a 12 missili contro 6 differenti bersagli. Sul Volna si è scritto abbastanza: sì, era un sistema di vecchia concezione, essendo nato alla fine degli anni '70. Sì, spazzava un arco di soli 180°, ma proprio per questo era integrato dai radar di scoperta Voskhod MR-800 e Fregat MR-710; l'interdizione aerea fornita contro le incursioni ucraine, tuttavia, dimostra che il sistema sino a ieri funzionava adeguatamente bene. Che sia stato ingannato da un semplice drone Bayratkar TB2 usato dagli ucraini come esca, mentre dalla direzione opposta si avvicinavano due missili Neptune - come recita la versione ufficiale di Kyiv - rimane possibile ma alquanto improbabile, a meno di gravi leggerezze commesse dall'equipaggio russo o da un malfunzionamento dei sistemi (oppure dallo jamming degli stessi). Per i russi rimane comunque una pesante sconfitta anche in termini di immagine, perché le unità maggiori di una marina sono da sempre anche emanazione del prestigio e della potenza dello Stato.

 

 

 

 


CERTO CHE LA RELIQUIA NON LE HA PORTATO FORTUNA ...

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C’era un pezzo della vera Croce di Gesù sulla “Moskva” affondata dagli ucraini? Il mistero della reliquia

sabato 16 Aprile 19:27 - di Lucio Meo

Secondo fonti russe, la flotta di Putin si considerava imbattibile anche grazie alla protezione divina, in particolare, quell’incrociatore “Moskva” affondato dai missili ucraini disponeva di una “reliquia religiosa” che veniva considerata uno scudo anche militare: un frammento della vera Croce di Gesù a bordo, in una teca. I dettagli di questa storia sono stati rivelati dall’agenzia di stampa russa Tass e con un post su Telegram del vice-ministro dell’Interno ucraino Anton Gerashchenko: i due sostengono che un pezzo della “Vera Croce” su cui sarebbe stato crocifisso Gesù sarebbe stato acquistato per 40 milioni di dollari da un collezionista anonimo che lo avrebbe poi donato nel febbraio 2020 dalla Chiesa ortodossa all’incrociatore russo Moskva. Un frammento di legno grande circa 2,5 centimetri incastonato in una croce di metallo del XIX secolo che è a sua volta conservata in un reliquiario.

Il mistero della Croce di Gesù sulla nave Moskva affondata con la reliquia

Con l’affondamento dell’incrociatore russo Moskva, colpito dai missili ucraini, dunque, potrebbe essere finita in fondo al Mar Nero anche la sacra reliquia del Cristianesimo, quel pezzo di legno che si crede provenisse dalla vera croce di Gesù Cristo. Minuscolo, della grandezza di pochi millimetri, incastrato in una piccola croce di metallo del diciannovesimo secolo a sua volte custodita in un reliquiario. Di sicuro, la Moskva aveva una cappella a bordo in cui i marinai potevano pregare, ha spiegato alla Tass Sergiy Khalyuta, arciprete del distretto di Sebastopoli della Chiesa ortodossa russa.