STREGHE DELLA NOTTE

 

 

Se molti - grazie anche ai post pubblicati su queste pagine - conoscono le eroiche imprese delle "STreghe della Notte", ancora poco conosciuta è l'epopea degli "Angeli Sterminatori" dell'Armata Rossa, duemila cecchine giovanissime e dalla mira infallibile che seminarono il panico tra le fila naziste, pagando spesso con la vita il proprio eroismo. Se qualcuno avrà sentito nominare Lyudmila Pavlichenko, la più grande sniper della storia, accreditata di 309 nemici uccisi, o la bellissima e letale Roza Shanina, ben pochi ricordano Natalya Kovshova, di cui, proprio in questi giorni ricorrre l'anniversario della nascita...

NATALYA KOVSHOVA

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...Amavale attività militaresche e sotto il suo comando un trek di una classe sugli sci venne condotto “come una campagna militare”. La sua passione la portò, nel 1937, a iscriversia dei corsi paramilitari, convinta di “vivere in un tempo in cui ogni giovane donna dovrebbe avere un’educazione militare”.

Si dedicò allora al tiro con il fucile e divenne una tiratrice scelta “Voroshilov” per poi diventare istruttrice… nel 1939. Nel 1940, intanto, prese il diploma di scuola media superiore. Si iscrisse, allora, a un corso serale preparatorio per l’Istituto d’Aviazione di

Mosca. La sua grande aspirazione era diventare pilota, ma venne respinta dalla commissione medica. Decise, così, di frequentare gli studi di ingegneria aeronautica. Nel giugno 1941 superò gli esami di ammissione all’istituto. Ma nello stesso mese, scoppiò la guerra… Ansiosa di servire al fronte, riuscì a ottenere l’ammissione alla Scuola per Cecchini… Qui apprese e poi perfezionò le tecniche di tiro con mitragliatrici leggere e pesanti, e nel lancio di bombe a mano. Affinò, inoltre, l’arte del tiro di precisione. E già nell’agosto 1941 si qualificò come comandante di settore e “istruttore cecchino”.

Nella scuola di tiro, la Kovshova strinse una fortissima amicizia con Mariya (Masha) Semenovna Polivanova, di due anni più giovane.

Nell’ottobre del 1941, entrambe si offrirono volontarie come tiratrici scelte, per un battaglione del Distretto Comunista di Mosca, destinato a rinforzare la cosiddetta “3a Divisione Comunista” ...Le

due ragazze marciarono al Fronte Nord-Occidentale, dove la divisione ebbe il suo battesimo del fuoco... Il suo compito era di circondare il nemico nelle vicinanze di Demyansk. A questo fine, tra il maggio e il luglio, la divisione prese parte ad ostinati combattimenti e liberò il villaggio di Novaya Russa… Fin dall’inizio, la Kovshova e la Polivanova si guadagnarono la reputazione di soldati “modello”. Entrambe si distinsero - il 21 e il 22 febbraio - quando abbatterono diversi “cuculi”, i cecchini tedeschi, che si nascondevano sugli alberi e ostacolavano l’offensiva

delle truppe sovietiche...

La Kovshova, una volta, venne incaricata di neutralizzare un gruppo di mitraglieri

tedeschi e serventi di mortai nella torre campanaria di una chiesa. Successivamente dovette aiutare ad aggiustare il tiro di un cannone. Inoltre, a Rutchevo, trascinò fuori dal campo di battaglia, sotto una grandinata di colpi, il suo comandante di battaglione

Quando entrava in azione come cecchino, sul fronte, la Kovshova sapeva restare in agguato per ore, immobile nel suo mantello militare o nella mimetica, tra la neve o sotto la pioggia oppure copriva centinaia di chilometri sugli sci. Insieme alla Polivanova, si distinse di nuovo nei combattimenti per il villaggio di Velikusha (1-4 marzo 1942), riuscendo a mettere fuori azione i serventi di una mitragliatrice. In questo periodo vennero tutte e due ferite e ricoverate in un “battaglione sanitario”, ma, non appena guarite, tornarono subito al fronte.

Ma appena tornata al fronte, la Kovshova venne ferita di nuovo, alle gambe e alle braccia, da schegge, durante i combattimenti del 20 maggio 1942. Tuttavia, sempre gaia e allegra, nonostante le sue ferite, continuava ad aiutare gli altri, particolarmente il comandante di battaglione, seriamente ferito, prima di essere ella stessa ricoverata in un ospedale da campo…

Dopo la liberazione di Novaya Russa, nell’agosto 1942, alla divisione della Polivanova e Koshova venne assegnato il compito di rastrellare le forze nemiche ancora presenti in zona e soprattutto di chiudere lo stretto corridoio tra due unità tedesche, ma così facendo, l’unità si trovava ad essere colpita ai fianchi dalle forze della Wehrmacht che volevano riunirsi. Violenti combattimenti scoppiarono e la Polivanova e la Kovshova, con un plotone di cecchini, vennero inviate dove la lotta infuriava maggiormente. A notte, le ragazze raggiunsero l’area assegnata, vicino al villaggio di Sutoki-Byakovo e prepararono le proprie postazioni. I tedeschi il giorno dopo attaccarono... isolando i cecchini dal grosso della propria unità. Il comandante del plotone dei franchi tiratori venne ucciso e la Kovshova ne prese il posto. Ma i soldati della Wehrmacht aprirono il fuoco con i mortai, infliggendo altre perdite al plotone. Nonostante il fuoco incrociato di Nataliya, Mariya e degli altri franchi tiratori, i tedeschi avanzavano, colpendo un cecchino russo dietro l’altro. Masha e Natalya strisciarono per raggiungere altre posizioni di tiro, ma si trovarono all’improvviso faccia a faccia con gli uomini della Wehrmacht. Le due “cecchine” aprirono il fuoco fulmineamente, ma itedeschi reagirono e le ferirono. Masha e Natalya continuarono a fare fuoco uccidendo, alla fine, una ventina di nemici a testa, finché non esaurirono le munizioni. Un altro cecchino, di nome Novikov, poco distante, ferito ad entrambe le braccia, assistette impotente ai loro ultimi istanti. Vide le due amiche baciarsi e dirsi addio. E poi prendere una bomba a mano ciascuna. Quando i tedeschi le raggiunsero, si fecero esplodere, uccidendo un’altra decina di nemici...

Quando l’Armata Rossa riuscì a riconquistare l’area, i resti delle due povere ragazze vennero recuperati e sepolti nel vicino villaggio di Korovitchino.

Come per le ragazze pilota da caccia sovietiche, il numero dei nemici abbattutidalle “cecchine” può variare a seconda delle fonti. In genere alle due eroine viene attribuita l’uccisione di 300 tra ufficiali e soldati tedeschi. In particolare, alla Kovshova

si riconoscono tra un minimo di 150 ed un massimo di 164 “centri”. Per suo fratello Georgi Balovnevo il numero non è inferiore a 200.

Una composizione poetica in onore delle due eroine veniva letta in ogni plotonee compagnia e i loro nomi ricordati nelle adunate della loro unità. “Vendicate mia figlia,” scrisse la madre di Kovshova, Nina Aralovets, un’ex partigiana, al suo reggimento. “Sono orgogliosa delle gesta di mia figlia e della sua amica Masha

Polivanova.”

In seguito, a Mosca, venne creato un museo per onorare la Kovshova e la Polivanova. E la scuola Numero 64 (in precedenza la N° 281), dove aveva studiato Natalya, prese il nome di “Kovshova”. Il ricordo delle due eroine fu mantenuto vivo nei

nomi delle strade di villaggi e città, inclusa Mosca,e di due pescherecci a strascico acquistati...

Quarant’anni dopo la loro eroica morte, per iniziativa degli impiegati dell’istituto tecnico-scientifico dove sia Mariya che Natalya lavorarono subito prima della guerra, un nuovo monumento venne eretto nel villaggio di Korovitchino, dove le due “cecchine” sono state sepolte. Tuttavia, un reporter che visitò la scuola di Mosca, frequentata dalla Kovshova, nel 1982, trovò il museo a lei dedicato chiuso a chiave. Le fotografie di Natalya e della Polivanova erano state staccatedalle pareti, la loro statua abbandonata in un angolo. Soltanto una targa marmorea ricordava che Natalya Kovshova aveva frequentato quell’istituto subito prima della Grande Guerra Patriottica…>>

 

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- "Una donna può tutto..."

Era già una leggenda Marina Raskova, aveva battuto il record di volo femminile, con due compagne. Una tempesta siberiana obbligò a un atterraggio di emergenza. Lei si lanciò col paracadute. Per salvare aereo e compagne. Forse se stessa. In caduta libera, lei, la navigatrice, osserva il terreno e la rotta dell’aereo. Nove giorni a vagare nei ghiacci tra gli orsi, con una pistola, tre colpi e una barra di cioccolato. Infine le trova. Le compagne erano state chiare, con i soccorsi: “Senza di lei non ce ne andiamo”.

Nel 1941 a lei scrivono tante giovani donne: il Socialismo ci ha detto che siamo uguali agli uomini, sappiamo volare, sparare, aggiustare gli aerei, perché ci fate fare le centraliniste?

Donne in guerra? Se hai Hitler che bussa al portone di casa tua pensi a difendere te, la casa, il tuo Paese. Marina va da Stalin. Una leggenda non domanda permesso, né appuntamenti.

“Vogliono combattere”.

“Non abbiamo le uniformi…”.

“Le cuciremo noi”.

“Ma le donne è meglio si tengano pronte a fare figli.”

“Siamo uguali, e il nemico è alle porte”.

“Ma donne e uomini insieme… quanti problemi di convivenza!”.

“Faremo tutto da sole. Reggimenti di sole donne”.

“Ma…”.

Marina sbatte i pugni sul tavolo.

“Una donna può tutto!”.

Vero. Nessuno può entrare da Stalin, e contraddirlo sbattendo i pugni sul tavolo. Quella donna sì.

Hanno piccoli aerei di legno e tela, un motore stellare capace si e no di 120 Km l’ora. Giocattoli. Ma estremamente maneggevoli. I colleghi uomini sulle prime le deridono, le ostacolano. Loro fanno gruppo, e proseguono da sole. Non possono immaginare che le femministe, decenni dopo, davanti a simili atteggiamenti, dovranno fare lo stesso. Volano di notte, per non farsi scorgere dal nemico. In picchiata, a motore spento, niente strumenti, né radio, né paracadute, sganciano le bombe tirando una fune, e si avvitano via in alto. Provengono dal nulla e nel nulla scompaiono. Le chiameranno Nachthexen, Streghe della notte. Partecipano alle più importanti battaglie, il loro è un ruolo decisivo, fiaccano l’arma più potente delle armate naziste: il morale. Quando si accorgono che sono delle “signorine”, a portare tanto panico, il colpo è più forte delle bombe.

In quella guerra dichiarata dagli uomini, loro difendono il loro diritto ad essere donne pari in tutto ai loro colleghi maschi, il diritto a difendersi. Contadine, studentesse, una pasticciera, una poetessa, una madre di famiglia, un’astronoma, vivono e combattono a modo loro, insegnando il coraggio a tutti.

Finita la guerra il regime le riporterà ai loro ruoli: “Grazie, non abbiamo più bisogno di voi, eccovi le medaglie”. Continueranno a vedersi, ogni anno, a primavera. Ricordando le loro compagne che non ce l’hanno fatta, e sono morte in battaglia. Precipitate a terra in una scia di fuoco, come stelle cadenti.

Paolo Messina

Bibliografia: Svetlana Aleksievic, “La guerra non ha un volto di donna”, ed. Bompiani, 2015; Ritanna Armeni, “Una donna può tutto”, ed. Ponte alle Grazie, 2018; Gian Piero Milanetti, "Le streghe della notte", IBN Editore, 2011.

#donne

 

NINA ULYANENKO Nasceva anche lei in dicembre – il 17, del 1923 - come numerose altre aviatrici dell’URSS, una “Strega della Notte” forse ancor meno conosciuta delle sue troppo poco note sorelle d’armi, Nina Ulyanenko. Umile, schiva, modesta, quasi timida a terra, ma una volta a bordo del suo biplano di legna e tela, sprezzante del pericolo e letale contro gli invasori della sua Madrepatria. E, ancora, come tante altre “Streghe”, anche Nina nacque in un villaggio, Votkinsk, distretto di Sarapul, in quella che è oggi la capitale della repubblica di Udmurtiya, nella profonda Russia, da una famiglia di lavoratori.

A causa del divorzio dei suoi genitori, da quando aveva solo sette anni, fu allevata da sua madre. Stupita e affascinata dalle tre famose aviatrici Valentina Grizodubova, Polina Osipenko e Marina Raskova, delle cui imprese leggeva spesso sui giornali, mentre era ancora al 9° grado di istruzione, ed aveva appena 16 anni, si iscrisse all’istituto tecnico aeronautico ed all’aeroclub locale di Votkinsk - in Unione Sovietica iscrizione, addestramento e voli erano gratuiti per ogni giovane sovietico/a. La sera svolgeva i compiti e studiava i motori degli aerei.

L'11 aprile del 1940 – non ancora diciassettenne – compì il primo volo, si diplomò ed ottenne il brevetto da pilota. Dall'agosto 1940 all'agosto 1941 lavorò come maestra d'asilo, ma la passione per il volo tornò a farsi sentire con forza e, in settembre, si iscrisse alla Scuola tecnica aeronautica di Saratov.

Nel gennaio 1942, appena diciottenne, entrava nel Gruppo Aereo 122 nella base aerea di Engels, la città dirimpetto a Saratov, oltre il Volga, dove si stavano addestrando le future aviatrici dei tre reggimenti femminili di aviazione che Stalin aveva permesso di creare a Marina Raskova. Nina fu quindi ben presto assegnata come navigatore nel 588° Reggimento da Bombardamento Notturno, in seguito ribattezzato 46° Reggimento delle Guardie da Bombardamento Notturno, il famoso stormo delle "Streghe della Notte".

Nina volò quindi ogni notte, dapprima come navigatore di Dusya Nosal (la prima “Strega” ad essere nominata Eroe dell’URSS), una pilota ucraina allegra, abile e coraggiosa delle aviatrici del 588 Reggimento da Bombardamento Notturno ad essere nominata Eroe dell'URSS, sulle montagne del Caucaso. Nell’autunno del 1942 le “Streghe” erano basate nel villaggio cosacco di Assinovskaya. Una notte dovevano bombardare l’insediamento di Digòra, catturato dai tedeschi che – sempre a corto di carburante - volevano raggiungere i pozzi di petrolio attorno a Grozny. Le missioni su Digòra erano particolarmente difficili, bisognava volare di notte, nella piena oscurità, tra alte montagne. La minima deviazione dalla rotta avrebbe significato schiantarsi contro le rocce. A rendere le cose più difficili, l’obiettivo era coperto da nuvole, i riflettori erano accesi e la contraerea sparava proiettili traccianti. Tuttavia per non colpire obiettivi civili o le posizioni dell’Armata Rossa, Dusya Nosal scese ancora di più di quota, scivolando d’ala e picchiando decisamente, per individuare il bersaglio con precisione. Dopo di che, recuperata la quota di sicurezza, sganciarono le bombe con precisione chirurgica innescando una potente esplosione che indico alle “Streghe” che seguivano, le posizioni nemiche da colpire.

Dopo l’uccisione di Dusya Nosal Ulyanenko chiese di poter essere ri-addestrata come pilota, per poter sostiture la sua compagna d’armi. Grazie alla sua esperienza di volo venne subito promossa pilota e quindi combattè con il suo reggimento nel Kuban, in Crimea, Bielorussia, Polonia e Germania, a volte volando per 11 ore a notte. Secondo il suo navigatore, Golubeva-Teres, Ulyanenko aveva nervi d’acciaio, una incrollabile volontà e un impressionante auto-controllo. Quando raggiunse Berlino scrisse sul Reichstag: “Da Votkinsk (il suo paese natale, n.d.r.) a Berlino”.

Alla fine della guerra, Ulyanenko aveva compiuto 905 missioni da combattimento, sia come navigatore, sia come pilota. Veniva, quindi, insignita del titolo e della Stella d'Oro di Eroe dell'Unione Sovietica, il 18 agosto 1945.

Dopo che il suo reggimento fu sciolto, alla fine della guerra, Ulyanenko entrò nell'Istituto Militare di Lingue Straniere di Mosca. Successivamente lavorava come scrittrice e redattrice per diversi giornali.Tra il 1947 e il 1951 fu perfino eletta deputata del parlamento sovietico. In seguito si laureava all'Università Statale di Udmurt e lavorava come insegnante e istruttrice in una scuola di volo. Passava a miglior vita, sconosciuta in Occidente e ormai dimenticata nella sua madrepatria, nel 2005.