In quel lontano 22 dicembre del 1607 la monaca di Monza, al secolo Virginia Maria de Leyva, davanti al rappresentante del Vicariato della curia arcivescovile di Milano, ebbe a confessare la sua sacrilega relazione con il discutibile personaggio Gian Paolo Osio, da cui si racconta sarebbe nata una figlia.

Una donna apparentemente superba e altezzosa, ma di fragile profilo psicologico, probabilmente costretta con violenza dallo stesso Osio ad intrecciare il rapporto amoroso, ma poi incapace a rinunciare ai richiami della carne, seppur soventemente travagliata nell'intimo da profonde crisi di coscienza morale e religiosa.

La testimonianza del Ripamonti che nelle "Historie patriae" aveva fatto riferimento alla tragica vicenda, preferendo omettere il nome del nobile casato di appartenenza di suor Virginia e i luoghi in cui si erano svolti storicamente i fatti "de quibus", e il racconto del Manzoni nei "Promessi sposi" che riferiva della fosca tresca fra suor Gertrude, alias suor Virginia, e il bello e spregiudicato Egidio, hanno certamente contribuito alla notorietà di questa vicenda presso i posteri.

Al di là del cupo risvolto della storia che portò al terribile omicidio della conversa e all' occultamento del cadavere, non può essere celata la dolorosa condizione di una donna depauperata dalla sua stessa famiglia del diritto alla libertà di scelta e condannata alla condizione di subordinazione allora imposta all' universo femmineo.

Negli anni del Liceo, quando la docente di Italiano ci parlò di questa fosca vicenda riportata dal Manzoni, provai una grande pietà per la debolezza umana di Virginia come donna, costretta ad accettare un'opprimente vita da reclusa e a vivere in solitudine le sue crisi di coscienza e le lacerazioni interiori prodotte dall'insanabile antinomia fra l'attrazione morbosa e quasi diabolica del piacere dei sensi e la consapevolezza e il timore del peccato.

Di lei si volle cancellare persino la memoria, allorquando la sua stessa famiglia, venuta a conoscenza dello scandalo, si affretto' ad eliminarne il nome dall' albo del nobile casato.

Allegato al post: "La Signora di Monza", dipinto nato dalla fantasia di Giuseppe Molteni (1847) e ispirato dal personaggio manzoniano dei "Promesssi sposi".

 

 

La vera storia della Monaca di Monza

La signora… è una monaca; ma non è una monaca come l’altre”

 

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Monaca di Monza storia vera

Chi era in realtà la Monaca di Monza?

Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi vuole raccontare ad un pubblico più ampio la società del Seicento e la dicotomia tra oppressi ed oppressori.

I Promessi Sposi sono un esempio emblematico del realismo storico manzoniano che si manifesta sotto diversi aspetti, tra questi uno è l’utilizzo da parte dello scrittore di personaggi realmente esistiti, tra i quali troviamo Gertrude, la Monaca di Monza, in realtà Marianna de Leyva (Milano, 4 dicembre 1575 – Milano, 17 gennaio 1650).

 

Vediamo in realtà chi era la Monaca di Monza, di cui Manzoni ci parla nel suo romanzo, chiamandola la “Signora“.

Questo appellativo si cala perfettamente nella realtà storica della monaca in quanto era figlia del conte di Monza e nipote del primo governatore spagnolo di Milano: Marianna riceve dal padre il titolo di contessa di Monza.

 

La vera vita della Monaca di Monza: chi sono i genitori?

Marianna de Leyva è figlia primogenita di genitori potenti ed influenti. Scopriamo chi sono.

 

Il papà della monaca di Monza: conte Martin de Leyva

E’ il secondo figlio di Luigi, e nipote di Antonio, grande comandante militare al servizio dell’imperatore spagnolo Carlo V, che ricevette dal duca Francesco II Sforza la contea di Monza nel febbraio 1531, e che alla morte di quest’ultimo divenne il primo governatore spagnolo di Milano nel 1535.

Il papà della Monaca di Monza aveva dedicato la sua vita alla carriera militare e ancora giovanissimo viene nominato, poco più che ventenne, comandante di una compagnia di lance a Milano. Ma non era sufficiente, ci volevano altre nomine più prestigiose e per ottenerle servivano molti soldi, così a 26 anni sposa la figlia del ricchissimo e potente finanziere Tommaso Marino: il 15 dicembre 1574 Martino de Levya sposa Virginia Marino, mamma di Marianna, ovvero la Monaca di Monza.

 

La mamma della Monaca di Monza: Virginia Marino

La mamma di Marianna è Virginia Marina, figlia del finanziere e commerciante genovese Tommaso Marino (Genova, 1475 – Milano, 9 maggio 1572), che si trasferì a Milano nel 1546 dove fece costruire nel 1558 il palazzo che porta il suo nome, Palazzo Marino, che attualmente è sede del Municipio di Milano

Virginia era già stata sposata una prima volta, ma rimasta vedova del primo marito nel 1572, stesso anno in cui perde anche il padre, si sposa due anni più tardi con Martino de Leyva, dalla cui unione nasce un anno più tardi Marianna, che purtroppo perde la madre solo l’anno successivo, nel 1576. Marianna viveva con i genitori a Palazzo Marino (di questo vi è traccia nell’inventario redatto dal notaio Giovanni Mazza il 10 ottobre 1576, nel quale si legge che nell’appartamento di palazzo Marino c’era una culla con “copertura di grogran goernito di un pasaman di setta biancha foderata di sandal biancho”. Il corredo della bambina comprendeva anche “tre patelli di panno rosso, tre lanzoletti, tre orletti, sei patelli, e più doi lanzoletti di cambraja goerniti di un lavor di refo fatto a osso”.

 

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La vera vita della Monaca di Monza

Ma andiamo in ordine e scopriamo quali sono le diverse tappe della vita della vera Monaca di Monza:

 

1575 / nascita di Marianna de Leyva

Non si sa con precisione quando sia nata, non esistono infatti documenti che comprovino la data di nascita, ma dal suo interrogatorio durante il processo ecclesiastico (1607), la stessa dice di avere 32 anni, pertanto si desume che sia nata nel 1575.

1588 / il padre si risposa

Il padre Martino si risposa con una nobildonna di Valencia, dalla quale ebbe figli maschi e due figlie femmine morte da piccole. Questo nuovo matrimonio in Spagna allontanò il padre da Marianna, alla quale lasciò una dote.

15 marzo 1589 / atto notarile: dote

Il padre lascia 6000 £ imperiali alla figlia Marianna come dote spirituale per il suo ingresso nel monastero delle monache benedettine di clausure di Santa Margherita a Monza. Oltre a questo cifra il padre si impegna a versare 212 £ e mezza all’anno fino alla professione e alla consegna della dote, più altre 300 lire annue per tutta la vita della giovane.

Questa dote non verrà poi mai veramente versata dal padre, ma verranno corrisposte solo le 300£ annue.

1589 / Marianna entra in monatero

Marianna entra nel monastero di Santa Margherita a Monza dove inizia il suo noviziato. Il monastero è delle monache benedettine di clausura, sotto l’autorità dell’arcivescovo Federico Borromeo.

12 settembre 1591 / Marianna prende i voti

Marianna prende i voti presso il monastero di Santa Margherita e diventa Suor Virginia Maria

1595-1596 / Marianna diventa “Signora” di Monza

Il padre delega Marianna ad esercitare la sua potestà sul feudo di Monza e infatti esiste un documento datato 26 dicembre 1596 a firma di Marianna de Leyva nel quale la stessa proibisce la pesca del fiume Lambro.

1597 / incontra Giovanni Paolo Osio

Vicino al monastero di Santa Margherita abitava la ricca famiglia monzese degli Osio, il cui giardino era visibile dalle finestre del monastero. Il giovane Giovanni Paolo era bello e ricco e vantava amicizie con potenti famiglie lombarde, quali per esempio D’Adda, Borromeo, Taverna e Visconti.

Manzoni ce lo introduce così nei Promessi Sposi (cap. X)Quel lato del monastero era contiguo a una casa abitata da un giovine, scellerato di professione, uno de’ tanti, che, in que’ tempi, e co’ loro sgherri, e con l’alleanze d’altri scellerati, potevano, fino a un certo segno, ridersi della forza pubblica e delle leggi. Il nostro manoscritto lo nomina Egidio, senza parlar del casato. Costui, da una sua finestrina che dominava un cortiletto di quel quartiere, avendo veduta Gertrude qualche volta passare o girandolar lì, per ozio, allettato anzi che atterrito dai pericoli e dall’empietà dell’impresa, un giorno osò rivolgerle il discorso. La sventurata rispose.E poi ancora ce lo ripresenta più avanti nel capitolo XX, affiancato alla figura dell’Innominato:Se il lettore si ricorda di quello sciagurato Egidio che abitava accanto al monastero dove la povera Lucia stava ricoverata, sappia ora che costui era uno de’ più stretti ed intimi colleghi di scelleratezze che avesse l’innominato: perciò questo aveva lasciata correre così prontamente e risolutamente la sua parola.

Inizialmente il rapporto tra i due è di rispetto della sua posizione da religiosa, infatti Suor Virginia, maestra delle educande, scopre una giovane novizia a scambiarsi effusioni con il giovane Osio, lo racconta lei stessa durante il suo interrogatorio durante il processo ecclesiastico

 

Detto Gio. Paolo Osio faceva l’amore con la signorina Isabella Ortensia secolare la quale era nel monastero in dezena et havendo io trovato che stavano guardandosi l’uno e l’altro alla cortina delle galline gli feci un gran rebuffo che portasse così poco rispetto al monastero massime che detta giovane era data in mia custodia […], et esso se n’andò via bassando la testa senza dire altro. –

 

Marianna avvisa le forze dell’ordine che il giovane è in casa affinché lo arrestino, ma l’Osio si allontana da Monza per ritornare un anno dopo, grazie alle amicizie potenti.

Dal suo ritorno Suor Virginia inizia a inviargli doni e lettere e nasce così la relazione amorosa tra i due. La storia amorosa è stata aiutata dalla complicità del curato di S. Maurizio a Monza, don Paolo Arrigone, amico e consigliere di Giovanni Paolo, e anche dalle consorelle monache Benedetta e Ottavia.

 

 

1602 / nasce il primo figlio di Marianna e G. P. Osio

Dalla relazione con Giovanni Paolo Osio, Marianna ovvero Suor Virginia partorì il primo figlio, purtroppo nato morto

1604 / nasce la seconda figlia di Marianna e G. P. Osio

Nasce la figlia Alma Francesca Margherita, affidata dal padre ad una coppia di servitore e riconosciuta solo due anni più tardi.

1606 / iniziano i delitti

Una conversa, Caterina da Meda, vuole rivelare la relazione amorosa di Suor Virginia al vicario arcivescovile Mons. Pietro Barca che era prossimo a visitare il monastero. Marianna e le sue complici la rimproverano intimandole di non parlare, ma la conversa non accetta. Allora scatta il primo delitto: Giovanni Paolo Osio la uccide e la nasconde nel monastero. Per far credere che la conversa si fosse allontanata di sua volontà, il giovane apre un buco in un muro per simulare una fuga.L’omicidio resta segreto, ma le voci sulla relazione tra Suor Virginia e Giovanni Paolo Osio si fanno frequenti, così il giovane compie o tenta di compiere altri omicidi: quello al fabbro va a buon fine, ma non l’uccisione del farmacista e del don Arrigone, al quale si oppone la stessa Marianna.

1607 / arresto dell’Osio

Ovviamente tutti questi fatti non passano inosservati e durante il carnevale l’Osio viene arrestato e imprigionato al Castello di Pavia, su ordine del governatore di Milano, quel Pedro Enriquez Acevedo conte di Fuentes, che fece costruire il Forte di Fuentes a Colico.

luglio 1607 / visita al monastero del Card . Borromeo

Il Cardinale Federico Borromeo, ignaro di tutto, si reca in visita al monastero di Santa Margherita a seguito di una serie di fatti anomali che lo insospettiscono. La visita infatti nasce da un invio di lettere: dapprima quella dell’Osio all’arcivescovo nel quale il primo si professa innocente, mentre la seconda scritta da Suor Virginia e sottoscritte da altre monache indirizzata al conte di Fuentes, nel quale si comunica che non sussiste alcun rapporto tra l’Osio e il monastero.

Quando è vero che “excutatio non petita accusatio manifesta“.Il cardinale parla con le monache ed ha anche un colloquio diretto con la Signora di Monza, che lo scrittore Ripamonti ci indica così- [si avvicina] con calma al problema che doveva trattare, sonda l’animo della donna, lo rigira da ogni parte più per ottenere la confessione di una colpa – qualora ce ne sia qualcuna – che per biasimarla e accusarla. La ammonisce a ricordarsi della casata e dei propri natali e anche dei doni che le sono stati dati per grazia di Dio, come pure a comportarsi veramente come si addice a che è primo quanto a pietà, modestia e modello di ogni virtù; le ricorda che non solo le suore e le vergini che risiedono nel suo stesso monastero, ma anche tutto il popolo della città è attento, tiene gli occhi rivolti al luogo ove essa vive, osserva ed esamina quanto si può non per malignità o livore, ma perché in realtà è la condizione di ogni principe a comportare simile attenzione. Egli è abbastanza convinto che fino a quel giorno tutte le sue azioni sono state innocenti, pure e senza colpa; del resto, se per caso fossero sorte in seguito delle chiacchiere e delle voci meno convenienti, sarebbe stata la santità della sua vita a confutarle. Disse questo e altre cose. L’esito del colloquio fu il seguente: che da un lato la donna rimase più sospettosa di quanto fosse in precedenza; dall’altro il Cardinale se ne partì più inquieto e preoccupato di quanto fosse prima di giungervi. – (Historiae patrie, sesto libro, Giuseppe Ripamonti)

settembre 1607 / Osio fugge da Pavia e ritorna a Monza

Giovanni Osio fugge dal castello di Pavia e ritorna a Pavia, dove uccide il farmacista che era scampato al primo tentato omicidio e trova rifugio presso la chiesa di S. Maurizio per poi rifugiarsi da novembre presso il monastero di Santa Margherita.

Ma qui gli strani comportamenti di Suor Ottavia e Suor Benedetta non sfuggono agli occhi delle altre monache, che avvisano così il cardinale Borromeo.

25 novembre 1607 / Suor Virginia viene portata a Milano

Il cardinale Borromeo all’avviso da parte del Monastero ordina che Suor Virginia abbandoni il monastero a Monza per essere portata e rinchiusa presso il monastero di S. Ulderico a Milano.

27 novembre 1607 / inizia l’inchiesta

Il vicario arcivescovile inizia l’inchiesta presso il monastero di S. Margherita. Le due monache, complici di Suor Virginia, fuggono con l’ausilio dell’Osio andando incontro al loro stesso destino. L’uomo infatti era desideroso di uccidere le due testimoni. L’intento trova compimento con Suor Ottavia, che muore un mese più tardi, il 26 dicembre, presso il convento di Sant’Orsola, dove aveva trovato rifugio dopo l’attentato dell’Osio presso il fiume Lambro. Suor Ottavia morì dopo aver confessato.

Suor Benedetta riesce a fuggire e trova ospitalità presso lo stesso monastero dove confessa anch’ella.

22 dicembre 1607 / interrogatorio di Suor Virginia

Suor Virginia confessa la relazione avuta con l’Osio e per l’omicidio incolpa lo stesso Osio e don Arrigone.

2 gennaio 1608 / Osio citato in giudizio

L’Osio viene citato in giudizio per i due tentati omicidi e per l’omicidio di Caterina e al contempo per aver cercato di incolpare don Arrigone per l’uccisione del farmacista.

25 febbraio 1608 / Osio viene condannato

Giovanni Paolo Osio viene condannato a morte e alla confisca dei beni.

18 ottobre 1608 / sentenza di condanna a Suor Virginia

A conclusione dell’inchiesta Suor Virginia viene condannata ad una reclusione perpetua presso la casa delle donne convertite di Santa Valeria a Milano, dove viene murata in una cella.

25 settembre 1622 / liberazione di Suor Virginia

Dopo aver trascorso 14 anni segregata, Suor Virginia manifesta il proprio pentimento e viene liberata. Chiede ripetutamente di incontrare il cardinale Borromeo, che inizialmente è molto titubante e rifugge, ma infine la incontra e la rincontra più volte, incaricandola anche di scrivere delle lettere per le monache che attraversano momenti di crisi.

 

Non si registrano episodi particolari da enunciare dopo la sua liberazione della cella dove era murata.

 

17 gennaio 1650 / morte di Suor Virginia ovvero Marianna de Leyva

Muore a Milano presso la Casa di S. Valeria.

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