SCHEI DE MONA

 

Per i Veneti i soldi sono gli “schei”: e i “sinque schei da mona”?

 

Non so perché ma ho in testa da qualche giorno “Money, money, money” degli Abba: e se avessero cantato Schei, schei, schei? SCHEI è anche il titolo di un interessante libro di Gian Antonio Stella: un best seller italiano che ha contribuito alla diffusione su scala peninsulare del termine. In lingua veneta (non ancora riconosciuta ufficialmente lingua ) soldi o danari si traduce in schei. Ma da dove arriva questo termine? E’ un antico termine veneziano? Non sembra proprio: a Venezia durante i 1000 (mille!) anni di Repubblica (oligarchica) le valute in corso erano i ducati e le lire veneziane. Fino al 1797. I Francesi (Napoleone) poi introdussero una prima lira italiana … E allora perché “schei”?  E’ un’abitudine presa durante la dominazione tutta ottocentesca dell’Impero Asburgico sul Lombardo Veneto (1815-1866). La moneta da 5 kreuzer o carantani aveva scritto sopra “Scheide Münze” (moneta spicciola). Ecco che in gergo popolare e letto con pronuncia italiana (tralasciando la sillaba finale “de) la parola tedesca “Scheide” diventa “Schei”. Non solo. Il detto “tien sempre in scarsela sinque schei da mona” (si pronuncia anche “zinque”), risale anch’esso all’epoca. Infatti era obbligatorio avere in tasca un po’ di soldi per non essere accusati di vagabondaggio dalla polizia austriaca: la moneta minima per non essere fermati dai gendarmi erano i Fünf Kreuzer con scritto sopra “Scheide Münze” che con una lettura e traduzione maccheronica diventarono “schei de mona”! Il detto veneziano per la verità sarebbe: “ghe vol sempre i sinque schei de mona in scarsela”. E i franchi? Mio nonno mi dava negli anni ’80 la mancia di “mille lire” dicendomi “tien mille franchi”. Anche questa usanza non viene dalla dominazione francese napoleonica ma gli studiosi propendono che venga dal danaro austriaco. In particolare con l’abbreviazione di Francesco Giuseppe (imperatore) in Franc. Giuseppe. Da “Franc” il “franco”.