STORIA DI UN ANARCHICO

 
Simone Pianetti. Storia di un Anarchico.
13 Luglio 1914. Mattina Presto. A Camerata Cornello, piccolo comune della Val Brembana, Simone Pianetti, classe 1858, imbracciato il suo fucile a tre canne, con meccanica precisione inizia un regolamento di conti che lo porterà, nel giro di pochissime ore, a lasciare a terra, morte, ben sette persone. Nell’ ordine, cadono sotto i colpi di Pianetti il dott. Morali (medico condotto del paese), Abramo giudici (segretario comunale) con la figlia Valeria (guida delle “figlie di Maria”), Giovanni Ghilardi (calzolaio del paese e avversario politico di Pianetti), Don Camillo Filippi (parroco), Giovanni Giupponi (messo comunale) e ultima, ma vero perno della storia , per l’angolo di lettura che si tenterà di dare, Caterina Milesi, detta Nella.
Il contesto in cui la storia si svolge, la strage nello specifico, ma anche il percorso sociale ed umano di Pianetti, è quello di un inizio XX secolo in una zona, la val Brembana, toccata dalla modernità europea (da poco opera a S. Pellegrino un casinò alla moda, sullo stile belle epoque, affiancato da uno stabilimento termale tra i più battuti dalla mondanità del tempo) ma rimasta ancora ostinatamente conservatrice, per non dire reazionaria, e tenacemente clericale. Un inizio secolo che vede ancora contrapposti frontalmente i liberali, laici, ed il papato, arroccato sulle posizioni di totale chiusura dai tempi dell’ unità d’Italia. Ancora, un inizio secolo in cui si affacciano sulla scena politica i partiti di massa, primo fra tutti il partito Socialista e in cui il movimento Anarchico passa dalla fase teorica alla fase attiva , che si traduce in azioni violente , soprattutto verso regnanti e governanti europei. Si va da Vaillant che nel 1893 lancia una bomba nel parlamento francese, a Henry che fa saltare il cafè Terminus di Parigi nel 1894, da Caserio che sempre nel 1894 pugnala a morte il presidente francese Carnot a Angiolillo che nel 1897 uccide il primo ministro spagnolo Canovas . Anche in Italia, Il XX secolo si era aperto con il regicidio di Umberto I da parte dell’ anarchico Gaetano Bresci, che con Pianetti ha avuto più di un contatto, mentre pochi giorni prima dell’ azione di Pianetti, il 28 Giugno 1914, Gavrilo Princip a colpi di revolver aveva stroncato il futuro imperatore austro ungarico Franz Ferdinand . Questa volta non era stato un anarchico, bensì un nazionalista, ma per gli animi surriscaldati di inizio secolo questo faceva poca differenza . E poca differenza la faceva soprattutto per le autorità, che da fine 800 avevano cominciato ad utilizzare la mano pesante per contenere e stroncare questi movimenti popolari e insurrezionali (nel 1898 a Milano il gen Bava Beccaris aveva represso i dimostranti a colpi di cannone, causando una carneficina) .
Va da se che in quegli anni la patente di anarchico, vera o presunta, portasse in dote anche una associazione alla violenza e spesso anche un autogiustificazione al suo utilizzo che pochi altri movimenti avevano.
Un percorso, quello di Pianetti, che però ha inizio non in Italia ma negli Stati Uniti, New Jersey, verso la fine del XIX secolo. E’ li che molti Italiani si sono recati per tentare la fortuna , dopo che l’afflusso di grano americano sui mercati europei, grazie agli efficienti ed economici mercantili a vapore, ne ha fatto precipitare il prezzo, gettando nella miseria milioni di contadini . Ed è li che molti emigrati hanno l’opportunità di conoscere le idee di altri emigrati, ma per ragioni politiche questa volta, ovvero della gran parte degli anarchici che in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, soprattutto in New Jersey,a Paterson, hanno trovato rifugio . Pianetti appartiene alla prima delle due categorie. Dopo aver avviato una redditizia attività di rivendita di vino (merce pressoché introvabile in comunità a prevalenza irlandese, ma in cui l’emergente comunità italiana si sta affermando) si scontra con un'altra attività tipicamente italica, quella dell’estorsione, gestita dall’ organizzazione proto-mafiosa “La Mano Nera”. Il confronto Pianetti – Mano Nera si risolverà con la rivendita vini incendiata, l’esplosione del ristorante-sede della Mano Nera e la morte di un sicario, per mano forse dello stesso Pianetti. Per Pianetti diventa quindi vitale rientrare velocemente in Italia. Sarà però un ritorno che Simone Pianetti farà portando con sè idee e spirito americani, oltre che una fama di “pericoloso anarchico”.
Il paese che troverà ad attenderlo però, Camerata Cornello, sarà lo stesso che ha lasciato in gioventù, con in più le tensioni legate alla repressione governativa e all’ intransigenza cattolica.
Fine 800, Simone Pianetti, che nel frattempo ha messo su famiglia, forte dell’ esperienza americana avvia una nuova attività, un osteria, ma con l’innovativa idea di un palco dove un orchestra anima le serate, come aveva spesso visto in New Jersey, e dove la clientela, grazie alla deviazione di un torrente fatta proprio da Pianetti, può trovare acqua corrente nei bagni. Il successo folgorante, legato anche alla clientela di passaggio proveniente da S. Pellegrino, è accompagnato dalla ferma condanna del parroco e dalle “figlie di Maria” (associazione femminile cattolica). In breve, l’osteria diventa la “taverna del diavolo”, fino a che il sindaco, dopo aver disposto il ripristino del corso del torrente, revocherà a Simone la licenza (per mano del fidato messo Giupponi). Nel frattempo Bresci aveva portato a termine il regicidio, e nella ricostruzione fatta dalla polizia della rete anarchica era saltato fuori proprio il nome di Pianetti, cosa che aveva incrementato il sospetto di alcuni paesani verso Simone. L’opera di boicottaggio riesce e la “taverna del diavolo” chiude.
Pianetti però non si da per vinto e, spostatosi nel vicino San Giovanni Bianco, approfitta della costruzione delle prime centrali idroelettriche per aprire un mulino alimentato proprio dall’ energia elettrica. Ancora una volta l’intuizione è vincente e l’attività è da subito redditizia. Questa volta Pianetti si è dovuto indebitare molto per ottenere l’allacciamento all’ energia elettrica e per acquistare i macchinari, ma l’elevata produttività dell’ impianto ripaga l’investimento. E’ a questo punto che si innesta il tema della falsa notizia. In quei giorni, A San Giovanni Bianco e a Camerata Cornello scoppia una epidemia di dissenteria (probabilmente pellagra) che colpisce gran parte della popolazione, risparmiando però proprio, tra i tanti, lo stesso Pianetti. Subito si diffonde la notizia, falsa ovviamente, che il mulino elettrico tolga tutte le proprietà nutrienti dalla farina, e che quella di Pianetti poi, non possa essere altro che la Farina del Diavolo. A diffondere la notizia è proprio Caterina Milesi, detta Nella che, proprietaria di grandi appezzamenti di mais, a Pianetti doveva una discreta cifra per il lavoro di macinatura, ma che ora si rifiutava di pagare . Il supporto scientifico poi era dato niente di meno che dal medico, il dott Morali, che con Pianetti aveva avuto accese discussioni dopo che, per negligenza, non aveva riconosciuto una peritonite nel figlio di Simone, mettendogli a repentaglio la vita .
E’ una falsa notizia, quella della farina del diavolo, a innescare il domino degli eventi che velocemente seguono: la causa intentata alla Milesi dallo stesso Pianetti per il mancato pagamento, il crollo degli affari nel giro di pochi giorni, che portano la florida attività ancora una volta alla bancarotta, l’inevitabile chiusura del mulino e la rovina della famiglia Pianetti, dati i forti prestiti contratti per avviare l’attività ed ottenere l’energia elettrica e, in ultimo, la “soluzione” alla Pianetti. Il fascino del gesto di Princip, che con un colpo di pistola scrolla dalle spalle di un popolo l’oppressione di un intero impero (e il 13 luglio le conseguenze mondiali di quel gesto non sono ancora palesi) forse inducono Simone Pianetti a mettere in atto il suo regolamento di conti. Anarchico, carattere irruente, oppresso e diffamato, tutti elementi che creano una miscela esplosiva.
Di Pianetti, fuggito nei boschi del Cancervo, si perderanno le tracce anche se numerosi elementi propendono per accreditare una protezione istituzionale alla sua fuga . Infatti, durante la latitanza negli alpeggi, Pianetti riesce a ricevere ed a spedire numerose lettere a parenti e amici, ed a riceverne dagli stessi oltre che da personaggi noti,come l’onorevole Bellotti, esponente liberale della zona. A loro Pianetti confessa il suo sincero pentimento per il gesto, ma ribadisce l’impossibilità della sua cattura da vivo . Quindi, se da un lato viene messa in atto una poderosa caccia all’ uomo che non da alcun risultato, dall’ altra c’è un Pianetti che dalla latitanza riesce addirittura a spedire e ricevere posta. Il perché dell’ ipotesi della copertura istituzionale è presto spiegato: sui muri di Camerata Cornello, ma anche su quelli dei paesi limitrofi della val Brembana, compaiono da subito scritte come “W Pianetti” o “di Pianetti ce ne vorrebbe uno in ogni paese”. La risposta violenta ad un clima oppressivo ha creato un eroe. Le autorità temono quindi che la sua cattura trasformi il neo eroe popolare in martire e che si avvii una rivolta della valle. Queste le ragioni per la probabile copertura della fuga . Di Pianetti non si saprà mai più nulla, le notizie opposte e contrastanti su di lui (che lo vedranno morto durante la latitanza o trapiantato in Venezuela, o addirittura residente a Milano sotto falso nome) si susseguiranno per decenni, e la frase “Fare come Pianetti” diventa un modo di dire comune nella valle, per descrivere una risposta rapida e violenta ad un tentativo di vessazione.
Di sicuro nel 1968 la procura di Bergamo riprende il suo fascicolo, ancora aperto (nonostante i teorici 110 anni di Simone) e tenta di prescrivere il reato, ma la perdita della documentazione relativa porta, ancora oggi, a lasciare Simone Pianetti nella lista dei ricercati per strage, dato che nessuno, nei 163 anni che sono trascorsi dalla sua nascita, ha pensato di dichiararlo morto .
Nella foto Simone Pianetti.
Bibliografia essenziale:
AAVV, S. Pianetti a 100 anni dalla tragedia del 13 luglio 1914, in Quaderni Brembani XXII, ed Corponove, Bergamo 2013
Roberto Trussardi, La taverna del diavolo. I sette omicidi dell’anarchico S. Pianetti, ed Stampalternativa, Viterbo 2007
Ermanno Arrigoni, La corrispondenza di Simone Pianetti, in Quaderni Brembani II, ed Corponove, Bergamo 2004
Gabriele Moroni, Killer ancora ricercato: ha 159 anni. Simone Pianetti e quel giallo mai risolto, Il Giorno - Bergamo cronaca, 28/07/2017
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