Adriano volle che venisse adottato da Antonino Pio allo stesso modo Marco Annio Vero (divenuto Marco Aurelio) e Lucio Ceionio Commodo Vero, figlio di Lucio Elio Vero; infatti Lucio Elio Vero era stata la prima scelta di Adriano, ma morì improvvisamente pochi mesi prima dell’imperatore. Marco ebbe un’importante formazione oratoria e filosofica; l’amore per la filosofia sarà una costante, tanto da essere ricordato come l’imperatore filosofo: ossequioso del senato e sempre attento ai problemi morali, fortemente stoico. Ebbe come maestro Frontone, il più grande oratore romano della sua epoca. Il futuro imperatore venne investito dell‘imperium e della tribunicia potestas già diversi anni prima del suo principato. Negli ultimi anni del regno di Antonino affiancò l’anziano imperatore e Marco e Lucio vennero designati consoli per il 161, temendo la fine prossima di Antonino che infatti arrivò proprio in quell’anno.
Sebbene Marco fosse l’unico imperatore, volle che il senato desse il titolo di Augustus anche a Lucio Vero: per la prima volta c’era una vera e propria collaborazione di due imperatori, anche se Marco Aurelio aveva un’influenza e un’autorità nettamente maggiore. L’unico titolo che aveva soltanto Marco era il pontificato massimo, per il resto ci si comportava come una vera e propria diarchia: anche i documenti ufficiali riportavano i nomi dei due imperatori. Marco inizialmente si dedicò alla cura dello stato, comportandosi nella maniera più giusta possibile. Il regno dell’imperatore filosofo sarebbe stato però devastato da due minacce gravissime: la peste antonina e la guerra, prima contro i parti e poi contro i quadi e i marcomanni.
Filosofo e principe
“Appena ti svegli chiediti: «Può importarmi qualcosa se qualcuno mi biasima quando io agisco rettamente e secondo giustizia?». La risposta è no. Non hai visto, infatti, come si comportano a tavola e a letto quegli individui che si scalmanano ad elogiare o a biasimare gli altri, quali cose fanno e quali invece rifuggono, quali perseguono, quali rubano e rapinano, e non con le mani e coi piedi ma con la parte più nobile, quella, cioè, in cui germogliano, quando lo si voglia, la lealtà, il pudore, l’amore della verità, il rispetto della legge e un demone buono? Alla natura, che ogni cosa ci dona e ci toglie, l’uomo educato e rispettoso dice: «Dammi e riprenditi tutto ciò che vuoi». E glielo dice non con un tono di sfida, ma con spirito di sottomissione e in armonia con le sue leggi. Poco è il tempo che ti è destinato: vivilo come se ti trovassi sulla cima di una montagna, perché fra qui e là non c’è alcuna differenza, quando in qualunque punto dell’universo si viva come in una città. E vengano pure a vederti, lo studino bene il vero uomo che vive secondo natura, e se non lo sopportano, lo uccidano: è meglio morire, infatti, piuttosto che vivere come loro. Non chiederti più quale sia l’uomo virtuoso: cerca di esserlo.
MARCO AURELIO, PENSIERI, X, 13-16
La vittoriosa campagna di Lucio Vero contro i parti aveva riportato in occidente la peste antonina. Lucio stesso morì nel 168, lasciano Marco da solo ad affrontare le minacce sul Danubio di quadi e marcomanni, che approfittavano della debolezza data dalla peste. L’imperatore dovette arruolare anche nuove legioni, come la III Italica e attingere perfino a schiavi liberati. Infine, nonostante la sua natura vertesse verso la filosofia, dovette prendere personalmente parte alla guerra.
L’imperatore difese l’Italia e poi passò all’offensiva, con una violenta avanzata anche oltre il Danubio, costringendo l’imperatore filosofo a restare in guerra, lontano da Roma per anni. Nel frattempo, circolata la falsa notizia della grave malattia di Marco Aurelio, Avidio Cassio – divenuto governatore d’Egitto – era stato acclamato imperatore nel 175. Ma Marco stava bene e voleva risolvere la questione pacificamente. Tuttavia il senato dichiarò Avidio hostis publicus e quest’ultimo venne ucciso dai suoi stessi soldati. Infine Marco passò all’offensiva totale, attraversando il Danubio, con il progetto di annettere i territori oltre il Danubio, con la costruzione di forti romani oltre il limes. Tuttavia nel 180 si ammalò gravemente, forse colto anch’egli dalla peste antonina. I suoi principi stoici lo fecero andare incontro alla morte con serenità; si lasciò infatti andare e morì il 17 marzo del 180.
“Se uno sbaglia, dimostragli il suo errore e correggilo garbatamente. Se non ci riesci, dà la colpa a te stesso. O forse non c’entri nemmeno tu. Qualunque cosa ti accada era per te predisposta fin dal tempo dei tempi, e un fitto intreccio di cause, partendo da allora, ha legato la tua vita a quel determinato evento. Casualità o provvidenza, atomi o natura, una cosa è certa: io sono una parte di quel tutto che è governato dalla natura universale. Ne consegue che sono in qualche modo collegato, in un rapporto di parentela, con le altre parti della mia stessa specie. Se tengo a mente questa verità non verrò in conflitto e non me la prenderò con nulla di ciò che mi deriva dal tutto, di cui sono appunto una parte, in quanto niente di ciò che giova al tutto può essere dannoso per la parte. Il tutto, infatti, nulla contiene che non gli sia utile e vantaggioso. E se tutte le vite individuali hanno in comune questa prerogativa, la natura universale ha in più quella di non essere costretta da alcuna causa esterna a generare cose che le rechino danno. Ricordandomi dunque di essere parte di un tutto così congegnato, accoglierò di buon grado qualunque cosa me ne venga, e, visto che sono intimamente legato in un rapporto di parentela con le parti della mia stessa specie, non farò nulla che sia contrario all’interesse e al bene comune, anzi, in tutte le cose avrò sempre come obiettivo i miei simili, al bene dei quali indirizzerò ogni mio sforzo, astenendomi da tutto ciò che possa contrastarlo. Con questa premessa, create le condizioni necessarie, la vita non potrà che trascorrere serena e tranquilla, come quella di un uomo che sia sempre dedito al bene dei suoi concittadini e pago di qualunque cosa possa venirgli da loro.”
MARCO AURELIO, PENSIERI, X, 4-6