P. ZANOTELLI (Acquarius)
Aquarius, padre Zanotelli: «Come possono i cristiani votare per un razzista come Salvini?»
L'ira di padre Alex Zanotelli, il padre comboniano terzomondista su Salvini e il caso Aquarius. E anche su certi modi di professarsi cristiani.
“Io sono veramente arrabbiato per questo trattamento dei migranti" ha detto il religioso a margine di un convegno sull'acqua pubblica a Napoli a sette anni dal referendum con la partecipazione del presidente della Camera.
"Ho detto a Fico che Salvini è sempre più forte e vi sta prendendo in giro. Non posso accettare ciò che sta facendo e quello che vuole fare: mandare via mezzo milione di migranti e radere al suolo i campi rom. Non prendiamoci in giro: il razzismo sta crescendo in Italia e la politica lo manipola: in questa maniera finisce per esplodere. Non so come un cristiano possa votare per un uomo che è razzista".
Sul tema dell'acqua Fico ha detto: «Io lego la mia presidenza all' approvazione da parte del Parlamento di una legge sull'acqua pubblica che difenda questo bene essenziale e faccia rispettare la volontà popolare espressa dagli italiani col referendum del 2011».
«È importante - ha spiegato Fico - non solo per tutelare l' acqua come bene di tutti ma anche per affermare un concetto culturale e cioè che sull'acqua pubblica non si può fare profitto». Al suo arrivo all' università Federico II di Napoli dove si tiene il convegno, Fico ha incontrato il padre comboniano Alex Zanotelli, storico esponente delle battaglie per l' acqua bene pubblico.
«A Roberto Fico, col quale siamo amici perché è cresciuto con noi - ha spiegato padre Alex Zanotelli - ho chiesto l'impegno per una legge che tuteli il voto referendario e la gestione pubblica dell'acqua. Lui ci ha invitati alla Camera con tutti i comitati. È uno che ci crede davvero e so che ci darà una mano». «Dal referendum del 2011 ad oggi non si è mosso niente - ha sottolineato Sergio D'Angelo, presidente di Abc, la municipalizzata che eroga l'acqua a Napoli - e Napoli è l'unico capoluogo di regione dove si è fatto uno sforzo per avere una gestione dell'acqua pubblica. Altrove prevalgono le logiche del profitto. Va bene una legge che disciplini la materia referendaria, ma credo che sarebbe utile anche un nuovo articolo della Costituzione che sancisca l'inviolabilità di alcuni beni comuni».
«Giusto porre all'ordine del giorno un tema sensibile come quello dell'acqua pubblica e la richiesta di un intervento legislativo per consentire agli enti di accentuare la gestione pubblica del bene» l'opinione del rettore della Federico II Gaetano Manfredi.
Martedì 12 Giugno 2018 - Ultimo aggiornamento: 13-06-2018 21:27
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In Africa vanno dicendo che qui è tutto gratis”
Anna Bono, docente di Storia e Istituzioni dell’Africa all’Università di Torino, conoscendo a fondo la materia, ribalta un bel gruzzolo di luoghi comuni. Spiega che chi sbarca o viene traghettato sulle nostre coste, arrivando prevalentemente dall’Africa subsahariana, per la stragrande maggioranza dei casi non è un profugo. E nemmeno un povero in fuga dalla fame. Ma un giovane maschio, spesso appartenente al ceto medio, che non scappa da guerre o persecuzioni. “La maggior parte di chi lascia l’Africa subsahariana per l’Europa non scappa né dalla guerra né dalla povertà estrema”.
Professoressa, ci raccontano che gli immigrati che arrivano in Italia sono profughi.
I dati dicono che dall’inizio dell’anno il numero di persone che hanno fatto domanda di asilo politico, e che hanno ottenuto risposta positiva, si assesta intorno al 4%. Significa che tutti gli altri non rientrano nei parametri previsti dalla convenzione di Ginevra, quindi non sono persone che hanno lasciato il loro Paese sotto la minaccia di perdere la libertà o la vita: non sono persone perseguitate.
E ci raccontano che chi non scappa dalla guerra però scappa dalla fame.
I costi elevatissimi dell’emigrazione clandestina contraddicono questa tesi comune. Ormai è risaputo che chi vuole venire in Europa deve mettere insieme 4mila, 5mila o 10mila dollari per potersi appoggiare a un’organizzazione di trafficanti che provveda all’espatrio. Cifre appunto elevatissime soprattutto se rapportate ai redditi medi dei Paesi di provenienza. Chi arriva generalmente appartiene al ceto medio o medio basso, comunque per la gran parte non si tratta di indigenti. C’è chi risparmia, chi si fa prestare il denaro dai parenti, chi paga a rate, chi vende una mandria, però i soldi ci sono, i trafficanti vogliono essere pagati in contanti. È gente che ha una disponibilità economica. Certo c’è la delusione di vivere in Paesi dove avanzano prevalentemente i raccomandati: la spinta può arrivare anche da lì, da delusioni lavorative, come succede per chi parte dall’Italia.
Per quale motivo chi è eventualmente coinvolto in un conflitto dovrebbe far rotta dall’Africa subsahariana verso l’Europa?
Infatti non succede questo. In Africa i profughi sono milioni e milioni ma la quasi totalità di coloro che ottengono asilo non lascia il continente. I profughi sono più di 60 milioni, dato del 2015, di cui 41 milioni sono profughi interni, sfollati. Quando si vive in uno stato di conflitto o di pericolo ci si allontana solo il minimo indispensabile per mettersi al sicuro, pensando di poter fare ritorno a casa propria. La maggior parte delle persone si allontana restando all’interno dei confini nazionali, mentre un’altra porzione di persone oltrepassa i confini per essere ospitata nei campi dell’Unhcr anche per lungo tempo, come per il caso della Somalia. Benchè la diaspora somala sia una delle più numerose al mondo, a causa di vent’anni di instabilità e del terrorismo di Al Shaabab, solo una parte dei profughi è fuggita all’estero: la gran parte ha oltrepassato i confini nazionali riparando nel vicino Kenya.
Qual è la situazione nei Paesi di partenza?
Molti emigranti arrivano per esempio da un Paese come il Senegal che non è in guerra, non vive gravi problemi di conflitti e come tutti i Paesi africani, con poche eccezioni, vive un periodo positivo dal punto di vista economico. Da anni quasi tutta l’Africa presenta una crescita del prodotto interno lordo costante e in certi casi consistente. Il problema è che questa crescita non si traduce in vero e proprio sviluppo economico o umano, anche a causa della corruzione endemica e del malgoverno.
Per quale motivo telegiornali, grande stampa e larga parte della politica insistono nel parlare erroneamente di “sbarchi di profughi o rifugiati”?
Mass media, politici, chiunque parli di immigrazione utilizza emigrante, profugo o rifugiato come fossero sinonimi. Ma ovviamente non lo sono. In parte ciò è frutto di una confusione involontaria. In parte però si tratta di un errore voluto, perché c’è la tendenza ad affermare che chiunque lasci il proprio Paese abbia una forma di disagio e dunque abbia il diritto di essere ospitato. Questo approccio si traduce in ciò che vediamo: centinaia di migliaia di persone in marcia per arrivare in Europa. Molti dei quali non sono indigenti e per la maggior parte, circa l’80%, sono giovani uomini di età non superiore ai 35 anni. Poi c’è una fetta crescente di minori non accompagnati, metà dei quali non si sa che fine faccia. Si parla tanto di accoglienza e poi lasciamo sparire 5mila bambini nel nulla.
L’esodo è favorito da una sorta di propaganda?
Nei Paesi dell’Africa subsahariana esistono pubblicità che incitano ad andare in Italia, spiegando che qui è tutto gratis. E in effetti lo è. Mi immagino le telefonate di questi ragazzi ai loro amici, in cui confermano che effettivamente tutto viene assicurato loro gratuitamente.
Come vede la questione in prospettiva?
Se continuiamo ad andarli a prendere a poca distanza dalle coste africane, come illustrava una vignetta satirica di Krancic, la situazione non potrà che peggiorare. In Grecia non sbarca quasi più nessuno da quando è stato siglato l’accordo con la Turchia. Se chi pensa di venire in Italia ha la certezza di essere rimandato indietro, non avendo le caratteristiche per ottenere l’asilo, alla fine desiste. Manca la volontà politica. Che ci sia un divario notevole tra le condizioni di vita dell’Africa, del Sudamerica o di una parte dell’Asia rispetto all’Occidente è evidente. Però noi abbiamo 4 milioni e 600mila poveri assoluti e il 40% dei giovani senza lavoro, numeri di cui tenere conto.