TEODORA
TEODORA
Teodora è la moglie di Giustiniano (527- 565 a.d.), imperatore dell’impero romano d’ Oriente.
Giustiniano è colui che ordinò la raccolta delle leggi dei Romani nota come Corpus Iuris Civilis: impresa che gli ha assicurato l’immortalità. Si ritiene che, dopo la Bibbia, il Corpus Iuris sia il libro più conosciuto al mondo.
Teodora influì fortemente sull’operato del marito che alle antiche leggi aveva aggiunto quelle promulgate da lui stesso, riunite sotto il titolo di Novellae.
La legislazione di Giustiniano influenzò fortemente la condizione femminile. Furono mantenute le antiche leggi sul matrimonio, in particolare quelle che concernevano la dote (dos) e la funzione di questa come patrimonio della moglie in caso di divorzio o vedovanza. I doni del marito (donatio propter nuptias) mantennero la loro rilevanza e divennero uno dei modi più importanti per le donne per acquisire la proprietà. Alla donna rimasta vedova venne riconosciuta la quarta giustinianea, un diritto di proprietà sulla quarta parte del patrimonio del marito.
L’imperatore emanò leggi sul divorzio e sull’adulterio, affermò la santità del matrimonio e si preoccupò di legiferare per sostenere le attrici e le “donne perdute”.
L’evidente favore verso le donne, che in parte modificava la legislazione precedente, gli guadagnò l’appellativo di legislator uxoris. Il favore per le donne e i loro diritti fu, con ogni probabilità, ispirato dalla moglie.
Teodora manifestò forte carattere e indubbia intelligenza. Di umili origini si era conquistata una certa fama come attrice, dopo di che si era ritirata conducendo una vita modesta e discreta. Quando incontrò Giustiniano si manteneva lavorando al telaio. La loro fu una vera storia d’amore. Non c’è dubbio che l’imperatore avesse in mente la sua storia quando diede la definizione giuridica del matrimonio: “l’ amore reciproco è la base del matrimonio, la dote non è necessaria”.
Quando Giustiniano divenne imperatore portò Teodora sul trono come Augusta, il titolo delle mogli degli imperatori romani. Seguì speso i suoi suggerimenti e la descrisse come collaboratrice nella sue decisioni (Nov. 61, c. 3, 20) e come consigliera (Nov. 8, 1).
Lo storico Procopio di Cesarea scrive che “nella loro vita non fecero nulla che non fosse insieme”, e aggiunge che “l’imperatrice è sempre a favore delle donne sfortunate”.
L’ imperatrice esercitò per venti anni la sua influenza sulla politica come dimostrano anche i mosaici che raffigurano la coppia imperiale al centro del Senato. I mosaici di Ravenna ci mostrano Teodora al centro della sua corte.
Il parere comune degli storici attribuisce a Teodora il merito di aver salvato il trono al marito nel 532 all’epoca dell’insurrezione di Nika. Due gruppi di avversari, i Verdi e i Blu, si erano scontrati violentemente nell’ippodromo di Nika provocando danni, incendi e uccisioni. I disordini presero subito una dimensione politica e raggiunsero i palazzi imperiali: era la rivolta.
L’ imperatore, incapace di controllare la folla, decise di fuggire. In quella circostanza si vide quale era il carattere della moglie. Teodora invitò il marito a non lasciare il palazzo perché “è meglio morire da imperatore, che vivere come nessuno”, quindi affidò al capitano degli Illiri e al generale Belisario, che si trovava nella capitale con una forte scorta, il compito di reprimere la rivolta. L’Ippodromo fu espugnato: 30.000 ribelli furono massacrati, l’ordine ristabilito e Giustiniano rimase sul trono.
La coppia imperiale, rafforzata nel potere, si impegnò in un grandioso programma politico e a riedificare e ingrandire Costantinopoli. Furono costruiti acquedotti, ponti, e più di 25 chiese fra cui la più spettacolare Santa Sofia.
Nel 541 un altro complotto per uccidere l’imperatore venne scoperto e sventato da Teodora: sempre vigile e presente negli eventi più drammatici del regno.
La figura di Teodora è stata tuttavia tramandata alla storia con le tinte più fosche e i racconti più infamanti.
Responsabile delle sua cattiva reputazione è Procopio di Cesarea un personaggio importante della corte giustinianea, stretto collaboratore e storico di Giustiniano. Per qualche ragione, rimasta sconosciuta, entrò in conflitto con l’imperatore e si vendicò con la Storia arcana, un pamphlet (rimasto inedito all’epoca) che diede vita ad una serie di pruriginosi pettegolezzi sugli anni giovanili dell’imperatrice: sui suoi ‘osceni’ spettacoli sulle scene dell’Ippodromo e sulle sue perverse abitudini sessuali.
Procopio la descrive come “attrice di talento”, un complimento dubbio dato che la parola “attrice” aveva il significo di prostituta e la professione di attore era ritenuta infamante.
Lo scandaloso matrimonio è descritto in termini violentemente dispregiativi, con l’astio di un aristocratico legato della antica nobiltà che vedeva con estremo disappunto l’affermazione di quella coppia di parvenu all’apice del potere.
In realtà della giovinezza di Teodora si sa poco o nulla. Era la figlia di Acacio, un domatore di orsi nell’Ippodromo, e aveva lavorato come attrice e mima. In seguito si era unìta al governatore di Tyro ma poi, rimasta sola, si era diretta ad Alessandria dove si era convertita al cristianesimo. Con la conversione le era stato possibile liberarsi dalla professione di attrice. Sembra che il patriarca di Alessandria, Timoteo III, sia stato il suo padre spirituale.
Giustiniano aveva circa 40 anni quando la conobbe, intorno al 522; lei aveva poco più di venti anni. Fu amore a prima vista.
Per tutta la vita l’imperatrice si prodigò per le donne sfortunate, per le redenzione delle prostitute, e si adoperò per l’abolizione dei bordelli che proliferavano a Bisanzio. Dopo la sua morte, Giustiniano promulgò una legge che autorizzava una attrice, penitente, al matrimonio e anche ad essere ammessa nel patriziato.
Teodora morì di cancro e fu sepolta nella chiesa dei Santi Apostoli in un mausoleo costruito dall’imperatore per la sua imperatrice e per se stesso.
Teodora fu una strenua paladina della dignità e dei diritti delle donne, sfortunatamente la sua memoria è legata per sempre ai pettegolezzi di uno storico malevolo.
ROXELANA
Hürrem Haseki Sultan è più semplicemente conosciuta come “Roxelana”. Nata nel 1500, è una concubina ottomana divenuta moglie di Solimano il Magnifico e come tale ha sollevato la curiosità dell’Europa occidentale. Nel 1561, tre anni dopo la sua morte, l’autore francese Gabriel Bounin scrive una tragedia intitolata “La Soltane” con la quale gli Ottomani per la prima volta compaiono su un palcoscenico in Francia. Hürrem ha ispirato dipinti e opere musicali – come per esempio la Sinfonia n° 63 di Joseph Haydn – balletti, opere teatrali e diversi romanzi scritti principalmente russi e ucraini, ma anche inglesi, francesi, tedeschi e polacchi.
Sembra che l’abbia dipinta anche Tiziano. Il pittore veneziano non si è mai recato a Costantinopoli ma ha immaginato l’aspetto della donna facendone uno schizzo e in una lettera a Filippo II di Spagna nel 1552 gli preannuncia di avergli inviato una copia della sua opera “Regina di Persia” che dovrebbe essere un ritratto di Roxelana. Inoltre è citata in alcune opere teatrali di Lope de Vega e in lavori di Quevedo mentre nel 2007 è stata inaugurata una moschea in suo onore a Mariupol, città portuale dell’Ucraina.
È quasi certa la sua città d’origine – Rohatyn, allora occupata dalla Corona Polacca e oggi in Ucraina – e secondo fonti del XVI e XVII secolo sarebbe figlia di un sacerdote ortodosso di origine rutena. Incerta invece la data di nascita, che oscilla tra il 1500 e il 1506, ma è più probabile la prima visto che nel 1510 viene rapita da tartari della Crimea durante una delle loro razzie di schiavi nell’Europa dell’Est. Venduta agli ottomani arriva a Costantinopoli dove il Sultano Valide Hafsa la sceglie come dono per il figlio Solimano, diventando in breve – una volta salito al potere Solimano – la “concubina preferita” dell’harem imperiale ottomano.
Il suo vero nome è sconosciuto, in Polonia affermano sia Aleksandra, in Russia Anastasia. La ragazza, quando ha 10 o 14 anni al massimo, viene venduta al mercato di Costantinopoli come Roxelana, nome che ha sollevato numerose illazioni sulle sue origini. Secondo l’ambasciatore Ogier Gisleen van Busbeke, Hürrem è originaria dell’attuale Ucraina occidentale e le è stato dato il nome di Roxolana (o Roxelana) per la sua terra d’origine (Roxolania o Rutenia), ma quasi ogni studioso che parla di lei la chiama con nomi diversi, come per esempio Roksa o Rossa.
La convinzione che la ragazza sia di origine russa è probabilmente sorta in seguito a un’errata interpretazione del nome: Roxolana o Roxelana si riferiscono alla Malaya Rossia (altro nome della Rutenia) e non alla Russia che all’epoca è conosciuta come Moscovia.
In ogni caso gli ottomani iniziano a chiamarla Hürrem Sultan quando entra nell’harem e ha circa quindici o vent’anni. Non si conosce la data esatta del suo ingresso ma gli storici ritengono sia diventata la concubina di Solimano intorno al 1520, anno in cui egli diventa sultano.
La sua rapida “carriera” da schiava a moglie legale di Solimano e quindi a regina dell'Impero Ottomano attira la gelosia non solo delle rivali nell’harem, ma anche della popolazione, ma ciò non impedisce alla giovane di diventare la più importante consorte del sultano dandogli cinque figli sani (Şehzade Mehmed, Mihrimah Sultan, Şehzade Abdullah, Selim e Şehzade Bayezid) e un ultimo gobbo (Şehzade Cihangir) nel giro di sei o sette anni. La deroga alla regola per le mogli del sultano che impedisce di dare alla luce più di un figlio fa capire quanto Solimano tenesse alla sua Roxelana.
L’ambasciatore veneziano a Costantinopoli, Pietro Bragadin, descrive un episodio che dimostra l’influenza della donna su Solimano. Quando al sultano e a sua madre vengono donate due schiave russe, Hürrem si offende e i due per non contrariarla ulteriormente allontanarono le due nuove schiave dall’harem.
Roxelana diventa partner di Solimano in tutto, anche negli affari di stato e grazie alla sua intelligenza agisce come consigliere in questioni di stato e sembra avere influenza anche sulla politica internazionale, accompagnando spesso il marito in qualità di consigliere. Riesce anche a ottenere dal Sultano che vengano chiusi i mercati degli schiavi. La sua influenza su Solimano è così evidente che alla corte ottomana iniziano a circolare voci su un possibile maleficio nei confronti del sultano.
Questo suo ascendente ha reso Roxelana una delle donne più influenti della storia ottomana e del mondo dell’epoca e per questo motivo è diventata una figura controversa, bersaglio di accuse di complotti e manipolazioni.
Oltre che negli affari politici, Hürrem si impegna nella realizzazione di diverse importanti opere, tra cui la costruzione di moschee, ospedali, fontane, mense, due grandi bagni pubblici e l’ospizio per i pellegrini verso Gerusalemme e i senza tetto.
Hürrem Haseki Sultan è una delle donne più istruite e colte del suo tempo e riceve ambasciatori stranieri, risponde alle missive di re, nobili e personaggi influenti e alcune di queste lettere sono giunte fino a oggi. Le ottime relazioni con il re di Polonia Sigismondo II Augusto permettono la nascita dell’alleanza polacco-ottomana e questo fatto farà in seguito affermare agli storici celebrativi del sultano che Hürrem è di origine nobile ed è legata alla famiglia reale polacca.
Dopo una vita di fianco al sultano, Roxelana muore il 15 aprile 1558 e il suo corpo è sepolto in un mausoleo a cupola (türbe) decorato con tegole raffiguranti il giardino del paradiso, forse in omaggio alla sua natura sorridente e gioiosa. Questo mausoleo è di fianco a quello di Suleiman – una struttura a cupola separata e meno luminosa nel cortile della moschea di Süleymaniye – che muore otto anni dopo la moglie.
Complessivamente le informazioni degli storici contemporanei o immediatamente successivi al regno di Solimano e di Roxelana (Sehname-i Al-i Osman, Sehname-i Humayun e Taliki-zade el-Fenari) offrono un ritratto lusinghiero di Hürrem, parlandone come di una donna venerata “per la beneficienza, per il mecenatismo verso gli studiosi, gli studenti e i religiosi”: il profilo non di un politico repressivo ma di una donna impegnata nella carità e nelle opere di bene.
NUR JAHAN
L'imperatrice Nur Jahan fu la donna più potente dell'India del XVII secolo. Svolse un ruolo senza precedenti nella gestione del vasto impero Moghul.
Fu chiamata Mihr un-Nisa alla nascita e in seguito fu chiamata Nur Jahan (luce del mondo) da suo marito, l'imperatore Moghul, Jahangir. Nacque solo pochi decenni dopo la regina Elisabetta I, eppure governò un territorio molto più vario di quello della sua controparte britannica.
I Moghul governarono gran parte del subcontinente indiano per più di 300 anni dopo essere saliti al potere all'inizio del XVI secolo. Fu una delle dinastie più grandi e potenti dell'India. Molti dei suoi imperatori e donne reali, tra cui Nur Jahan, erano mecenati dell'arte, della musica e dell'architettura: costruirono grandi città e maestose fortezze, moschee e tombe.
E come unica donna sovrana del dinasta, Nur Jahan è onnipresente nel folklore di India, Pakistan e Bangladesh.
Le storie su di lei abbondano nelle case e vicino ai monumenti, ad Agra, nel nord dell'India, e a Lahore, nel nord del Pakistan, due grandi città dell'era Moghul, specialmente durante il suo regno. Uomini e donne più anziani, guide turistiche e appassionati di storia raccontano storie di come Nur e Jahangir si fossero incontrati e si fossero innamorati; di come salvò un villaggio tormentato da una tigre mangiatrice di uomini - l'uccise con un moschetto dal suo trespolo in cima a un elefante.
Sebbene le persone abbiano sentito storie sulla sua storia d'amore e, raramente, sul suo coraggio, si sa poco del suo mondo dinamico, del suo acume politico e delle sue potenti ambizioni. Era una donna affascinante che arrivò a governare un impero contro tutte le probabilità.
Un leader straordinario in un mondo dominato dagli uomini, Nur non proveniva dalla famiglia reale. Eppure ascese dall'harem dell'imperatore a grandi altezze come astuta politica e moglie preferita di Jahangir, governando il vasto impero Moghul come co-reggente.
Ma come è diventata così potente in un momento in cui le donne raramente occupavano la scena pubblica?
C'è molto da dire sulla sua educazione, la rete di sostegno di uomini e donne al suo fianco, il rapporto speciale che ha avuto con Jahangir, la sua ambizione, la sua terra e la sua gente.
La cultura plurale, ricca e tollerante di Al-Hind - la terra al di là del fiume Indo, come allora gli arabi ei persiani chiamavano l'India settentrionale - permette' la coesistenza di diverse sensibilità, religioni e tradizioni.
Nur nacque nel 1577 vicino a Kandahar (nell'attuale Afghanistan) da eminenti nobili persiani che avevano lasciato la loro casa in Iran tra la crescente intolleranza sotto la dinastia safavide per cercare rifugio nel più tollerante impero Moghul.
Cresciuta in una miscuglio di tradizioni dal luogo di nascita dei suoi genitori e dalla loro patria adottiva, Nur sposò per la prima volta un funzionario del governo Moghul ed ex ufficiale militare nel 1594. Si trasferì con lui nel Bengala, una ricca provincia nell'India orientale, e diede alla luce il suo unico figlio.
Quando suo marito fu sospettato di aver partecipato a un complotto contro Jahangir, l'imperatore ordinò al governatore del Bengala di portarlo alla sua corte reale ad Agra. Ma il marito di Nur fu ucciso in una battaglia con gli uomini del governatore.
Alla vedova Nur fu dato rifugio nell'harem di Jahangir, dove altre donne iniziarono gradualmente a fidarsi di lei e ad ammirarla. Sposò Jahangir nel 1611, diventando la sua ventesima e ultima moglie.
Sebbene poche donne fossero menzionate nei registri ufficiali di corte dell'epoca, le memorie di Jahangir dal 1614 in poi confermano la sua relazione speciale con Nur. E dipinse un ritratto ammirato di lei - come una compagna sensibile, una superba governante, un abile consigliere, un abile cacciatrice , una diplomatica e un amante dell'arte.
Molti storici credono che Jahangir fosse un ubriacone malato che non aveva più la resistenza o la concentrazione per governare, ed è per questo che cedette il controllo del suo regno a Nur. Ma questo non è del tutto vero.
Era vero che l'imperatore era un ubriacone e fumava oppio. Era vero che era profondamente innamorato di sua moglie. Ma non è questo il motivo per cui Nur diventò un sovrano da non sottovalutare. In effetti, Nur e Jahangir si completavano a vicenda e l'imperatore non si sentiva mai a disagio con la crescente influenza di sua moglie come co-reggente.
Subito dopo il loro matrimonio, Nur emise il suo primo ordine reale per proteggere i diritti fondiari di un dipendente. La sua firma nell'ordine recitava, Nur Jahan Padshah Begum, che si traduce come Nur Jahan, la Signora Imperatrice.
Era un segno di sovranità e un'indicazione che il suo potere stava crescendo.
Nel 1617 iniziarono a circolare monete d'oro e d'argento, che portavano il suo nome sul lato opposto a quello di Jahangir. Cronisti di corte, diplomatici stranieri, commercianti e visitatori iniziarono presto a notare il suo status unico.
Un cortigiano descrisse un incidente in cui Nur sorprese molti apparendo nel balcone imperiale, riservato solo agli uomini.
Questo non fu il suo unico atto di sfida.
Che si trattasse di cacciare, emettere ordini e monete imperiali, progettare edifici pubblici, adottare misure per sostenere le donne povere o difendere le persone svantaggiate, Nur viveva una vita insolita tra le donne dell'epoca.
Guidò anche un esercito per salvare l'imperatore quando fu preso prigioniero - un atto audace che assicurò che il suo nome fosse scolpito in modo indelebile nell'immaginazione pubblica e nella storia.
Fonti :
TEODORA : France