I tori del mio paese

 

 

 

( QUANDO NON C’ ERA IL “ VIAGRA “ )

 

 

di

 

Bruno Agosti

 

 

Se ci sono dei momenti della vita che mi mancano in modo intenso e mi fanno soffrire di immensa nostalgia sono certamente quelli della mia infanzia,  di quando mio padre, agricoltore ed allevatore, mi portava nei prati da falciare, saturi di fiori dai colori policromi e dall’ intenso profumo diverso tra loro che avevo imparato a conoscere ed apprezzare.

Il ricordo più bello e più delicato,  che tutt’ oggi conservo nel cuore, è quello di quando si andava, a piedi, ad accompagnare le mucche alla malga Binagia,1 per l’alpeggio, che durava circa tre mesi.

Passato un abitato sulla via dell’alpeggio, ci si incamminava lungo la stradina sterrata che portava alla malga, ed arrivati nella valle di Campo, 2 ci si fermava sempre ad ammirare lo spettacolo dei prati verdi, punteggiati da una miriade di botton d’oro: uno spettacolo mozzafiato, con sfondo le vette alpine.

Tutto ciò accadeva, nei  secoli scorsi,  quando ancora i campi erano coltivati a grano e patate ed i prati servivano principalmente per la produzione di foraggio per alimentare il bestiame delle stalle, prevalentemente formato da mucche da latte, da qualche pecora e da pochi cavalli. 

All'uscita dalle stalle, alla sera, dopo la mungitura era molto facile imbattersi in un crocchio di contadini, i quali, dopo aver portato il latte al caseificio, si fermavano a discutere dei problemi della zootecnia e dell'agricoltura e tra questi, a riguardo dei temi più comuni nel settore delle mucche, si sentiva spesso udire, tra loro, che avevano una mucca che : “la va a manz”.3

 

Per essere sinceri questo, più che un problema, era il normale corso della natura che determinava che la mucca era in calore e perciò pronta per l'accoppiamento con il toro, il quale, fino agli anni ‘60 era l'indiscusso padrone di tutte le mucche del paese. Credo proprio che fosse un lavoro che lo gratificasse enormemente visto che gli si era concessa più di una mucca al giorno, sino al momento dell'avvento della fecondazione artificiale che sostituì l’accoppiamento naturale e portò nella zootecnia locale del seme proveniente da tori americani di maggiore stazza. In alcuni casi ciò provocava la morte per parto di  mucche che non riuscivano a dare alla luce dei vitelli così grossi. Questa innovazione biologica lentamente ha tolto al toro il lavoro e, conseguentemente, la sua ragione di esistere.

Il  fatto di portare la mucca al toro era un vero e proprio rito che consisteva nel farla camminare dalla nostra stalla, sino a quella in cui era ospitato il toro da monta, dove c'era il responsabile che faceva accomodare la mucca al suo posto e poi liberava dalla stalla adiacente il toro, il quale usciva e subito si metteva ad odorare l’aria che nel frattempo si era impregnata dell'odore del feromone della mucca in calore. Dopo pochi istanti, salvo qualche eccezione, era pronto per montare sopra la mucca, senza i tanti preliminari a cui si è abituato il genere umano.

 

Naturalmente, per poter assistere a questo spettacolo “hard",  bisognava essere “grandi” abbastanza per potere anche aiutare il papà a far camminare la mucca. Tra gli uomini che assistevano all’ evento, non mancavano ovviamente certe considerazioni sulla potenza sessuale del toro e certi accostamenti erotici sul sesso, bisbigliati, che avrei capito solamente quando mi sarei fatto più grande, e guai poi a ripetere quelle cose in presenza della mamma perché tutto il rito dell'accoppiamento doveva essere un tabù, persino quello del toro.

La gestione dei tori da monta era affidata ad una società che si chiamava “società del toro”. Ne esisteva una nel mio paese ed una nel paesino di sopra ed avevano un solo ed unico scopo: quello della continuazione della specie. Queste si finanziavano con i proventi della monta dei tori, che ad ogni mucca che veniva coperta dagli stessi, corrispondeva una quota che era a seconda della qualità del toro.

Esistevano, infatti, dei tori di prima classe, di seconda classe e di terza, e queste categorie erano attribuite direttamente dalla federazione allevatori di Trento, in base al peso, alla bellezza e quant’altro.

Per cui, la mucca che veniva montata dal toro più prestante, doveva pagare di più. La società dei miei paesani aveva a disposizione tre tori mentre quella della frazione poco distante ne aveva uno e con questi si riusciva tranquillamente a coprire tutte le mucche del territorio.

Ma ad un certo momento in quello di sopra venne un signore anche lui agricoltore e zootecnico, il quale a sua volta comprò un toro da monta, lo mise a disposizione degli utenti privati ad un prezzo di monta inferiore a quello del toro ufficiale e, per stretta logica di mercato, il toro ufficiale di quel borgo rimase, aimè, senza lavoro. 

La società fu allora costretta a venderlo in quanto era risultato antieconomico il suo mantenimento.

 

Non appena rimossa la diretta concorrenza, l’allevatore in questione rialzò il prezzo della monta e in poco tempo si rifece dalla perdita avuta in precedenza, obbligando gli utenti ad una tariffa maggiore.

 

Come capita a volte nella  vita le cose non sempre vanno nel verso giusto e così fu per quel signore , che dovette vendere il toro, smettere l'attività agricola e cambiare paese, così di punto in bianco gli utenti del paese di sopra si ritrovarono ancora una volta senza il toro che avrebbe dovuto montare le loro mucche. Furono così obbligati a scendere nel paese di sotto  dove c'erano i due tori della società locale.

 

E così le cose sembrarono aggiustarsi. Gli allevatori della frazione di sopra scendevano a valle con le loro mucche, che poi risalivano soddisfatte dai tori, sino a quando, dopo un po' di tempo, ci si accorse che i due tori non erano sufficienti a coprire un numero così elevato di mucche, e qualche volta facevano cilecca con unanime disappunto sia della vacca e del padrone, costretto così a ritornare a casa a mani vuote e a dover poi riportare la mucca al toro la volta seguente ” che la nova a manz“.

Bisogna anche aggiungere che allora non c'era il “ Viagra “ 4 che si dice abbia in quella materia dei poteri miracolosi almeno per l' uomo, ma se anche ci fosse stato non sarebbe servito a nulla perché, come abbiamo detto precedentemente, il toro si eccitava esclusivamente nel sentire l'odore del feromone della mucca in calore.

Si dovette così acquistare un altro toro.

Il terzo toro si era reso necessario per coprire il fabbisogno dell'intera zona, ma la società, non avendo per statuto sociale un fondo proprio, dovette chiedere un prestito ad un agricoltore locale più benestante, il quale lo concesse volentieri. Il toro fu così acquistato.

Per ammortizzare quella inaspettata spesa, la società decise allora di alzare un poco il costo della monta così da ricavarne il necessario da poter restituire il denaro al creditore.

 

Le cose sembrarono allora prendere il verso giusto con soddisfazione delle mucche del paese di sopra, che avevano ritrovato il loro toro, e di tutti i contadini della zona che avevano risolto un altro problema; ma trascorso un po' di tempo ci si accorse che le mucche che venivano portate nel mio paese, cominciarono a scarseggiare, con conseguente calo del ricavato che sarebbe servito per coprire la spesa dell'acquisto del terzo toro e a pagare il mantenimento degli altri.

 

Per un po' di tempo  si cercò di trovare qualche spiegazione, ricercando le cause del calo nelle lune crescenti o calanti. Successivamente, qualche vecchia zitella, azzardò l'ipotesi di una improvvisa e collettiva menopausa delle mucche. Insomma, ci si arrovellò  per comprendere la ragione per la quale dall’altro paese scendevano così poche vacche verso i tori del mio.

Ma la risposta a tutto ciò la portò il macellaio, e lì per lì tutti pensarono che questo fosse la causa di tutto avendo magari dovuto macellare delle mucche in quel sopra. Pure tale ipotesi si rivelò falsa.

Lo stesso macellaio, infatti, riferì al Presidente della società del toro che, mentre scendeva dalle malghe con il furgone, non di rado gli capitava di incontrare  agricoltori che portavano le loro vacche verso i tori del paese di sopra. Tutto ciò non perché fossero maschi più belli e più “fighi” e magari le mucche preferivano loro ai quelli  del mio paese,  ma molto più semplicemente perché lassù  la monta costava di meno.

 

Fino a qui, la storia d’ altri tempi che oggi si può raccontare con ironia, ma che racchiude in sé tutta la filosofia ed il modo di vivere di 50 anni or sono, di quando la comune povertà della gente di campagna, obbligava le famiglie ad un tipo di economia domestica dove la parola d’ ordine era “risparmiare” ovunque fosse stato possibile farlo.

Per  capire quanto fosse importante, quasi vitale, che le mucche nella stalla fossero gravide per poter poi ricavare del denaro dalla vendita del vitellino, o poter allevare un'altra mucca da latte, basti pensare che quando una donna allora perdeva un figlio per via di numerosi aborti spontanei dovuti alle fatiche o alla mancanza di prevenzione medica, ci si consolava dicendo che se fosse successo ad una mucca nella stalla, sarebbe stata una disgrazia ben più grande.

 

 

NOTE

 

  1. Malga di proprietà della comunità locale, adibita ad alpeggio per il bestiame.
  2. Località a nord dell’ abitato di Bresimo.
  3. Espressione popolare dialettale, che identificava che una mucca era in calore.
  4. Farmaco la cui azione stimola la sessualità maschile.