I frati

 

 

I FRATI FRANCESCANI DI CAMPOLOMASO

 

La presenza sul nostro territorio dei frati francescani, era costante e ben visibile, avendo , a poca distanza dal mio paese, ben due conventi, uno a Cles ed uno a Terzolas. I frati, secondo la mia opinione, ma per il fatto anche, di averli conosciuti profondamente durante la mia permanenza tra loro, durata tre anni, è stata per i nostri paesi una presenza benedetta, sia dal punto di vista cristiano che dal punto di vista culturale. I frati, erano ,infatti, un valido aiuto per i parroci di tutte le parrocchie della valle, in modo particolare per le confessioni, infatti, tutti, uomini e donne, preferivano raccontare le loro avventure d’ amore, di tradimenti, ed altro, piuttosto ad uno sconosciuto ed anonimo frate, che al proprio Parroco perché segreto del sacramento della confessione a parte, meno sapeva il prete dei loro affari di cuore, meglio era. I frati, passavano di paese in paese, a raccogliere la carità del prossimo, alimenti, come uova, farina patate mele, insomma tutto quello che era frutto della terra, ricordando sempre i principi di S. Francesco, che, altro non erano che quelli del Vangelo di Cristo, incarnati, direi, nel modo più semplice e genuino, perché da sempre i frati tutto quello che hanno ricevuto dalla carità del prossimo, lo ridistribuiscono a quanti ne hanno bisogno, senza chiedersi se ne abbiano o no titolo o diritto. Così come raccoglievano alimenti per il corpo, in eguale misura cercavano anime disposte a condividere il loro messaggio ed il loro cammino e stile di vita, che si traduceva in due parole “ ora et labora “ prega e lavora. Bisogna anche sfatare il mito delle vocazioni facili che allora abbondavano, sembrava, che ai miei tempi, gli unti dal Signore fossero molti di più di oggi, e numeri alla mano, il dato è indiscutibile: allora, un numero elevato di ragazzini, era indirizzato alla vita monastica. Le cause, invece, andavano ricercate nella endemica povertà che allora affliggeva tutto il territorio trentino e tutta la nazione. Una bocca in meno da sfamare e da far studiare, era una manna scesa dal cielo, per le famiglie povere dei villaggi , considerato il fatto che a quei tempi parlare di programmare le nascite, non solo era tecnicamente impossibile, ma anche moralmente proibito da santa Madre chiesa. I profilattici erano quasi sconosciuti alla maggior parte degli uomini e delle donne, e poi, non c’ era il denaro per acquistarli…a tale proposito voglio raccontare un aneddoto, un giorno mio padre, si recò a falciare il fieno in un prato adiacente al bosco, dove la stradina entra proprio nel fitto degli abeti, un posto tranquillo, mia nonna lo aveva seguito per aiutarlo a mettere il fieno al sole per seccarlo. Mentre con il rastrello raccoglieva il fieno ei confini del bosco, qualche cosa di strano ed elastico le si attaccò al rastrello, mio nonna si abbassò e lo raccolse, sembrava un ditale o la buccia di un wurstel, lo esaminò a lungo, ma non riuscendo a capire che cosa potesse essere quello strano aggeggio, lo portò a mio padre chiedendogli che diavolo fosse. Mio padre sorrise glielo tolse di mano e le disse che le avrebbe detto che cosa fosse non appena tornati a casa, ed aggiunse – Lavatevi le mani, che quella è anche una cosa schifosa ! - Era, chiaramente un profilattico lasciato da qualche coppietta che aveva fatto l’ amore nel vicino bosco, la sera prima… mia nonna, non ne aveva mai visto uno e non so neppure se mio padre le avesse dato le informazioni promesse, ma credo di no. Mia nonna, infatti, aveva avuto nove figli e numerosi aborti spontanei, era ovvio che ignorasse l’ esistenza e l’ uso del profilattico. Così, un giorno di estate del 1962, a casa mia si presentò un frate francescano del convento di Campolomaso nelle vallo Giudicarie più precisamente nel Bleggio, mi parlò a lungo del convento, dei frati, della possibilità di studiare a tempo pieno le materie didattiche, anche con l’ ausilio di moderne tecniche audiovisive, ne rimasi affascinato, subito la mia sete di apprendere la mia voglia di avventura, di scoprire cose nuove e di partecipare ad esperienze nuove con compagni diversi, presero il soppravvento sulla nostalgia di casa e del mio paese, che dopo di allora, non sono più riuscito a sentire mio d ad amare, non lo odio, se non una parte, ma non sono riuscito mai più a considerarlo come il mio paese, ma bensì come il luogo in cui sono nato e sono obbligato a vivere.