La fontanella della " Pinela "

 

La “Pinela” era una stradina interpoderale che iniziava di fronte alla Toresela del castello Aliprandini – Leifenthun di Livo ora sede del Comune a scendeva tra le abitazioni di villa Ghina ed i negozi di alimentari e macelleria, fino a collegarsi con la strada che a sinistra porta a Varollo ed al dosso di Caslir ed a destra porta a castel Zoccolo ed al paese di Cis. La stradina scendeva verso le Vanegge passando sotto il ponte della strada provinciale 68 che porta a Rumo e Bresimo realizzato negli anni ’60 e che aveva by passato l’ abitato di Livo togliendo dal centro del paese il traffico dela strada provinciale.

Fatte poche decine di metri dopo il ponte dove la stradina scendeva più dolcemente, sulla destra si trovava una piccola fontana munita di lavatoio alimentata da una sorgente di acqua che sgorgava alle pendici della scarpata che poi saliva fino a trovare il terreno pianeggiante dove crescevano rigogliose le piante di melo delle Vanegge.

La piccola fontana era costruita in calcestruzzo e risaliva al tempo delle grandi epidemie di colera dell’ anno 1855 che fece migliaia di morti nel Trentino come si può dedurre dalla nota riportata in basso. Per evitare il contagio ed il propagarsi della malattia alle famiglie che avevano in casa dei malati di colera venne impedito di usare i lavatoi pubblici situati nelle varie zone del centro abitato e venne realizzata per loro quella piccola fontanella lontana dal paese dove potevano lavare i panni senza trasmettere il contagio ad altri nuclei famigliari. Già allora c’ era netta la percezione del pericolo del contagio ed il modo migliore per evitare che l’ epidemia si propagasse ad altra gente si era scelto come estrema ractio l’ isolamento coatto dei contagiati dal resto della popolazione sana.

Negli anni ‘90 l’ Amministrazione comunale di allora destinò quell’ area a campo sportivo ricavando nella parte interrata il magazzino comunale, un deposito della Provincia di Trento e la sede dei Vigili del Fuoco Volontari di Livo.

Ora la stradina che portava alla fontanella si interrompe appena sotto il ponte dove passa la strada provinciale in prossimità del nuovo ufficio postale.

 

NOTE SULLA DIFFUSIONE DEL COLERA IN EUROPA

 

L'Europa fino al XVIII secolo fu devastata più volte dalla peste, che nell'Ottocento si estinse per cedere però il campo al colera. Quest'ultima pandemia iniziò a diffondersi nel Bengala nel 1817, si estese all'India intera e fu importata in Europa dagli inglesi attraverso i suoi soldati e i suoi commerci. Le epidemie di colera nel nostro continente furono sette; di queste sei dilagarono anche nella nostra penisola negli anni 1835/37, 1849, 1854/55, 1865/67, 1884/86 e 1893. Il letterato Francesco De Sanctis descrisse crudamente la peste a Napoli nel 1836: "Si parlava di famiglie intere spente, di migliaia di morti al giorno, e si descrivevano casi di contagio con minuti particolari. Allora non c'erano giornali e il governo con il suo mutismo accresceva il terrore; e provocava le esagerazioni". Nel 1855 il colera raggiunse anche il Tirolo devastandone la parte meridionale: il Welschtirol, ossia il Trentino. La prima notizia fu pubblicata dalla "Bozner Wochenblatt" il 4 luglio: proveniente dalle "province italiane" il morbo era giunto nelle Giudicarie, a Stenico, dove s'erano registrati 40 casi, 16 con esito mortale. Comunque, la situazione nell'intero Trentino appariva ora tranquillizzante, nonostante voci allarmistiche. Ma tre settimane più tardi il giornale fa sapere che a Bolzano si teme l'affacciarsi della "dissenteria asiatica", al punto che il comune insedia una commissione igienico-sanitaria che può effettuare ispezioni ovunque, anche nelle abitazioni. Si controllano anche gli alimentari. E il primo ottobre l'ufficiale "Tiroler Bote" fa sapere da Innsbruck che nel circondario di Trento i malati di colera sono stati – dall'inizio dell'epidemia – 375, dei quali 193 sono morti. A questo punto nella libreria "Eberle" della Johannsplatz (oggi piazza Walther) viene messo in vendita il testo di una preghiera contro il colera. Si occupa dell'epidemia anche il dottor Tappeiner di Merano, che sul "Bozner Wochenblatt" (4/8/1855) prescrive il trattamento da seguire appena si manifesti una diarrea: assunzione di pillole contenenti "opii puri gran. decem; pulv. catechu gran. viginti; extra. chamomill. q.s.f.l. a pill; no. viginti; consp. liq. dt". Una bazzecola che costa appena 13 corone e che "ognuno può procurarsi tempestivamente". Per il resto il colera non è trasmissibile, nessuna paura quindi per medici e religiosi chiamati ad assistere i colerosi, dato che il morbo si diffonde attraverso l'aria. Al dottor Tappeiner per i suoi meriti scientifici è stata dedicata a Merano una promenade. Intanto muore nel castello di Terlago il conte di Sarentino e da Innsbruck (18/8/1855) si apprende che fino al 15 agosto nel Trentino i casi registrati sono saliti a 3.393, con 1.476 esiti mortali, passano pochi giorni e i casi sono ormai 4.078, con 1.824 decessi. Probabilmente la cura facile del dottor Tappeiner non convince, e mentre nel Trentino (25/8/1855) i morti sono ormai 2.102 si incomincia ad intuire che per combattere l'epidemia siano necessarie soprattutto: pulizia, ricambio dell'aria, acqua sicuramente potabile. Si pubblicizza un volumetto del dott. K.Pfeifer sulla difesa contro il colera, appena 4 corone ("Behandlungsweise d. Cholera"), e nel Trentino (29/8/1855) i casi s'impennano a 7.127, i morti sono ormai 3.117. Si ricoverano i primi due ammalati a Bolzano: moriranno entrambi. Un rimedio classico a guerre, epidemie e calamità varie è rappresentato come si sa da preghiere e processioni, e così anche a Bolzano (19/9/1855) si annuncia una processione e un triduo di preghiere, mentre in ospedale i morti salgono a 8, nella Bassa Atesina a 173, e nel Trentino a 5.151. Un altro medico ("Bozner Wochenblatt" 22/9/1855), il dottor Profanter, scrive sul colera nella Bassa Atesina: ci sono tanti medicamenti, ma dove ce ne sono tanti accade che nessuno sia veramente efficace. E poi come fa la gente di scarse possibilità economiche a mangiare bene e sano, a vivere in locali non affollati? Il povero è la prima vittima dell'epidemia. Inoltre, quanti sono i medici che fuggono davanti all'avanzare dell'epidemia! "Abbiate – cara gente – fiducia in Dio e negli uomini, aiutate i poveri, assistite i malati ed abbiate coraggio". Bisogna arrivare al 20 ottobre perché l'epidemia a Bolzano (in ospedale solo otto decessi) possa considerarsi estinta, cifre accettabili da Laives alla Bassa Atesina, ma intanto nel Trentino i casi erano saliti a 14.360, i morti a 6.155.

 

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