Rina Depetris

 

( la Rina di Orsi )

 

 

Il solo pensare a questa donna, alla sua immensa bontà alla sua sincera generosità, alla sua nobiltà di pensiero alla sua sincera solidarietà, mai finalizzata ad avere un benché minimo ritorno, ogni volta che penso a Lei mi pervade un senso di serenità nell’ anima e quando nelle mie giornate affiora la tristezza o la nostalgia di persone care che il destino mi ha tolto, allora, volutamente e con insistenza penso a Rina e lei che mi ha sempre voluto bene, mi viene incontro, con il suo sorriso bonario, con la sua espressione dolce, tranquilla, mai una volta che l’ avessi vista arrabbiata odi cattivo umore.

Ed è la Rina che incontravo nei campi o per le vie del borgo che ritorna sorridente con il rastrello sulla spalla o il falcetto sotto il braccio, è la Rina che si fermava a darti una mano quando ti trovavi con il fieno secco ancora sparso per il prato e dal Pin arrivavano minacciosi i primi brontolii di un imminente temporale in arrivo. Ed allora si affrettava con il rastrello a far “ antane “ rapida come sapeva essere lei con la precisione e l’ esperienza di anni di duro lavoro nei campi. E non mi stancherò mai di elogiare questa forma spontanea e vera di solidarietà, quando tutti arano consapevoli di non essere un isola, di aver bisogno l’ uno dell’ altro, del valore morale e sociale della condivisione, delle gioie e dei dolori e non sembri una cosa d’ altri tempi, ormai inutile e superata,è una forma di vita collettiva della quale il genere umano non può fare a meno, è nel proprio DNA il dover socializzare, il dover condividere…

Un tempo tutto questo avveniva nei campi, sulle panchine vicino alle case nelle lunghe serate estive quando era diffusi il “ filò “ una forma di telegiornale di quel tempo con annessi approfondimenti e non è una cosa superata, basti pensare ai moderni sociaal network, dove una delle opzioni maggiormente usate è la condivisione.

E’ la fede autentica e sincera della Rina che voglio ricordare e che a me manca… quella fede che sapeva superare tutti gli ostacoli, tutti i dubbi, tutti i perché, che non metteva nulla in discussione, una fede senza se e senza ma. Ed aggrappata a quella fede nella Madonna di Lourdes corse come primo soccorso, a prendere la bottiglietta dell’ acqua miracolosa ed a bagnare il capo di Giovanni Agisti caduto mentre le stava riparando il tetto, Giovanni guarì nonostante le numerose fratture e ferite riportate nella rovinosa caduta. E’ la Rina che suona la campanella della nostra chiesetta, che mette i fiori freschi all’ altare DELL’ Immacolata concezione, componendo sempre nuovi giochi di fiori, perché una fede vera non deve essere una forma statica d venerazione fatta di riti che si ripetono e di frasi fatte, ma deve essere una fede dinamica che guarda avanti a noi per seguire l’ attualità sempre nuova di quella Croce.

Rina nella sua semplicità rappresentava tutto quel rinnovamento che neppure i teologi del Concilio vaticano ll° hanno saputo interpretare con tanta eloquente semplicità di fede vissuta, Rina ci era riuscita prima di loro.

Rina non era sposata ma il ruolo di madre o ha saputo esercitare comunque perché ha fatto da mamma ad una sua nipotina che si chiama Gabriella e che ora ha una vera e propria venerazione per la zia Rina, per tutto quello che le ha insegnato e per la fede profonda e l’ amore per il prossimo che le ha trasmesso.

Quando eravamo ragazzini, Rina ci permetteva di giocare sulla sua soffitta che era un vero e proprio meandro di nascondigli a di piccole sorprese e avanti a rincorrersi sopra il fieno profumato a giocare a nascondino o a rincorrere i gattini che avevano preso possesso di una zona profonda del fienile.

Uscivamo la sera stanchi da morire ed allora la Rina ci dava un bicchiere di caffè da orzo e un dado di zucchero, che bei tempi erano, però guai a fumare “ videzze “ severamente proibito per via del pericolo degli incendi, quelle si andavano a fumare la sera nel bosco per stupire le ragazzine e si ritornava con la lingua arrossata come se si fossero mangiati dei semi di peperoncino.

 

© Bruno Agosti