La zingara

 

Era l’ inizio degli anni ’90, anni difficili per me  per l’ impiego precario che allora svolgevo per una cooperativa che prestava i suoi servizi al  Comune.

Il lavoro consisteva prevalentemente nella pulizia della strade e piccole manutenzioni alle proprietà pubbliche, che non mi gratificava abbastanza e non mi permetteva di dare libero sfogo alle mie potenzialità ed ai miei sogni.

Ero come in gabbia, costretto ad un lavoro che non mi piaceva, sempre nervoso ed acido con tutti.

Ero divenuto socio onorario del Circolo anziani di Rumo perché mi prestavo a dare un mano all’ neonato sodalizio dove era iscritta pure mia madre e sua sorella Delfina.  Nel 1992 anno di fondazione del Circolo, furono messe in programma numerose iniziative e gite, tra le quali una a Genova in occasione dei 500 anni dalla scoperta delle Americhe.

Partimmo al mattino presto alla volta di Genova dove era in programma la visita all’ acquario, che si rivelò molto bella ed interessante sia dal punto di vista naturalistico che storico.  A pranzo fummo ospitati nell’ oratorio di una parrocchia di Genova dove era parroco un sacerdote originario di Rumo.

Nel pomeriggio visitammo alcune chiese della città, in una delle quali c’ era una grossa granata di artiglieria navale inesplosa che era caduta sulla chiesa durante il bombardamento di Genova da parte della marina francese nel 1940 all’ inizio del secondo conflitto mondiale.

Poteva essere un proiettile da 381 mm. dei grossi calibri delle corazzate dell’ epoca, anche a dire dei vari componenti il circolo che avevano partecipato alla guerra. La chiesa era molto grande, più una basilica che una chiesa, con varie navate in stile gotico romanico molto alte e belle architettonicamente parlando.

C’ era un grande ingresso al centro della imponente navata centrale e molta uscite più piccole ai lati.  Trascorso il tempo prestabilito per la visita, tutti si avviarono verso le uscite laterali per raggiungere l’ esterno dove ci aspettava il pullman che ci avrebbe riportati a casa.

All’ uscita di una della porte laterali, che avevano all’ esterno alcuni gradini che scendevano in basso, seduta sull’ ultimo scalino dove poi inizia il selciato di cubetti di porfido, c’ era una giovane zingara, con il classico abito lungo multicolore, una collana di corallo rossa e molti anelli alle dita, era accovacciata a terra e l’ abito le copriva i piedi, un fazzoletto rosso a grandi punti bianchi le copriva i capelli, lasciando spazio dietro ad una lunga treccia nera legata alla fine con un nastro bianco.

Stava in silenzio con la mano tesa come chi chiede, ma senza insistere, come chi aspetta che qualcuno la notasse e ne fosse tratto a compassione al punto di donarle qualche spicciolo. Era una bella ragazza dai lineamenti della gente dell’ est da dove provengono i nomadi che nessuno riesce a fermare  quelle roulotte e quei camper che paiono destinati a non trovare mai un posto nel mondo, come dei lupi assetati di libertà.

Neppure le persecuzioni che quel popolo ha recentemente subito sono riuscite a domare lo spirito libero e ribelle degli zingari. Devo ammettere che quel tipo di vita mi ha sempre affascinato perché rappresenta per me la libertà assoluta dello spirito e del corpo, non attaccato ad una abitazione a dei beni immobili ai quali affidiamo una sicurezza precaria ed evanescente, una forma di vita collettiva  e singola statica, dettata da ritmi che si basano sul culto del profitto e dell’ egoismo che nulla concede ai valori più alti e nobili della vita.

Mentre scendevo quei pochi gradini, pensieri come folate di vento che portano stormi di uccelli usciti dalla nebbia mi frullavano in testa come un chiodo fisso :

che ne sarà del mio domani, quale futuro mi riserverà il destino… ero molto preoccupato per la mia posizione lavorativa che mi vedeva precario e senza grandi prospettive di un posto di lavoro.

Scesi i pochi gradini con questi pensieri scuri in testa, lentamente con una mano in tasca che tormentava le poche monete di cui ancora disponevo. Mi accorsi all’ ultimo gradino della presenza della nomade che mi fissava in silenzio con la mano tesa di chi chiede la solidarietà del prossimo senza tuttavia cercare di imporre questo stato di cose, la guardai quasi assente e realizzai che anche lei doveva avere un sacco di problemi come m, primo fra tutti l’ essere costretta a mendicare ed a rendere poi conto a qualcuno dell’ incasso della giornata.

Eravamo accomunati da enormi problemi e da tante preoccupazioni, la mano continuava a tormentare le monetine in tasca, mentre il cervello era in conflitto con il cuore : il primo infatti mi suggeriva con insistenza di far finta di niente e tirare dritto senza dare niente alla zingara, - non vedi che giovane ? che vada a lavorare pure lei ! - .

Ma quegli occhi mi continuavano a fissare ed avevano un non so che di malinconia ed una tristezza profonda dentro, come se dietro a quello sguardo ci fosse un dramma che non conoscevo ma che potevo intravvedere come dietro ad un sipario di un teatro dovessi sta provando una recita drammatica ed il cuore mi suggeriva di essere solidale con lei che chiedeva per necessità e di non ascoltare la razionalità che mi suggeriva il cervello. Mi erano rimaste dentro al pugno chiuso in tasca alcune monete, non sapevo a quanto ammontasse la somma, ma pensai che da sole non avrebbero potuto cambiarmi la vita e neppure a lei sarebbero bastate…. Ma era lei in quel momento il prossimo che chiede, che ha bisogno, che ti guarda con la mano tesa. Levai la mano dalla saccoccia con le monetine, mi abbassai piano verso la ragazza e le misi in mano le monete, lai le guardò un attimo poi rapidamente le mise in tasca.

Quando sollevò lo sguardo i suoi occhi brillarono per un attimo di gioia vera, quello sguardo dolce di chi ringrazia fu per me come una lama sottile che mi era entrata nel cuore per liberare un attimo di gioia che potevo condividere con la zingara, mi fu facile sorriderle un attimo, lei sorrise a sua volta e fece un ampio cenno di gratitudine, poi, quasi sottovoce come se fosse una preghiera ad un Dio lontano, mi sussurrò : - signore, questo ti cambierà la vita ! - .

Sapevo che nelle tradizioni e nella cultura del popolo nomade era molto forte il ricorso a pratiche esoteriche come la lettura della mano, dei tarocchi e le previsioni del futuro, e questo tutto finalizzato al’ imbonimento della gente con previsioni di vita migliore, di fortuna in danaro, in salute ed in amore, per essere come più autorizzati a praticare la loro forma di accattonaggio.

Perciò non diedi tanta importanza a quanto mi aveva predetto ed augurato la zingara, però mi rimasero in mente, come un chiodo fisso, quelle parole : - … ti cambierà la vita ! - , Ed era come se quella voce continuasse a ripetere nella mia mente quella frase, con un effetto eco, infinito, provocando in me una piacevole sensazione di tranquillità e di libertà. Non so se la previsione della zingara abbia influito o meno sull’ andamento della mia vita dal punto di vista economico e sociale, ma mi piace pensare che sia così, che la sua previsione fosse se non altro veritiera, se non addirittura foriera di buone novelle che poi si sono realizzate.

Sta di fatto che l’ anno seguente venni assunto a tempo indeterminato presso la Dalmec S.p.a. di Cles presso la quale ho prestato il mio lavoro con la mansioni di magazziniere, fino al 2011 anno del mio pensionamento.