La vendetta di Ivan

 

 


Rievocazione storica di un episodio avvenuto a Preghena durante la Grande Guerra.

 

A cura di Bruno Agosti

 

Erano gli anni tristi e tragici della Grande guerra, quando le truppe dell’ Impero Austro - ungarico combattevano contro i soldati dello zar di tutte le Russie Nicola secondo.

Erano i primi anni di guerra, quelli che vanno dal 1915 al 1917 perché dopo questa data la Russia con la rivoluzione bolscevica che proponeva al mondo intero una nuova filosofia basata sulla fratellanza tra i popoli, coerente con questo pensiero, nel 1917 concluse una pace separata ed unilaterale ho gli Imperi centrali guidati dall’ Austria.

Fino a quel momento però i soldati dei due eserciti si erano affrontati sui campi di battaglia con enormi perdite umane da ambo le parti e migliaia di soldati fatti prigionieri ed internati in Siberia quelli Austro ungarici e deportati nei campi dell’ impero Austriaco quelli Russi.

Nei villaggi austriaci erano rimasti solo le donne, i vecchi ed i bambini a portare avanti l’ economia agricola con il lavoro nei campi, tutti gli uomini giovani e validi infatti erano stati inviati sui vari fronti della guerra che stava divorando l’ Europa mietendo milioni di morti.

Così le Autorità militari austriache decisero di mandare in aiuto alla gente dei campi dei prigionieri di guerra Russi da affiancare alle famigli più bisognose per dare loro un aiuto nei lavori agricoli.

Anche nel piccolo Comune del sud Tirolo di Preghena arrivarono dei prigionieri Russi, erano giovanotti dall’ indole buona tutti figli della immensa steppa Russa costellata di villaggi dalle povere isbe, gente umile e povera abituati al duro lavoro nei campi.

Questi ragazzi vomitati dal destino e degli eventi della guerra nel piccolo borgo di Preghena erano ospiti delle famiglie alle quali erano stati assegnati ed erano comandati e controllati da un piccolo distaccamenti della gendarmeria austriaca che aveva sede nell’ edificio di proprietà del signor Bruno Sparapani, vicino alla sede attuale della famiglia cooperativa di Preghena, proprio sotto i “ ponti “ dove c’ erano anche le celle del carcere del quale oggi rimangono visibili le robuste inferriate.

Erano dei ragazzoni biondi figli del nobile popolo Russo, fedeli servitori dello zar Nicola secondo scaraventati loro malgrado nella più grande bufera che il mondo non avesse mai visto : la Grande guerra.

Fatti prigionieri nel fronte della Galizia, in una delle tante feroci battaglie che videro sacrificate al Dio della guerra migliaia di giovani vite, si potevano definire fortunati per aver avuto salva la loro ed essere stati destinati nel paesino di Preghena, luogo tranquillo lontanissimo dagli orrori della guerra ma anche dalla loro amata terra di Russia.

Fù così anche per Ivan, così chiameremo il giovane prigioniero Russo destinato alla famiglia di Maninfior Serafino che era stato chiamato a combattere per Francesco Giuseppe d’ Asburgo imperatore d’ Austria e di Ungheria, che aveva dovuto lasciare la moglie Agata da sola a portare avanti la masseria agricola e la stalla con il bestiame.

Anche questa come tutte le altre guerre passate aveva pesantemente inciso sull’ economia agraria ed industriale delle nazioni in lotta, aumentando in tutte il disagio economico ed alimentare, tutto era razionato e sottoposto all’ obbligo del contributo al sostentamento della poserosa macchina da guerra imperiale che divorava l’ intera economia della nazione oltre a tante giovani vite sacrificate sull’ altare dei nazionalismi e delle rivendicazioni espansionistiche territoriali ed economiche.

La miseria accomunava tutti i popoli belligeranti in eguale misura, senza distinzioni ideologiche , di appartenenza o di ceto sociale; tutti in Europa soffrivano di fame e di privazioni di ogni genere, nelle campagne ci si poteva considerare dei fortunati in quanto erano disponibili i prodotti della terra e della zootecnia che permettevano alle famiglie rurali di sopravvivere.

Anche per il prigioniero Ivan erano tempi duri, lui nel pieno del vigore giovanile non era mai sazio, così un giorno decise di andare a raccogliere nel campo vicino all’ abitazione che lo ospitava, delle patate per potersi sfamare, approfittando di una pausa nell’ attività agricola si avventurò nel campo di patate dove cresceva anche un grande gelso le cui foglie servivano come cibo per i bachi da seta un attività molto fiorente in zona in quel periodo.

In quei giorni era tornato per una licenza di riposo il signor Maninfior Serafino titolare dell’ azienda agricola dove lavorava Ivan, il quale notato che il ragazzo si era introdotto nel campo per prendere delle patate imbracciò il fucile Stayer che era il fucile in dotazione ai sodati austriaci, mise il colpo in canna, prese la mira e sparò al giovane uccidendolo sul colpo.

Il povero Ivan,colpevole solo di cercare un rimedio alla fame sottraendo alcune patate, cadde supino fucilato senza alcun processo ed in modo del tutto arbitrario dal signor Maninfior Serafino il quale ritenne giusto ed equo punirlo per quel piccolo furto con il massimo della pena previsto dai codici penali civili e militari : la morte.

Nonostante si fosse macchiato di un grave delitto, il signor Serafino non venne mai perseguito dalla legge austriaca in quanto combattente dell’ Imperiale regio esercito di sua maestà Francesco Giuseppe d’ Austria ed Ungheria, così il caso venne archiviato come un incidente considerato il fatto che il morto era un prigioniero Russo deportato in un remoto borgo del Impero, per di più sorpreso a rubare e quindi punito.

Fu facile così insabbiare l’ evento complice la guerra che tende a massificare i reati e le responsabilità dei popoli e dei singoli individui, il fatto stesso che a morire sia stato un prigioniero di guerra Russo sulla cui fine si poteva tranquillamente dare una qualsiasi spiegazione e nessuno mai avrebbe chiesto spiegazioni o rivendicato giustizia.

Nemmeno negli archivi della parroccia di Preghena si trova menzione di questo episodio, poi l’ Austria uscì sconfitta dalla guerra e dovette abbandonare il Sud Tirolo che divenne una regione del Regno d’ Italia che i vincitori chiamarono Trentino Alto Adige.

Anche la memoria storica della gente del posto dimenticò o volle rimuovere questo poco edificante e tragico episodio, ma ci sono forze occulte ai nostri occhi che non scordano.

Così fu per la giustizia delle Istituzioni umane, ma in questa triste storia il destino volle aggiungere una sua tragica appendice, quasi a voler rivendicare il diritto ad una giustizia superiore che esula sempre dalle nostre previsioni e dalla nostra volontà, come se rendesse conto ed una superiore volontà di giustizia estrema.

 

La guerra finì ed il signor Maninfior Serafino poté far ritorno a casa dalla moglie Agata che aveva sposato il 2 agosto 1911, che lo aspettava e dalla quale ebbe poi un figlio che chiamò Serafino come lui.

La vita sembrava aver ripreso il suo normale corso, era cambiata la bandiera, le leggi erano quelle dei vincitori come pure la moneta non era più la corona austriaca ma era stata sostituita con la lira italiana con l’ effigie di re Vittorio Emanuele di Savoia e per un certo periodo di tempo non si parlò più del prigioniero Ivan e della sua tragica fine.

 

Lo Zar Nicola ll e la famiglia Romanov

 

 

Un giorno di tardo autunno del 1919 il signor Serafino si recò nel campo di sua proprietà, lo stesso sito che anni prima aveva visto la tragica morte per sua mano di Ivan il prigioniero Russo, dove cresceva rigoglioso il grande gelso che doveva essere potato dai rami secchi e curato dai parassiti. L’ uomo salì sulla pianta mediante una scala fino a raggiungere la chioma dell’ albero, quindi proseguì arrampicando liberamente tra i grossi rami per raggiungere e tagliare quelli secchi.

Ad un tratto perse l’ appiglio e cadde rovinosamente sbattendo tra i rami e poi cadendo pesantemente sul terreno già gelato dal freddo della notte e rimase a terre urlando per il dolore, incapace di muoversi e chiedendo a gran voce aiuto, così mi venne descritta la scena da un testimone oculare presente al fatto il signor Luigi Gentilini di Preghena.

Non so cosa possa essere passato per la mente del signor Serafino in quei momenti… forse avrà rivisto il corpo esanime del povero Ivan steso a terra come era lui in quel momento, o forse si sarà anche lui appellato al Dio della misericordia e del perdono … chissà.

La brutta caduta aveva provocato all’ uomo una serie di gravi lesioni al corpo tra cui la frattura della colonna vertebrale che gli aveva provocato la totale paralisi degli arti inferiori come descrive con dovizia di particolari il Parroco che aveva in cura la parrocchia di Preghena a quel tempo che così racconta questo episodio:

 

Dal registro dei morti della Parrocchia di Preghena

Volume ll° Pagina 140

21 febbraio 1920 ore 14,00 moriva

Maninfior Serafino

Fu Antonio e fu Adelaide Preghenella

Ammogliato con Agata Maninfior.

Di professione contadino

Per caduta accidentale da un gelso, si ruppe la spina dorsale; dopo lunga sofferenza, ricevuti i SS. Sacramenti,

morì e fu sepolto il 23 del mese.

Causa della morte: mielite traumatica degli arti inferiori e decubito.

Era nato il 31 maggio 1866.

Aveva celebrato il matrimonio il 02 agosto 1911.

Quando morì aveva cinquantatre anni.”

 

Il Parroco di quel tempo definì accidentale la morte del signor Serafino e certamente di incidente agricolo si trattò, ma la fervida fantasia popolare trovò ed accostò a questo episodio molte analogie riferita alla tragica fine del prigioniero Russo Ivan ucciso dalla stessa mano di quell’ uomo che ora, a sua volta giaceva inerte sulla nuda terra.

Come per le favole che contengono sempre una morale, così il popolo di allora volle attribuire alla tragica fine di Serafino Maninfior il senso di una forma mitologica di vendetta e di giustizia.

Trascorsi venti anni dalla Grande guerra che fece milioni di morti e sconvolse la geografia politica dell’ Europa, un secondo ed ancor più sanguinoso conflitto insanguinò i popoli del vecchio continente, nuove alleanze, nuovi e sanguinari regimi sconvolsero nuovamente i popoli : era la seconda guerra mondiale.

Anche l’ Italia partecipò al conflitto schierandosi questa volta con la Germania di Hitler e dichiarando guerra al resto d’ Europa Russia compresa.

Il figlio omonimo di Serafino Maninfior venne arruolato nei reparti alpini italiani destinati al fronte Russo e nel 1941 anche lui mandato a combattere lo stesso nemico che aveva combattuto suo padre sotto la bandiera austriaca, lui invece fu mandato a combatterli con la bandiera italiana.

Fu rovesciato nella sterminata steppa dalle parti del fiume Don, tra quelle isbe rimaste povere da dove proveniva il sodato Ivan e da quella terra il figlio di Serafino non fece più ritorno, anche lui travolto dall’ immane tragedia della guerra, che chiede ai popoli il loro tributo di sangue, dove vivere o morire è una mera questione di destino. Ho recuperato sul web lo stato di servizio militare di Mninfior Serafino in terra di Russia che recita così:

 

COGNOME Maninfior

NOME Serafino

PATERNTA di Serafino

DATA DI NASCITA 19 febbraio 1920

LUOGO DI NASCITA Preghena Livo

PROFESSIONE Contadino

STATO DI SERVIZIO

GRADO ARR. Soldato

PROMOZIONE Caporalmaggiore

ARMA Fanteria

REPARTO 126° Reggimento fanteria Div. Firenze

ARMA Fanteria

REPARTO 41° Compagni cannoni controcarro da 47/32 Divisione Firenze

ARMA

Alpini

8° Reggimento alpini Divisione Julia

ARMA

Alpini

41° Compagnia cannoni controcarro da 47/32 Divisione Julia

ESPERIENZA BELLICA

TEATRO DI GUERRA

Fronte occidentale, Territorio metropolitano, Fronte greco – albanese, Balcani ( Grecia Albania ) Fronte orientale.

PRIGIONIA

Prigioniero dei russi nei combattimenti sostenuti sul fronte orientale e trasportato nel campo n° 56 di Uciostoje Russia ( 21 gennaio 1943 ? ) e fino alla morte.

MORTE

Morto durante la prigionia nel campo n° 56 di Uciostoje in data sconosciuta.

DECORAZIONI

Croce al merito di guerra.

 

 

 

Nella piazzetta antistante alla chiesa parrocchiale di Preghena nell’angolo posto a nord dell’ edificio sacro è stato edificato a cura dell’ Amministrazione dell’ uso civico di quella frazione ora facente parte integrante del Comune di Livo, un monumento a ricordo dei caduti di tutte le guerre. Ogni nome una storia incisa nella pietra per ricordarci il valore inestimabile della pace.