La gelateria " Alpina " di Malé

 

Finiti i Vespri, verso le ore 15, tutte le domeniche di estate, arrivava davanti alla chiesa di Varollo, il furgoncino della Gelateria alpina che aveva il laboratorio e la rivendita a Male’ capoluogo della val di Sole ad una decina di chilometri da Livo.

Si metteva in un angolo della piazzetta, apriva il portellone laterale del furgone che era adibito a rivendita ed iniziava la distribuzione dei gelati. Noi, ragazzini e ragazzine, avevamo conservato con cura le cinque o dieci lire per il gelato domenicale e ci si avvicinava a piccoli crocchi, al furgone, esibendo il soldino per avere un cono di gelato al gusto preferito, o a gusti misti, dipendeva da quante palline si era in grado di acquistare. Inizialmente, le dosi venivano distribuite con una paletta di metallo molto simile ed un calza scarpe, che veniva messa nell’ acqua calda perché il gelato si staccasse facilmente, poi , le dosi furono più perfette con l’ avvento dello strumento che produceva le classiche palline.

E poi lì, tutti seduti sui muretti che circondano la chiesa, a leccare di gusto il freddo gelato e fare i nostri bravi commenti sul sapore preferito di ognuno di noi.

A me piaceva e piace tutt’ ora, il gusto di cioccolato, ad altri il limone o il pistacchio o la fragola… Erano dieci lire , spese bene, che ti dissetavano e ti rinfrescavano, si mangiava tutto, fino all’ ultimo pezzetto di cono, poi ci si sciacquava le mani alla fontana e si era pronti per un nuovo gioco.

A volte, c’ era qualche bambino o bambina che non aveva il denaro per il gelato, allora, le donne dell’ Azione cattolica, in modo particolare la Violetta, tirava fuori dalla borsetta il portamonete e pagava lei il gelato, era l’ unica azione che ci piaceva dell’ azione cattolica… Il più delle volte, il furgone dei gelati faceva tappa sul piazzale di casa mia, parcheggiava all’ ombra dei grandi ciliegi, ed era l’ occasione per fare il bis approfittando della bontà di mia nonna che lo comprava per se e ne comprava uno anche a me e mio fratello. Uscivano tutti dalle porte, con un bicchiere di vetro, che veniva riempito di buon gelato con poche lire, c’ era mia madre, la Lisa, la Paola, la Carletta, la Luciana dai grandi seni, il Claudio, mia zia Lina i miei cuginetti Roberto, Sandro e Lino, poi venivano altre persone delle case vicine, veniva la Rita il Ferruccio, il Luciano la Nicolina, la Sabina con Arnaldo e Guido, mia zia Delfina con Alfio e Diego e il piazzale di casa diventava un centro sociale, dove la gente conversava del più e del meno e dei fatti accaduti nella settimana appena scorsa.