IL TELEFONO DA CAMPO DELLA WEHRMACHT.

IL “ FELDFERNSPRECHEN 33

 

Come ricorre più volte in questo scritto, si era nel periodo appena successivo alla fine della seconda guerra mondiale, nelle case era rimasta una notevole quantità di residuati bellici lasciati dai soldati del Fuhrer nella loro tragica ritirata del 1945 per tornare nella loro Patria e trovarla demolita dai bombardamenti degli Alleati ed invasa ad est dalle truppe dell’ Armata rossa ed ad ovest dagli stessi alleati. Durante la ritirata le i soldati tedeschi ripercorrevano la stessa strada statale 42 che avevano percorso i loro camerati della prima guerra mondiale, nel 1918, sconfitti pure loro.

Un esercito in fuga ha un solo ed unico obbiettivo, quello di tornare in patria al più presto con il minor danno possibile, quindi prevaleva tra quelle truppe soltanto l’ istinto di conservazione e nulla di più, considerato anche che tutto il resto era perso. Succedeva allora che i soldati abbandonassero nel loro passaggio tutto quello che non era strettamente indispensabile alla loro sicurezza e che era solo di ingombro e di ostacolo perché la ritirata fosse il più possibile rapida ed indolore. All’ altezza dell’ muraglione che sorregge la statale in località Zura la colonna si fermò per liberarsi del rimorchio di un camion carico di gassogeno, che era della legna da ardere tagliata corta che serviva per produrre gas per alimentare i motori dei camion considerato che la benzina era ormai introvabile per l’ esercito tedesco. Il rimorchio venne fatto accostare al ciglio della strada dove il muro è alto una decina di metri, poi con un camion venne spinto fuori strada fino a farlo cadere nel nostro terreno coltivato a vigneto. Il pesante rimorchio precipitò nel vuoto, rimbalzò due o tre volte, perdendo il suo carico di legna, fino a fino a finire nel fitto bosco di acacie sopra il torrente Noce, che delimitava la parte coltivata da quella incolta.

Altre cose vennero abbandonate lungo la strada della ritirata, si narra anche di cose si valore come oro ed opere d’ arte trafugate durante la campagna d’ Italia, si racconta anche di persone che si sono arricchite con questi tesori che hanno loro cambiato la vita e da poveri che erano si sono ritrovati ricchi sfondati proprio come nelle favole.

A noi però non rimase che la legna da raccogliere sparsa per tutto il vigneto, qualche attrezzo da meccanico, molto ferro che venne recuperato facendolo a pezzi con la fiamma ossidrica del buon Mario Conter che era idraulico ed aveva pure lui un vigneto poco distante dal nostro.

L’ unico oggetto di un certo valore più che altro storico che venne recuperato in quella occasione, ma non sono a conoscenza del luogo del ritrovamento, è stato un telefono da campo della wehrmacht che vado a descrivere : era una scatola nera di metallo delle dimensioni di cm. 30 x 20 x 15, con il coperchio montato su delle cerniere che si chiudeva con una chiusura a scatto e si apriva premendo la levetta che fungeva da serratura.

All’ interno del coperchio, dove era stato ricavato il vano per la cornetta anche essa rigorosamente nera come erano tutti i telefoni di quel tempo, c’ era una targhetta con elencato l’ alfabeto fonetico tedesco ad esempio per definire la lettera H bisognava pronunciare la parola Hitler.

Al suo interno c’ era la cornetta collegata all’ apparecchio, dei cavi con dei puntali ed una manovella. La manovella andava inserita in un foro all’ esterno dell’ telefono e serviva per azionare e far funzionare una piccola dinamo che produceva l’ energia elettrica necessaria per farlo funzionare, e che producesse energia elettrica lo si poteva testare premendo un pulsantino bianco che azionava un campanello elettrico. Era un gioiello di tecnologia al servizio della guerra e serviva, collegato con un cavo ad un apparecchi gemello, per tenere i collegamenti telefonici tra una postazione e l’ altra ad esempio tra delle batterie di cannoni per la direzione del tiro.

Per anni, durante le vacanze estive, veniva d noi la mia cuginetta e coetanea Giuliana di Cles e restava da noi l’ intera estate, dormiva assieme alla nonna nella stanza dove ora dorme Widad.

Con lei abbiamo molto giocato per i prati e nel vicino bosco assieme agli altri ragazzini del paese ed a mio fratello Paolo.

E’ stata proprio lei verso Natale 2013 . a ricordarmi il telefono da campo, perché era una mia particolare passione quella di scendere con lei nel “ vot “ dove c’ erano gli attrezzi agricoli e il banco da falegname di mio padre con attorno appesi tutti gli attrezzi per lavorare il legno.

Stavamo per ore a giocare con il telefono da campo tedesco, con la mia cuginetta che telefonava alle sue amichette e ci voleva un bel po’ di tempo prima che il telefono si liberasse per poterci giovare. Abbiamo ripercorso con il ricordo quei tempi lontani più di mezzo secolo ed abbiamo concordato che erano stati veramente dei tempi memorabili dove all’ infanzia non veniva rubato nulla, dove il gioco era creatività e fantasia, quando per divertirsi bastava poco, quando si era ancora troppo acerbi come le bacche nel bosco per pensare ad altri giochi che avremmo imparato poi negli anni a venire, quando i sogni ed i desideri passavano per la cornetta di un telefono da campo tedesco per restare chiusi in quella scatola nera.

A liberare quei sogni da troppo tempo rinchiusi in quella scatola, ci pensai alcuni anni dopo, quando la fantasia si mescolò alla mia insaziabile sete di conoscenza, di voler vedere come sono fatte le cose dentro, con una curiosità ed una voglia insaziabili di svelare nuovi misteri alla ricerca sempre più dettagliata della conoscenza.

Fu così che un po’ alla volta smontai pezzo per pezzo il telefono da campo, con la stessa passione ed ansia con la quale si spoglia una donna per la prima volta, e così tra una sorpresa e l’ altra potei appurare in prima persona cosa c’ era dentro un telefono da campo tedesco, c’ era il campanello con la bobina, i componenti per la trasmissione della voce, ed il sistema di alimentazione autonomo composto da una bella dinamo con il magnete rosso con impresso l’ aquila tedesca che porta una svastica tra le zampe, questa è l’ unica cosa che ancora conservo del apparecchio telefonico tedesco della seconda guerra mondiale.

 

Nella foto in alto : la mia cara cugina Giuliana ( con la treccia ed il suo eterno sorriso ) ed io al suo fianco, in basso il fratellino Aldo assieme ad una sua amichetta.