Il coro

 

 

Padre Costanzo, era il nostro insegnante di musica era una talento della cultura musicale, suonava vari strumenti tra cui l’ organo e il pianoforte. Aveva da poco fondato il coro polifonico maschile Castel Campo che tutt’ ora è attivo e vanta un bel repertorio di musiche popolari e di montagna. In previsione della feste del vicino Natale, con i suoi riti liturgici e la sua atmosfera di festa, per abbellire con il canto le cerimonie religiose, tra i fratini vennero scelte le voci che poi avrebbero formato il coro. Il metodo di selezione era molto semplice, a tutti veniva fatta cantare la scala musicale da un punto basso della tonalità, fino a salire a dove più di arrivava in alto, in case a questo , venivano scelte le voci ed attribuito un loro ruolo all’ interno del coro, bassi, contralti, tenori, soprani. Naturalmente, uno che per natura era stonato, non aveva nessuna possibilità di far parte del coro, le regole erano rigide e non si voleva perdere tempo con delle campane rotte. Ad ogni voce veniva insegnata, in modo autonomo e soprattutto isolato da altre voci, la propria parte musicale, la si doveva imparare bene, senza dubbi o indecisioni, quando dopo una quindicina di giorni tutti sapevano bene la loro parte musicale, ci mettevano insieme ed il coro, come per incanto, era pronto a cantare a quattro voci le melodie natalizie. Alla S. Messa di Natale, la chiesetta del convento era gremita di gente dei vicini paesi che venivano a messa dei frati, perché era una messa “ diversa “ nell’ atmosfera arcana e sobria del convento, con il suo fascino austero ed il clima di grande semplicità e povertà che si respirava in ogni suo angolo. La gente entrava imbaccuccata dai neri mantelli, da cappotti e giacche che a guardarli ti davano immediatamente il senso della loro appartenenza sociale, c’ erano delle vecchiette che con i loro abiti scuri e lunghi fino alle caviglie e con la veletta ed il fazzoletto sui capelli, sembravano mia nonna. Allora si era in un periodo “ conciliare “ era infatti in corso il concilio vaticano secondo, che con le sue decisione e scelte doveva ammodernare la Chiesa cattolica ed adeguarla ai tempi che mutavano e che proponevano ed imponevano scelte e soprattutto modi diversi, più moderni e più vicini al popolo e a una società in continua e rapida evoluzione. Credo che allora le messe fossero ancora recitate in latino con il celebrante ancora che dava le spalle al popolo. La S. Messa di Natale era così allietata dai canti del coro a quattro voci dei fratini del collegio del convento dei frati di Campolomaso, alla fine della liturgia del S. Natale, i frati offrivano ai fedeli che vi avevano partecipato, un bicchiere di vino brulè assieme a dei dolci tipici del periodo natalizio. Direi che era una grande emozione seguire questa liturgia con il bel canto polifonico di un coro di adolescenti, era anche un bel colpo d’ occhio vederci cantare, disposti a semicerchio, tutti vestiti con la tunica da futuri frati e tutti con il libro dei canti in mano, bisogna dire anche, senza falsa modestia, che si cantava in modo che a me pareva addirittura divino…