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La bottega del calzolaio

 

Al piano terra dell’edificio scolastico dove frequentavano i bambini di Scanna e di Varollo, sull’angolo a ovest, proprio dove c’era la scala di accesso alle aule scolastiche, c’era una piccola stanzetta alla quale si accedeva direttamente dalla strada principale che era stata affittata dal Comune a dei calzolai dell zona.

Ai miei tempi quando una cosa si rompeva, si riparava anche più volte prima di decidersi a buttarla, cosi si facevano per le camicie, i pantaloni gli ombrelli , le pentole ed anche con le scarpe. Tutto allora si aggiustava, anche i piccoli dissidi famigliari che insorgevano tra moglie e marito e che quasi sempre degeneravano in litigi anche violenti, dove a farne le spese erano la moglie e le stoviglie ed il giorno dopo si potevano notare le donne con i lividi ed il marito che andava a comprare nuove stoviglie al negozio. La causa di tutto si può riassumere in una sola parola: miseria.

I calzolai che lavoravano nella bottega sotto la nostra scuola erano due fratelli che si chiamavano Guglielmo e Giuseppe Carotta, in un primo momento ci lavorava il signor Giuseppe poi alla sua morte il fratello si trasferì in quella bottega che era più comoda e più vicina al centro del paese.

Già quando entravi dalla porta del corridoio dove a due passi sulla sinistra c’ era la porta di accesso al locale, ti veniva incontro quel odore classico del bostik di quella colla che usavano allora i calzolai, a me quel odore piaceva perché era un odore deciso, intenso ed era uno di quelli che poi ti ricorderai per sempre e che ti portano alla mente quei giorni spensierati dell’ infanzia e della giovinezza. Poi si arrivava dopo due passi, davanti alla porta di ingresso della bottega che era a metà corridoio sulla sinistra e dovevi salire di un gradino, poi come aprivi la porta, di colpo l’ odore si faceva più intenso, quasi insopportabile, non ho mai capito come facessero a lavorare tante ore avvolti da quell’ odore così forte, forse ci si erano abituati…

Il ciabattino stava seduto su una piccola sedia in legno vicino all’ unica finestra dello stanzino, sopra la sua testa era appesa una lampada elettrica con un paralume rotondo di metallo smaltato di bianco, la lampada poteva essere abbassata o alzata con un sistema di carruccole e di contrappesi. La finestra che dava all’ esterno guardava verso la strada principale e verso la val di Sole.

Alle pareti c’ erano degli scaffali di legno dove erano allineate la scarpe rotte da una parte e quello riparate e pronte alla consegna da un'altra.

In mezzo c’ era il banco con gli attrezzi da calzolaio, spaghi, colle, borchie di rame, chiodini di varie misure.

C’ erano poi una serie di sagome di piedi in ferro di misure diverse che si andavano ad innestare su un supporto sempre in ferro e servivano a ribadire i chiedi all’ interno della scarpa.

C’ era poi una macchina da cucire la pelle più morbida mentre per cucire il cuoio si usava uno strumento molto simile ad un grosso ago ricurvo con il manico in legno che si chiama Subla.

In una gabbietta appesa in un angolo c’ era un uccellino, credo che fosse un canarino, che teneva compagnia al buon Beppi durante le ore di lavoro nella bottega e con il suo cinguettare rendeva meno monotona la giornata, Giuseppe era un uomo di statura medio bassa, era un bravo calzolaio ma era anche molto apprezzato per il compito che svolgeva in ambito ecclesiastico, era infatti l’ organista della chiesa, era perciò molto amico di mio padre che era direttore del coro parrocchiale di Livo.

Ricordo poi anche in quella bottega il signor Guglielmo Carotta che era padre di due miei compagni di scuola, Silvano e Ilario, era un uomo magro e leggermente gobbo per il tanto lavoro a per una malattia ai polmoni per la quale venne ricoverato credo nel sanatorio di Arco. Ricordo che quando eravamo chierichetti insieme ad Ilario, don Giuseppe Calliari chiedeva spesso informazioni al ragazzo sullo stato di salute del padre. Guglielmo era sposato con Stanchina Augusta di Livo, una signora simpatica e sempre allegra che vive ancora nella sua casa di Livo ed è prossima a festeggiare i 100 anni. Guglielmo morì molto giovane credo negli anni 70 – 80.

 

Bruno Agosti

 

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