VALERIO THALER L' ULTIMO SOLDATO DI LEVA

 

 

Valerio Thaler

 

L’ ultima recluta alpina di Livo

 

di

 

Bruno Agosti

 

 

 

Tra i pochi amici che ho in questo paese, mi piace annoverare anche Valerio Thaler, un mio ex collega di lavoro, fresatore CNC presso la Dalmec di Cles.

Valerio mi è stato simpatico fin da subito, per il suo carattere buono, schietto e , soprattutto, per il suo particolare interesse alla storia contemporanea militare e no. Inoltre è una persona dotata di un suo spiccato senso del dovere, leale e consapevole dell’ importanza nella vita dei valori della patria, della famiglia e del lavoro.

Cacciatore esperto e rigoroso nel rispetto delle regole, amante della natura bella e generosa dei nostri boschi e dei nostri monti, osservatore attento e fedele di ogni piccolo mutamento della vita e della società, cultore di una visione giovanile diversa dalla attuale massa, tesa ad una forma di divertimento senza regole, che privilegia il consumismo e l’ abuso di alcool e di altre forme effimere di svago: questo è Valerio.

Consideriamo ora però le sue origini: il nonno paterno si chiamava Martino e proveniva da “Proves” un paesino del vicino Alto Adige – Sud Tirolo ( Proveis in lingua tedesca ), soldato della Wehrmacht nel secondo conflitto mondiale, una cultura nordica teutonica, dalla quale sicuramente hanno poi attinto i figli e i nipoti, come lo stesso Valerio.

 

Quello che però mi ha colpito e che mi piace narrare in questo mio racconto è la storia militare di Valerio, che risulta essere l’ ultimo soldato di leva del nostro Paese.

Coerente con i valori ed i principi sopra descritti, di questo stato Valerio ne è sempre andato fiero, e quanta vita di caserma mi ha narrato, nei momenti di pausa durante il lavoro o quando ci si presentava l’ occasione di fare quattro chiacchiere insieme.

Nonostante la notevole differenza di età che ci separava, ho sempre notato in Valerio un particolare interesse per la storia in generale ed in modo particolare per la vicenda bellica della Seconda Guerra Mondiale. Restava in silenzio, affascinato, nel sentire raccontare degli episodi accaduti nei vari fronti di battaglia, senza mai, però, cadere nell’ estremismo che porta poi dritto al razzismo, preso dalla grande storia che, da sempre, è destino, croce e delizia di tutti i popoli della terra.

 

E con questo spirito, Valerio Thaler, nato il 20 aprile 1983, il 22 maggio 2002, dopo aver ricevuto la cartolina di precetto alla leva militare ed essere stato sottoposto alla visita di idoneità al servizio , con tutto l’ entusiasmo, la freschezza e la spensieratezza dei suoi 20 anni, partì da Preghena di Livo per arruolarsi alle truppe alpine, presso la caserma del 18° R.A.R “ EDOLO “ di Merano – BZ. dove partecipò al CAR ( corso addestramento reclute ). Alpino, perché in queste zone montane, infatti alla nascita di ogni figlio maschio la prima cosa che gli si fa indossare non è il pannolino, bensì il cappello alpino dalla inconfondibile penna nera.

Così fu anche per la recluta alpina Thaler Valerio, che di buon mattino si presentò, tutto spaesato , con i suoi grandi occhi azzurri di bambino diventato di colpo adulto e con tanta emozione nel cuore, alla porta carraia della caserma, fedele servitore della Patria che lo chiamava a compiere un servizio particolare come la difesa del territorio nazionale, obbligo ritenuto sacro da tutti e verso il quale si sono inchinati anche i potenti della Terra, davanti a questi ragazzi, capaci di morire, per servire la patria , giusta o ingiusta, che essa fosse.

 

Così Valerio, appena entrato in caserma gli fu data l’ uniforme, l’ equipaggiamento alpino, il fucile mitragliatore Berretta mod. SC 70 / 90 e venne arruolato come soldato semplice.

Cominciò così la sua vita di soldato dell’ Esercito Italiano, con gli addestramenti, le marce, le nuove amicizie, il rispetto delle regole e degli ordini.

 

Voglio qui aprire una parentesi, per evidenziare l’ importanza che ebbe nelle istituzioni italiane , la recluta militare di leva. Non voglio entrare nel discorso ideologico ed economico che hanno determinato di fatto la fine della leva militare, ma mi limiterò a far osservare i benefici sociali, medici e culturali che la leva militare ha costituito e determinato per generazioni di giovani italiani. Intanto la leva cominciava con la chiamata alle armi di tutti i giovani italiani, idonei ( abili ) o no ( riformati ), ed iniziava con una visita medica di massa, dove il giovane, spesso per la prima volta, veniva sottoposto ad una visita medica completa ed approfondita. Gli venivano esaminati gli organi più importanti, come cuore, polmoni fegato , reni e , non meno importanti, gli organi riproduttivi . Queste visite, che stabilivano poi se uno era idoneo o meno al servizio militare, erano svolte con professionalità e meticolosità, senza alcun motivo discriminatorio.

I benefici che questo sistema aveva dato negli anni, si sono visti quando ha smesso di funzionare, con la fine della leva obbligatoria e l’ avvento della leva volontaria. Da quel momento si è visto nei giovani un progressivo degrado nei comportamenti, nell’ impegno sociale, nell’ abbigliamento e nel modo di indossarlo, nel rapporto con l’ altro sesso divenuto strumentale e volgare, nell’ mantenimento degli impegni e della parola data: insomma un degrado costante e continuo di quei valori che avevano reso possibile delle scelte coerenti, nella società come nella famiglia, dove un impegno preso era sacro ed inviolabile, come ad esempio il matrimonio, che ora sembra essere diventato un test senza alcun valore, dove le vere vittime sono i figli, sballottati dai giudici che debbono stabilire con una legge chi dei due genitori li ami di più… e si potrebbe continuare all’ infinito, ma mi basta pensare a come si comportavano i giovani clienti del pub Gatto Nero, che io ho avuto la disgrazia di dover conoscere e di dover convivere per circa tre anni. Questi erano branco di gente senza regole e senza palle, capaci di fare storia negativa solo quando erano in tanti, ubriachi ed arroganti, con una strafottenza grezza ed idiota, che si cagavano addosso quando erano sorpresi da soli a delinquere, ed allora erano pronti ad implorare pietà…

Non parliamo poi dell’ abbigliamento, Adesso i ragazzi sembrano degli straccioni, con i calzoni a brandelli abbassati fino a mostrare il culo.

E li vediamo ora, alcuni di questi baldi giovani dei nostri paesi, incapaci di prendere anche le più piccole decisioni, capaci solo di sparare cazzate e volgarità sulle pagine virtuali di Facebook.

 

Anche Valerio condivide queste mie opinioni, forse in modo ancora più netto e rigido di come lo interpreto io, e questo suo atteggiamento serio e lontano dalla baldoria collettiva dei suoi coetanei ne ha fatto una persona matura, seria ed affidabile, anche per merito del servizio di leva prestato a 20 anni.

Il suo orgoglio ed entusiasmo per aver fatto il soldato lo si coglie in tutti gli atteggiamenti della sua vita, basta , ad esempio, iniziare un discorso sugli alpini in Afganistan, che subito gli si illuminano gli occhi e la mente corre verso qui ricordi di quando era in caserma, ripensa ai commilitoni, agli scherzi anche pesanti del nonnismo, a quel suo commilitone morto in un incidente stradale, ai campi , alle marce, alle esercitazioni… tutto sembra tornare a quei giorni, spensierati dei vent’ anni, quando ci si sente immortali, e per questa Patria si è disposti a sacrifici indicibili e disumani, come gli alpini in Russia o i Fanti in Africa e sugli altri fronti di guerra, dove furono chiamati a combattere e a morire in nome di una bandiera e di un’idea, e poi ripagati , spesso, con una croce sopra una zolla di terra neppure loro. Chi ha avuto, invece, la fortuna di tornare, è stato ripagato da una croce di ferro attaccata ad un pezzo di carta, e nessuno di loro ha mai detto ai propri Comandanti che era troppo buio per andare a morire, ed a nessun loro Capitano un superiore ha mai dovuto pronunciare una frase che ha coperto di vergogna tutta Italia:

TORNI A BORDO, CAZZO !!! “

 

Valerio conserva gelosamente, come fossero delle reliquie, tutti i documenti personali e le foto riguardanti la sua vita militare, dalla chiamata alle armi, al congedo. Conserva persino i biglietti del treno, ed è per lui un motivo di grande orgoglio e prestigio mostrare i suoi cimeli a chi ne è interessato.

Una delle più grandi soddisfazioni personali, Valerio l’ ha ottenuta quando è stato promosso al grado di caporale, il giorno 27. 08. 2002, svolgendo questo incarico con senso di responsabilità ed affidabilità, come recita il documento ufficiale.

Il 19 marzo 2003, Valerio lascia la caserma per l’ ultima volta, con nella spallina della camicia il foglio di congedo: il grande portone si chiude alle sue spalle, Valerio ha servito con onore la sua Patria, ora può tornare a casa dove mamma Anna e papà Giuseppe, che lo attendono orgogliosi.

Era entrato in quella caserma ragazzino, ne usciva già uomo maturo, con un bagaglio di esperienze della vita vissuta all’ interno dell’ organizzazione ferrea della disciplina militare dell’ esercito. Aveva imparato il rispetto delle regole, della parola data, dei compagni d’ arme, portava fuori da quella caserma un bagaglio di esperienze che gli sarebbero poi servite nella vita di tutti i giorni, nella famiglia, nella società e sul lavoro.

Allora, si diceva, con superficialità, che il tempo passato in una caserma a fare il soldato era un tempo perso, quasi buttato al vento, ma a mio parere, invece, anche e soprattutto guardando al comportamento, allo stile di vita all’ impegno sociale e famigliare, doti queste qualificanti in un uomo, una certa evidente ed indiscutibile differenza tra chi ha fatto la Naja e chi invece no, la si vede lontano un chilometro.

Ed ampiamente baciata dalla Dea bendate, oltre che dalle frecce di Cupido, può dirsi la donna che il destino mette vicino a questi figli d’ Italia, perché sarà trattata con lealtà e dolcezza, avrà sempre la dignità ed il rispetto che si deve alla propria donna e sarà onorata ed amata in eterno.

 

Il tuo amico

 

Bruno.

 

 

Livo, 15. 04. 2012