Il lago di S. Giustina

 

 

Una delle maggiori attrazioni di noi ragazzini delle scuole dei grandi di quarta e quinta elementare, era il vicino lago di santa Giustina.

Voglio qui tracciare una breve storia del lago artificiale di santa Giustina, è un bacino artificiale per la produzione di energia elettrica sfruttando la potenza dell’ acqua mediante condutture forzate.

Il progetto risale al periodo antecedente la seconda guerra mondiale ma venne momentaneamente accantonato per via della guerra che si mangiava tutto il bilancio dello stato e non disponeva di risorse per il proseguimento dei lavori di costruzione della diga di contenimento delle acque del futuro lago.

Dopo la guerre i lavori ripresero con energia e slancio e la diga solidamente piantata tra due spalle di roccia alte 150 metri crebbe a vista d’ occhio ed il primo invaso del lago ebbe luogo nel 1951.

Il bacino artificiale detenne per anni il primato europeo della diga più alta, venne poi superato di pochi metri da una diga in Svizzera, l’ invaso contiene a pieno regime 200 milioni di metri cubi di acqua e le turbine situate nel comune di Taio generano 1000 mega watt ora. Il lago viene alimentato dall’ acqua del fiume Noce e dei torrenti Barnes, Pescara, Novella e rio san Romedio, questi sfociano nel lago da anse molto simili ai fiordi norvegesi che prima erano il naturale letto dove scorsero per millenni.

Il lago era un’ attrazione per tutti noi , l’ attrazione ancestrale dell’ acqua che è sinonimo di vita di benessere di giochi e di avventure.

Io ho imparato a pescare da mio padre che era un ottimo pescatore di frodo perché non si poteva permettere il lusso di pagare la licenza di pesca.

Andavamo a pescare alla foce del Barnes che a dire il vero allora era una discarica a cielo aperto dove vi galleggiavano oggetti di ogni tipo ed animali morti in decomposizione, non era un gran bel posto ma si potevano pescare trote, scardole e pesci sole che abboccavano tutti abbondantemente.

Con i miei cugini ci recavamo spesso anche a Zura in un posto dove non c’erano le rocce e la spiaggia scendeva dolce verso il lago, anche qui si pescava di frodo scardole ed altri tipi di pesce.

Come canna da pesca usavamo dei rami di nocciolo che tagliavamo poco prima nel vicino bosco, ci legavamo alcuni metri di lenza con all’ estremità l’ amo ed il galleggiante ricavato da un tappo di sughero di una damigiana e verniciato di rosso sulla parte superiore per poterlo vedere bene. Ci sedevamo ed accendevamo un piccolo fuoco che dava maggior stimolo alla fantasia ed allo spirito di avventura, alle volte portavamo un po’ di sale da casa e cuocevamo dei pesci alla brace magari con delle patate rubate in qualche campo vicino… ci sembrava di essere i protagonisti dei libri di avventure che leggevamo a scuola come Pom Sawer e Robinson Crosue.

Una cosa mi pare giusto annotare raccontando la storia del lago e le avventure sulle sue rive, non ricordo che si sia mai annegato nessuno accidentalmente negli anni di quando eravamo ragazzini e neppure dopo, ad esclusione dei numerosi suicidi.