L' sass de le strie

 

 

( Il sasso delle Streghe )

 

 

 

 

L’ sass dele strie

 

Il sasso delle streghe

 

 

Se trovi il tempo e la voglia di provare una nuova piccola emozione e vuoi arricchire il bagaglio della tua conoscenza, ti invito a prendere la stradina che trovi a destra , salendo dopo il bivio di Scanna , dove a salutarti ed a ricordarti l’ effimero del mondo, e l’ eterna attualità del suo messaggio, trovi un grande Cristo crocifisso .

Puoi percorrere , allora la strada interpoderale che porta al bosco di Somargien , dopo poche centinaia di metri , la strada asfaltata finisce assieme alle piante di melo , per passare bruscamente al bosco di abeti e larici con un fitto sottobosco .

Ti invito a lasciare l’automobile alla piazzola di sosta asfaltata , per goderti il fresco del bosco ed il canto degli uccelli che ti accoglie improvviso come per volerti dare il benvenuto , e ti accompagnerà per gran parte del tuo viaggio fino a quando non sarai sceso abbastanza al punto in cui il fragore del torrente Pescara non prenderà il sopravento …

Ad un certo punto la strada si fa più stretta e scende come un ripido canalone , a quel punto sei arrivato ad un bivio con una strada che prosegue dritta , ed un'altra che svolta a destra di 180 gradi e prosegue nella stessa direzione del torrente che scende verso valle, è quella che devi percorrere.

Ancora pochi minuti di cammino , e ti troverai presso una piccola radura dove davanti a sinistra vedi un prato e sulla tua destra una traccia di stradina che sale ripida per poi morire nel bosco : sei arrivato ! Proprio lì sopra a destra troverai “ L’ sass delle strie “ .

 

E’ un masso di notevoli dimensioni , probabilmente un masso erratico, dalle fattezze strane : sulla sua superficie piatta sono impresse le forme di scarpe e di tacchi di varie forme e misure e disposte in ordine sparso come il risultato di una frenetica danza su un pavimento di argilla che poi si è rassodato al sole .

Qui entra in gioco di prepotenza la fantasia popolare delle nostre popolazioni del medioevo che vollero attribuire queste impronte di scarpe alla danza notturna delle Streghe.

Facciamo così un salto indietro di cinque secoli , quando all' interno della Chiesa cattolica cominciarono delle contestazioni sull' operato del clero e sul modo di arricchimento chiedendo denaro ai fedeli in cambio di un futuro posto in Paradiso. Molte comunità del nord Europa iniziarono a ribellarsi e a contestare questo metodo truffaldino di arricchrsi, naquero così le Chiese protestanti  come la Luterana, la Valdese e gruppi radicali come i Catari francesi. La Chiesa di Roma considerò tutto questo un eresia ed iniziò a perseguitare ed a scomunicare tutti coloro che aderivano a questi movimenti protestanti. Il popolo venne ossessionato dal terrore del demonio che veniva considerato la fonte e l' ispirazione del protestantesimo che aveva come fine ultimo la scissione della Chiesa e la sua fine. L' ossessione del demonio fomentata dalla mancanza della cultura popolare fece rapidamente presa  tra la gente che cercò le cause di tuttto ciò che non riusciva a spiegarsi nell' azione del diavolo che si serviva delle donne meno colte e più deboli di carattere per esercitare ogni sorta di malefici arrecando danni  alle persone, agli animali ed influenzando il tempo ed i raccolti, emula della primitiva Eva che aveva imbrogliato  Adamo nel paradiso terrestre, tacciandola di essere serva del diavolo quindi strega e eretica.    Per porre rimedio a questo stato di cose la Chiesa Romana istitui la " Santa inquisizione " ossia la caccia alle streghe che obbligava il popolo a partecipare alla caccia alle streghe, pena la scomunica. Il bersaglio principale della lotta che la Chiesa cattolica fece alla stregoneria fu sin dal principio la donna, in quanto ritenuta la responsabile principale della cacciata dal paradiso terrestre per aver disobbedito al Creatore ed aver indotto l’ uomo a mangiare la mela proibita che le fu offerta dal demonio sotto forma di serpente e quindi da sempre considerata in conbutta con il diavolo il quale dava loro il potere di esercitare dei malefici verso altre persone, animali o cose che poi erano ricompensate dai Sabba che erano delle vere e proprie orge erotiche che si tenevano sui monti Roen, Tonale , Rosengarten, ecc. , dove salivano in massa a cavallo di una scopa dove ad aspettarle c' erano idemoni di varie forme e dimensioni tutti al loro servizio.   Si diceva che le streghe tenessero in casa un “ Follet “ che era una forma di demone che le soddisfava sessualmente  .C' è aanche da annotare che in tutte le altre religioni politeiste c’ erano tra un nugolo di Dei che vegliavano sull’ uomo e sullee sue arti e mestieri una notevole percentuale di Dei femmine ( Diana, Venere, Minerva, Vesta ecc. ) che avevano pari dignità ed importanza degli Dei maschi, mentre il Dio dei cristiani ra maschio anche nella forma delle Trinità ed alla donna era severamente vietata la partecipazione attiva a qualsiasi forma di rito religioso tanto che dovevano recarsi in chiesa con il velo che le copriva il volto, erano separate dai maschi e dopo ogni parto erano obbligate ad un periodo di purificazione durante il quale non potevano entrare in chiesa, erano considerate esseri infariori al servizio del maschio.

L' OSSESSIONE DEL DEMONIO

 Vennero così tacciate di stregoneria delle povere donne, delle derelitte analfabete, che davanti all' inquisitore ed ai testi popolari non avevano nessuna difesa e venivano applicate le torture atroci prescritte dal manuale Malleus maleficarum ed erano obbligate a confessare tutto quello che le veniva suggerito dall' inquisitore e quindi venivano condotte al rogo. Da ciò si evince che la stregoneria nulla aveva in comune con le antiche civiltà egizie, greche e romane che consideravasno i loro Dei ed il loro potere in modo diverso da come la Chiesa cattolica romana monoteista considerava il suo Dio, un Dio che si basava sullle paure del peccato e sul terrore della punizione finale dell' inferno, di qui l' invenzione degli angeli buoni e degli angeli ribelli e cattivi come i demoni il cui scopo era di impossessarsi delle anime per portarle alla perdizione eterna in cambio di agevolazioni e piaceri terreni. Nella letteratura nordica invece si trovano tracce di una cultura forse ancora risalente ai primordi dell' umanità o addirittura con origini ancestrali , un intruglio di leggende e di personaggi strani abitanti delle grandi foreste di millenni or sono, ( Elfi, Coboldi, ecc. ) tramandati da primitive forme religiose o  dalle tradizioni popolari e dalle continue emigrazioni di popoli dalle diverse culture e credenze che con lo stesso spirito medioevale si ffidavano ad esoterici personaggi a volte buoni o a volte cattivi per propiziarsi dei favori o degli scongiuri e per giustificare tutto ciò che la loro esigua cultura non riusciva a spiegare in modo scientifico ed obbiettivo. Tali forme di credenza popolare si possono riscontrare anche oggi nelle popolazioni meno colte e tradizionaliste con effetti a volte devastanti .

Accusare una persona di stregoneria era anche  il modo più semplice ed impumito di vendicarsi di torti subiti o di liberarsi di una scomoda vicina accusandola di strgoneria. La Gadenta di Bresimo venne accusata di aver reso impotente un marito lanciandogli un sasso tra le gambe e pur negando il fatto anche sotto tortura, venne egualmente condannata al rogo ma morì in carcere prima dell' esecuzione per le torture subite.

Don Luigi Conter , racconta così nel suo libro Fatti storici di Livo , il processo a delle donne accusate di stregoneria , tenutosi nella casa della” Fredaglia “ a Varollo

( ora casa ITEA ) , conclusosi con l’ assoluzione di una donna e la condanna della Gadenta da parte degli inquisitori venuti da Coredo .

al processo delle streghe tenuto nella casa della Fredaglia di Varollo il 19 marzo 1612 :

il famoso Gabriele Barbi di Coredo si era recato nel Mezzalone per assumere informazioni e poi processare certe persone sospette di stregoneria che erano di Bresimo, di Preghena,e di Cis. Era il giorno 19 marzo 1612 , quando fra gli altri testimoni comparvero due testimoni di Bresimo , Giacomo Floriano e Antonio Fabbri. Giacomo Floriano testificò di avere udito che la Gadenta vedova di Calovetto e suo figlio Paolo erano stregoni ; le prove poi erano le seguenti :la Gadenta veva fatto morire secco e distrutto un bimbo , figlio di Giovanni Antonio del maso di Preghena con maleficio ; la stessa Gadenta aveva dato un pane di segala alle moglie ammalata del teste, la quale ben presto moriva secca e distrutta. Altri stregoni erano Leonardo e sua madre Anna. La moglie Anna di Manfrè e suo fratello simone R. erano sospetti di stregoneria ,poiché essendosi bastonata una gatta subito apparve una donna ammalata e precisamente Giacoma moglie del Peder, la quale doveva essere nella gatta, quantunque questa Giacoma non fosse stata in voce di strega. Altra strega doveva essere anche Anna moglie di Manfrè , la quale faceva correre i sorci su per la segosta , cioè la catena del focolare. Ne meno strabilianti erano le prove del secondo teste Fabbri contro la Gadenta. Questa aveva con un maleficio fatto perdere il latte alle mucche di Giacomo Fabbri, il quale adirato percosse tanto le vacche quanto le secchie del latte ed ecco apparire la Gadenta colla faccia sanguinosa in causa delle ferite prodotte dalle legnate. La medesima Gadenta si era seduta accanto ad un bambino ed il bambino diventò tosto pazzo furioso, ma fu presto liberato dal maleficio col fargli mangiare un pane.

Che ne dite voi che leggete questa pagina ? Non vi pare di assistere ad un convegno di sognatori, a cui sta per dar di volta il cervello ? “

 

IL FOLLET NELLA FANTASIA POPOLARE

 

 

Pubblico qui di seguito un estratto dell’ interrogatorio della Gadenta di Bresimo

 

La prima vittima è la Gadenta di Bresimo: il verbale incomincia la sua prosa coll’invocazione della santissima Trinità e colla data 13 dicembre.

 

Nella stuba inferiori domus clarissimi domini commissari la povera vecchia viene esorcizzata: tre volte le si porge il calice di acqua benedetta colla formola sacramentale: In nomine Patris, Filii e Spiritui Sancti per istum potum aquae benedictae dissolvatur in te omnis virtus demoniaca! Le si chiede se voglia fare altre difese; risponde: «Signor non, che non voglio far’altre diffese. Iddio le faccia per mi!»

 

Il giudice — Quibus dictis et acceptis pro fischo proficuis — considerando che la figura della accusata è più simile a quello d’una scimmia che a quello di creatura umana (!!) s’induce alle interrogazioni di rito e all’ammonizione a parlare, al che la vecchia risponde:

 

Non so che dir altro di quello che ha detto, mi no voi nar a dir’et questa o quell’autm quel che no sai, ne ho mai creduto che ge siano strie!

 

Si ripete l’invito a riconoscere la colpa di fattura d’impotenza matrimoniale contro Antonio Florian, il quale per un sasso da lei gettato nel giorno delle nozze ecc. ecc. non era stato capace di consumare il matrimonio. Risponde: Quel che ho detto, ho detto, ne ho mai tirato preda alcuna.

 

Quibus dictis et acceptis il Commissario ordina torqueri in pollicibus! Sotto le pene della tortura la povera donna mantiene le negative:

 

«No ho mai tirato sasso alcuno. Jesus, Jesus, Jesus».

 

» No ho mai sentu che ge sia streghe a Bresimo».

 

«Non fui mai stria nè sarai mai nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo».

 

Queste risposte fra sospiri e invocazioni di Cristo e della Trinità si ripetono per tre volte sempre eroicamente mantenute, ed è ammirevole tale costanza fra un tormento di più d’un quarto d’ora.

 

 

Alle sue negative il giudice: decrevit illam ponendam ad tormentam sea potius probationem vigiliae, proetermissis guibusdam aliis tormentis: in dictam malierem — constituta videtar et robusta obstinata — mandavit eam poni saper scano ibidem preparato, manibus post terga ligatis et recommendatis ad stangam superius perfixam et taliter ut vigilare debeat at volens dormire tormentum sentiat et eo vigilet, mandando eam ipsam propriis pannis spoliari et aliis ibidem preparatis indui et ita iustis de causis ligaretur, hortata fait et monita veritatem dicere. Essa mantiene le negative: Volè che diga quel che no sai — risponde stizzita — ne so che dir’altro di quello ch’ho detto; cole che diga che son una stria se no son, ne mai nè sarò. E così si abbandona per il resto della notte e per il giorno dopo sullo scanno del supplizio.

 

E’ registrato a verbale — il dì seguente — che è lasciata libera quel tanto di tempo necessario per accudire ai bisogni corporali. La mattina (non è ben chiaro se del lunedì 4 o del martedì 5 dicembre) la prima vittima muore. Un semplice tragico accenno:

 

Die quinta (?) in mane obiit Gadenta in carcere quam hesterna die circa duas horas noctis cum Zambono ofiiciali, ego notarius D. nostri S. D. invisi, dixit clara et intelligibili voce loquens se velle confessionem differre in crastinam ecc. ecc. fuit evocatas. N. O. Plebanus, qui cam ad eam pervenisset loquellam amiserat, nec potuit confiteri, et paulo post, at officiales retulerunt, animam efflavit.

 

 

I personaggi del dramma sono :

 

il m. r. Giovanni de Ramponi, parroco di S. Sisinio, decano foraneo delle Valli di Non e di Sole, inquisitore contro le [p. 3 modifica]sone malefiche, detto anche commissarius c. p. m. oppure semplicemente commissario:

 

il n. signor Gabriele Barbi, assessore della valle di Non e di Sole e già vicario foraneo della stessa giurisdizione e cancelliere nelle cause contro le persone malefiche:

Baldassare Arnoldo, notaio;

Zambono e Pasquino, officiali di Castel Coredo:

Matteo Caldana (Matheus Candana) viatore o avvisatore.

Nella monografia « Nonsberger Hexen-Prozesse in den Jahren 1614 e 1615 » si afferma che Lorenzo Torresani fu difensore di gran parte degli inquisiti; infatti trovai che nella prima ripresa egli intervenne (1612) (2) senza interloquire. Nel 1615, e precisamente nel maggio, il Barbi uccideva sua moglie, la nobildonna Anna Maria degli Alessandrini, gravida e, già prossima al parto, per la qual cosa fu chiusa l’inquisizione, presenziando nelle ultime, ulteriori pertrattazioni Lodovico Particella.

 

A giudicare per induzione, l’anima brutale dell' inquisizione e il Barbi, il cui carattere è poi fatalmente lumeggiato dal suo delitto. Su lui grava la maggiore responsabilità.

 

( Tratto da : “ PROCESSO ALLE STREGHE IN VAL DI NON “ di G. Bertagnolli

 

E risalendo poi per la stradina immersa nel bosco, sulla via del ritorno, ti verrà spontaneo ripensare a quei tempi lontani, Brunodove il lume della ragione era stato spento dalla distorta fantasia popolare , come adesso viene alterato dalla televisione, il cui messaggio condiziona pesantemente il nostro pensiero, ti ritornerà in mente quel Cristo crocifisso , che come una contraddizione nella storia passata ed attuale , ti rammenta di non giudicare , perché sarai giudicato , e ti invita , con una logica che da sempre è stata controcorrente,a credere in Lui, ed ad amare perfino i tuoi nemici …

Che abbia ancora ragione Lui ?

Bruno Agosti

 

IL SASSO DELLE STREGHE DELLO SCILLAR
 
La leggenda narra di un giovane conte della Val Pusteria che aveva per moglie una bellissima ragazza.
Inutile dire che ne era geloso: quasi alla follia.
Un giorno decise così di condurla in una valle sconosciuta fra le Dolomiti, per chiuderla in una torre costruita su un’alta roccia.
Le mise accanto una nutrice malefica, si dice fosse una strega. Questa la trattava male e, quando il conte fece ritorno da un viaggio, gli disse che la sua sposa aveva parlato con uomini “forestieri”.
L’ira e il livore si impossessarono del conte, tanto che perse il lume della ragione. E buttò la moglie in un burrone, sotto gli occhi quasi felici della nutrice malvagia.
Poco dopo si rese conto di ciò che aveva commesso e, preso dalla disperazione, andò a cercarla con il suo cavallo.
Percorse il San Pellegrino, il Duran… Nessuna traccia della fanciulla: la malefica strega l’aveva fatta sparire, aiutata dagli amici stregoni dei boschi.Allora il conte, disperato, vendette tutto pur di trovarla: anche il suo cavallo.
Trovò un contadino che gli offrì un lavoro come pastore di pecore.
Ma era un’anima in pena, camminò per ore fino alla casa di un falegname.
Bussò e vi entrò: strano l’uomo, strana la casa. Era piena di libri impolverati: «L’unico lavoro che posso darti è quello prenderti cura di un orso legato a una grossa catena e di un cavallo. Lo farai finché non ti ubbidiranno».
La cosa sembrava assai singolare al povero conte, ma acconsentì, nonostante la casa fosse piena di rumori sinistri.
L’orso aveva fauci e unghie enormi e non si faceva addomesticare.
Un giorno, però, il falegname partì, lasciando un mazzo di chiavi. Gli proibì di usarne una: quella che apriva la stanza segreta. «Se entrerai, morirai. E non troverai più tua moglie».
Ma il conte non resistette: aprì la porta al tramonto e si accorse che i trucioli del legno che produceva il falegname erano diventati topi.
Con coraggio li bruciò e si materializzò davanti lo stesso falegname, il quale raccontò che era rimasto vittima di un incantesimo di una strega, nascosta sotto le vesti di una nutrice innamorata del conte.
Raccontò poi che due stregoni presero la ragazza dal burrone e la portarono via. Un anziano se ne accorse e venne trasformato a sua volta in un famelico orso.
Il falegname entrò quindi nella stanza segreta, prese un libro impolverato e una spada: «Ecco, ti serviranno».
Il conte pianse a lungo, rifocillò il cavallo e se ne andò a salvare la moglie. Lesse attentamente il libro e cavalcò fino al Pian da Lus: lì avrebbe trovato la sua sposa, prigioniera di uno stregone. Combatté a lungo ed ebbe la meglio.
I due sposi si unirono di nuovo. E andarono a vivere al castello di Andraz.
La strega malefica? Il conte voleva ucciderla, ma la grazia della giovane fanciulla glielo impedì.
Così fu cacciata lassù nel Sass de Stria: il Sasso della Strega, nella zona del Lagazuoi.
Da secoli non si fa vedere: si mimetizza fra le rocce, ma a volte il vento porta l’eco delle sue urla nella valle, soprattuto durante i temporali estivi.
La leggenda più conosciuta,come si può scoprire sul pannello informativo - racconta anche che, una sera d'estate, il parroco di Fiè allo Sciliar si sarebbe riposato nei pressi del Sasso delle Streghe. Quel parroco aveva deciso di combattere il popolo delle streghe. Con il suo zelo è così riuscito a evitare molte sventure. Con le preghiere e il suono tempestivo delle campane è riuscito a scongiurare i forti temporali generati dalle streghe.
Si dice che il parroco, che voleva solo riposarsi un po' nel soffice muschio del Sasso delle Streghe, si fosse profondamente addormentato. Solo al giungere della notte fonda e al rintocco della mezzanotte dal campanile di Fiè si svegliò dal sonno. Così avvenne che dovette assistere agli incontri delle streghe che facevano un rumore assordante eseguendo danze selvagge accanto al Sasso delle Streghe. Quando una delle streghe scoprì il parroco, lo attaccarono e maltrattarono fino a ridurlo in fin di vita. Si dice che la mattina dopo il parroco sia stato trovato graffiato, malconcio e con gli abiti strappati. Per questo motivo ancora oggi si dice che "la zona del Sasso delle Streghe non sia un posto sicuro".