La centrale elettrica

 

Prendo spunto da un grave infortunio sul lavoro accaduto all’ inizio dei lavori per la costruzione del nuovo e più moderno plesso scolastico che doveva ospitare gli alunni di Livo, Varollo e Scanna, del quale erano in corso i lavori preliminari di bonifica del sito.

Nel prato in località “ gaggià “ che era stato acquisito dal comune per l’ imminente opera pubblica, passava la linea elettrica aerea della media tensione che alimentava il trasformatore di corrente posto nei pressi della CAM ( Consorzio Agricoltori Mezzalone ) di Scanna che serviva poi gli abitati di Varollo con la tensione a 220 Volt e Scanna invece con 120 Volt.

Per poter iniziare i lavori di costruzione delle nuove scuole si era reso necessario effettuare una deviazione della linea elettrica con la deviazione della condotta elettrica e la conseguente eliminazione di alcuni pali di sostegno in legno .

Incaricato del lavoro era un operaio addetto alla manutenzione della linea elettrica di proprietà dell’ Ingegner Gius in società con altri che forniva elettricità al comune di Livo.

L’ operaio che si chiamava Alessandri Livio ( Soler ) si era accordato con i responsabili della centrale che per una determinata ora del mattino dalla centrale sarebbe stata sospesa l’ erogazione di energia per consentirgli di lavorare in tutta sicurezza.

All’ ora stabilita il signor Alessandri calzò le staffe si mise la borsa degli attrezzi a tracolla e salì sul palo di legno per tagliare i fili e predisporre la deviazione che avrebbe by passato la zona di lavoro.

Arrivato sul palo l’ uomo sicuro che la linea non fosse in tensione, iniziò il suo lavoro ma appena toccò con una trancia un filo fu colpito da una violenta scarica di corrente che lo tramortì rimase lì attaccato al filo mentre il braccio continuava a fare arco e bruciare. Fu dado immediatamente l’ allarme e dalla centrale venne sospesa l’erogazione, arrivarono i colleghi e l’ ingegner Gius che salì sul palo imbragò il ferito e lo portò a terra.

In quell’incidente il signor Alessandri perse il braccio ustionato dalla corrente, ma nonostante questa grave menomazione continuò a lavorare da fabbro e meccanico con una forza di volontà degne dei grandi uomini di quel tempo, seppe rimediare alla sua grave menomazione con un ingegno ed una creatività degni del grande Leonardo da Vinci, seppe mantenere se e la sua famiglia in modo autonomo e con la dignità di un grande uomo che aveva fondato tutta la sua vita sulla forza insostituibile dell’amore ed attaccamento al lavoro che rende liberi ed autonomi e sa superare ogni ostacolo che la vita ci mette davanti.

La centrale elettrica che produceva l’ energia necessaria al fabbisogno dei comuni di Livo, Cis r Bresimo era situata sul torrente Barnes in località Molini. Dal torrente attingeva l’ acqua necessaria e il suo funzionamento mediante una condotta forzata che alimentava i generatori. Da scolari con il maestro Ernesto Fauri, si andava a visitarla almeno una volta all’ anno ed era uno spettacolo affascinante il vedere le grosse turbine che ruotavano veloci e gli strumenti che segnalavano la tensione in uscita e l’ amperaggio prodotto.

Un vero delitto averla abbandonata in quel modo senza guardare minimamente al futuro incantati dalle sirene dell’ ENEL che prometteva a tutti energia a basso costo ed in quantità illimitata per quel tempo.

Così quando il signor Pancheri Giuseppe proprietario di una segheria a Preghena chiese ed ottenne di diventare cliente dell’ ENEL, l’ Ente pubblico fu ben felice di rompere il monopolio della piccola centrale dell’ ingegner Gius ed entrare trionfante come maggior offerente che garantiva energia senza soluzione di continuità ed a prezzo più popolare. Fu così che la piccola centrale non ebbe più ragione di esistere e venne ben presto dismessa ed abbandonata. Un vero peccato, ma soprattutto questo fatto denota la scarsa o nulla lungimiranza degli Amministratori di quel tempo che non hanno capito l’ importanza dell’ energia polita e dell’ autofinanziamento che ne poteva derivare per l’ Ente pubblico se solo la centrale fosse stata rilevata dal Comune o da una società collegata, con una piccola spesa di ammodernamento e potenziamento si avrebbe avuto l’ energia elettrica a basso costo con notevole beneficio per le casse comunali. Mi ricordo quando l’ ingegner Gius passava per le case a leggere i contatori con un grande libro sottobraccio e dopo poco tempo tornava con la bolletta a riscuotere il denaro in base al consumo di ogni utente. Noi abitanti di Scanno aravamo servita con la corrente a 120 volt perché altrimenti la potenza della centrale non sarebbe bastata per tutti e questo fino all’ avvento dell’ ENEL nei primi anni ’70 che diede a tutti gli utenti di Livo la tensione a 220 volt.

Che fascino quei pali di legno, che non ce n’era uno dritto, con quelle pipe di maiolica bianca che noi ragazzini ci si giovava a bersaglio con la fionda, e quei cavi tutti contorti e pieni di giunture che ogni tanto qualcuno si rompeva e cadeva al suolo tra enormi scintille e schiocchi come una grande frusta. Allora le norme di sicurezza erano agli albori e nonostante il cartello posto alla base dei pali con la scritta “ chi tocca i fili muore “ con annessa bandiera dei pirati, noi ragazzini si faceva comunque a gara nel salire sui pali fino a quando non si sentiva il ronzio della corrente, per appagare fino in fondo lo spirito di trasgressione ed il gusto del proibito, per poterlo poi vantare davanti ai compagni e mostrare le ginocchia ridotto ad una piaga sanguinante dalla quale con un dito si era preso l’ inchiesto indelebile del proprio sangue per segnare sul palo il punto massimo di dove si era riusciti a salire.

Solo chi ha vissuto quei giorni riuscirà a capirmi…

Un giorno di marzo di quest’ anno 2014, sono tornato alla vecchia centrale dei molini sul torrente Barnes e con grande sorpresa ed emozione ho scoperto che ci sono ancora depositate vicino al fabbricato alcuni pezzi delle tubature della condotta forzata che ho provveduto a fotografare. Il fabbricato che ospitava la centrale è ancora in buono stato e non sembra abbandonata e senza un proprietario, ora è circondata da meleti che la avvolgono in una dimensione diversa da quella che ricordo quando ce la facevano visitare con la scuola a scopo didattico, a nord dell’ edificio, molto vicino alla torre di distribuzione da dove partivano i cavi che trasportavano la corrente elettrica, ora c’è alto e maestoso un palo di cemento dell’ ENEL che con la sua spietata concorrenza ha segnato la fine della vecchia centrale.

Molto più a valle, in località Pongel proprio al lato opposto dove c’ era il prato di mia proprietà e del quale tanto ho parlato in questo libro, c’è una seconda centralina elettrica privata con una piccola partecipazione pubblica, è una centralina costruita negli anni ’80 di bassa potenza che immette la tensione prodotta direttamente nelle linee dell’ ENEL.

Una mia personale convinzione è che tutte questa miriade di centraline sui torrenti non risolvano da sole il problema del fabbisogno collettivo di energia elettrica ma sia solo un pagliattivo “verde” ed ecologista, con al rovescio della medaglia il prosciugamento di lunghi tratti dei torrenti e la conseguente loro forestazione con il pericolo di esondazioni in caso di piogge abbondanti come abbiamo notato in questi tempi a causa del mutare del clima dovuto all’ innalzamento della temperatura terrestre.

 

Bruno Agosti