I resti dell' antico ponte romano sull' torrente Pescara tra Livo e Cagnò demolito negli anni '80
 
 

 

Il sentiero del Gian molinar

 

E poi lasci la strada statale SS 42, lasci il traffico rumoroso che echeggia tra le forre profonde del torrente Pescara là proprio dove le sue acque che hanno percorso fragorose il lungo tragitto che dalle natie Maddalene le ha portate fino a trovare una meritata pausa di riposo nelle acque tranquille e profonde del lago di Santa Giustina; lì, se vuoi, puoi assaporare un angolo di pace e di tranquillità che solo il bosco profondo e quasi selvaggio ti può regalare con un percorso all’ interno del suo grande cuore , formato da alberi di conifere che si elevano al cielo maestosi in cerca di luce e sotto un fittissimo sottobosco di piante di ogni tipo e di verdeggiante erba che cresce rigogliosa nel bosco ricco di vitale acqua.

Il sentiero del Gian Molinar inizia proprio in quel punto preciso e si tuffa nel fitto bosco tagliandolo come una spada con un comodo e dolce discendere tra i suoni, gli odori ed i colori che il bosco ti dona lungo tutto il percorso che dura all’ incirca 15 minuti e che poi sbocca come in tutte le favole che si rispettano, in una verde radura dove sorge nascosta tra fitti abeti una bella e comoda baita in legno.

Dalla casetta nel bosco per arrivare ai ruderi del vecchio mulino del Gian molinar il passo è breve, basta scendere verso il torrente e seguire il suo percorso verso valle per un centinaio di metri e si arriva nel fittissimo sottobosco alle rovine del vecchio mulino.

Arrivati qui si può trovare la logica spiegazione dell’ utilità del sentiero che serviva al Gian molinar per il trasporto della farina verso i luoghi abitati per la sua consegna alla gente che gli aveva dato il grano da macinare.

Originariamente il sentiero aveva una deviazione a metà del suo percorso attuale, ben visibile tutt’ ora, che scendeva verso il ponte romano che attraversava la forra del torrente Pescara e portava verso la terza sponda di Anaunia, era un ponte ad arco romano bello da vedere, aveva superato indenne tutte le avversità e le calamità del tempo fin dall’ impero romano ai moderni anni ‘ 70 per finire la sua grande e nobile storia demolito da questa civiltà meccanizzata ha cercato inutilmente di ostacolare con la sua presenza l’ avanzare di questo assurdo ed inutile progresso pagando il tributo a questa “ civiltà “ affamata di false illusioni e di una discutibile forma di progresso.

Da sottolineare che tutte quelle Istituzioni che tanto a parole difendevano il nostro patrimoni culturale ed artistico, impedendo magari l’ apertura di una indispensabile nuova finestra nei centri storici, nulla hanno fatto per impedire questo vergognoso scempio di un autentica opera d’ arte e di ingegneria dell’ uomo. Tristezza ed amarezza che provo ancora oggi quando ci penso…

Meglio infilarsi di nuovo nel fitto ed amico bosco e lentamente arrivare al vecchio mulino, tra le “videzze” ed i “noselari”, tra “ovene e rubini” le felci di un verde intenso, tra piante ormai morta schiantate sul terreno ormai stabile alloggio di formiche ed altri piccoli insetti, per arrivare dopo pochi minuti di ricerca al vecchio mulini ormai preda di guerra del bosco e dei suoi abitanti.

Lo trovi quasi all’ improvviso e subito ti stupisci dell’ imponenza di quei ruderi fatti di sola pietra tagliata e costruita a secco senza nessun tipo di malta legante, è una muratura che racconta come doveva essere originariamente il mulino, con nella parte interrata il cuore del movimenti idraulico fatto di ruote dai diversi diametri e direzioni di marcia regolati da un sistema di chiese che controllavano l’ acqua nel volume e nella direzione di marcia per dare il movimento e la vita alle macine ed agli altri strumenti che servivano a far funzionare l’ intera operazione di macina.

Sopra ci dovevano essere altri due piani dell’ edificio, si notano infatti nei muri portanti i fori simmetrici delle imposte che portavano una robusta travatura in legno che formava i piani superiori, uno dei quali adibito ad abitazione del mugnaio e della sua famiglia.

Il mulino era stato ideato e costruito a pochi metri dal torrente ma a proteggerlo a valle dalla forza del torrente nei periodi di piena ci sono dei grossi massi che nessuna piena del torrente avrebbe potuto smuovere dando così certezza e sicurezza all’ edificio. Guardando dall’ obbiettivo della fotocamera, mi è sembrato per un attimo di immaginare come doveva essere bello il vecchio mulino nel pieno del suo vigore giovanile ed ho provato un misto di ammirazione e di nostalgia per quei tempi quando il tempo aveva un ritmo più lento, quando le stagioni dell’ anno e della vita avevano un sapore di attesa misto alla meraviglia per il loro passare scandito da una vita tranquilla e legata strettamente ad un comune destino di sopravvivenza reciproca e solidale. Mi avvicino con Rodolfo al più imponente dei massi dove sotto romba minaccioso il Pescara formando un ansa con l’ acqua che ruota in un gorgo profondo attorno al masso formando un profondo “boion”, cadere lì significherebbe essere trascinati via in un attimo guardiamo affascinati per un attimo, ma poi prevale il buon senso e torniamo verso il mulino.

Questi edifici dovevano essere numerati in modo progressivo forse a partire dalle origino del torrente lassù nei nostri monti, infatti su una pietra posta alla basa di un muro portante posto a nord del mulino si può vedere ancora ben conservato dal tempo un numero leggermente intagliato in una pietra e dipinto di un colore rosso ruggine il numero identificativo di quel manufatto: il numero 32.

Facciamo il viaggio di ritorno lungo i resti in muratura di quello che era il canale di alimentazione del mulino che gli portava la preziosa acqua che alimentava il movimento dell’ intera fase della macinazione del grano, si vede ancora molto distintamente il percorso del canale che poi si perde nuovamente nel fitto bosco mentre noi proseguiamo lungo il sentiero che ci riporta alla radura ed alla baita nel bosco.

A pochi metri dalla casetta, ancora nel fitto bosco, con un po’ di attenzione si può scorgere alla base di due grossi abeti cresciuti gemelli, una piccola Madonnina che sembra spuntare dal muschi verde intenso che sta alla base degli abeti sopra un grosso masso che le fa da base.

Rodolfo aveva sognato una Madonnina posta tra due abeti ed ha voluto dare vita a quel sogno ed alla sua fede verso Maria.