Questo racconto è risultato secondo classificato al concorso NUOVE PAROLE sezione narrativa di Vermiglio –TN. Tema del concorso “ Una spina nel cuore “ .

Desidero dedicare questo riconoscimento alla memoria di mio padre che è stato il mio maestro di vita con la sua saggezza, la sua onestà e la sua straordinaria bontà.

Dalle pagine del suo diario di guerra, dalle quali ho tratto il racconto, ricavo degli spunti e degli insegnamenti di vita tutt’ oggi ancora attuali.

Sei andato via troppo presto, papà, e non sai quanto mi manchi ! ti voglio bene …

 

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Il soldato John

 

MOTIVAZIONE DELLA GIURIA

 

Il racconto di Bruno Agosti adeguatamente curato nella forma e nel contenuto aderente al tema proposto, mette in evidenza un aspetto delle guerre tenuto forse più nascosto di quanto invece un accurata indagine sui fatti accaduti nei vari conflitti probabilmente rivelerebbe:

legami di amicizia nati tra soldati di nazioni opposte che mettono in risalto l’ insensatezza dei conflitti spesso orditi dai potenti e subiti dalle masse. Se poi come in questo scritto, i soldati coinvolti appartengono a tre nazionalità differenti, l’ aspetto assurdo della guerra si fa quasi caricaturale mentre leggiamo di soldati tedeschi che assistono stupiti al commosso commiato di un prigioniero inglese fino a quel momento nelle mani di soldati italiani.

 

05 agosto 2015 La Giuria

 

 

IL SOLDATO JOHN

 

La calma era scesa sul fronte nel deserto Libico tenuto dai fanti della Divisione Brescia, una calma quasi irreale dopo giorni di violentissimo scambi di artiglieria tra le forze italiane e quelle inglesi. I cannoni dalle canne arroventate dal fuoco e dal sole del deserto erano a riposo fino ad un nuovo scontro imprevedibile ma sicuro, era solo questione di tempo o bastava che le vedette dessero l’ allarme per l’ avvicinamento di carri o di truppe nemiche che lo scontro si riaccendeva improvviso e devastante.

Anche al pezzo da 75 mm. controcarro dove era stato destinato mio padre, tutti gli artiglieri si riposavano e prendevano fiato dopo gli intensi combattimenti dei giorni precedenti e ne approfittavano per radersi e dare una riassettare alle divise che il Ghibli aveva contribuito a riempire di sottile sabbia del deserto e le poche cose in dotazione. Alla fine di ogni bombardamento regnava tra i reparti in armi un silenzio quasi surreale quasi sacro, si assaporava con intensità il gusto della vita che continuava anche nell’ inferno della guerra in quel deserto torrido che arroventava le canne dei cannoni, bruciava la pelle e provocava una sete insaziabile, aspettando il prossimo scambio di colpi di artiglieria con gli inglesi.

In quei preziosi momenti di tregua i soldati ne approfittavano per scrivere a casa o per rileggere l’ ultima lettera arrivata dall’ Italia, mio padre aggiornava il suo piccolo diario con la sua bella e minuscola scrittura in modo tale da occupare tutto lo spazio disponibile nell’ agendina che si era portato da casa.

Era anche il momento, raccontava mio padre, di quando ai soldati ritornava struggente la nostalgia di casa, della famiglia, dei prati verdi di erba bagnata di rugiada, dei campi con le messi mature che ondeggiavano al sole, il ricordo della mamma, della famiglia, della morosa… mentre erano costretti dalla guerra in un paese inospitale, solo sabbia e vento e l’ acqua razionata e che puzzava di petrolio. Stanchi dalla fatica, dallo stress dei bombardamenti e da molte notti insonni, i soldati si accucciavano nelle buche scavate a protezione dalle schegge delle granate e si addormentavano.

Il sogno ricorrente di mio padre era quello delle fresche sorgenti della val di Campo e della malga Binaggia: sognava di poter bere quella fresca acqua dei nostri monti a volontà, senza alcun razionamento e quell’ acqua che sgorgava dalle sorgenti tra il verde dei pascoli punteggiati di fiori lo dissetava e gli sembrava di essere tornato tra le sue montagne. Improvviso ed inatteso arrivò l’ allarme delle vedette che avevano notato con i binocoli qualcuno che si muoveva in lontananza. Immediatamente i fanti si svegliarono e corsero al pezzo predisponendolo per il tiro.

Un bandire secco di ordini e il fronte si animò di colpo con il rumore metallico degli otturatori delle armi che mettevano il colpo in canna, era un operazione ormai collaudata e tutto avveniva come una cosa automatica come in una drammatica routine.

Man mano che la cosa si avvicinava prendeva forma lentamente fino a quando si poté vedere anche ad occhio nudo che era un soldato inglese che avanzava verso le linnee italiane sventolando bene in alto un fazzoletto bianco in segno di resa. Tutti allora abbassarono le armi e tirarono un sospiro di sollievo, le armi si abbassarono e fu dichiarato il cessato allarme.

Un plotone di bersaglieri uscì rapido dalle linnee di difesa e con i mitragliatori spianati si diresse di corsa verso il soldato inglese per prenderlo in consegna.

Mio padre raccontava che l’ uomo era completamente disarmato, non aveva con se neppure un piccolo coltello e una lametta da barba ed all’ interprete disse di essere stanco della guerra, dei bombardamenti e del deserto e che preferiva darsi prigioniero al nemico anziché continuare a combattere.

Il termine tecnico per definire questo tipo di comportamento in tempo di guerra si chiama diserzione, quindi il soldato era a tutti gli effetti un disertore dell’ esercito inglese, ma a me non piace usare questo termine perciò lo chiamerò soldato John.

John venne dato in consegna agli artiglieri componenti la batteria anti carro alla quale faceva parte mio padre e fu subito feeling tra l’ inglese e gli italiani, li accomunava un sentimento: avevano tutti un profondo disprezzo per quella guerra che li aveva portati a combattersi in una terra lontana ed inospitale, tra sabbia rovente di giorno e fredda di notte, dove il Ghibli che soffiava anche per giorni aveva il potere di cambiare perfino la morfologia del territorio e quando smetteva il paesaggio era cambiato come per un potere magico e la sabbia aveva coperto tutto, i camminamenti, i cannoni ed era entrata nelle orecchie e negli occhi dei soldati.

Dopo pochi giorni nacque tra i fanti della divisione Brescia ed il soldato John una profonda simpatia, era un ragazzo come loro tanto diverso da quelli descritti dalla propaganda fascista, che non odiava gli italiani ma al contrario dopo poco tutti divennero amici, a riprova se che ne fosse ancora bisogno dell’ inutilità della guerra che altro non è che la follia collettiva di taluni condottieri isterici che vogliono saziare la loro sete di potere e di grandezza mandando a combattere ed a morire i giovani del loro popolo, dopo averli indottrinati di false ideologie di superiorità, salvo poi vederli cadere allo stesso modo e nella stessa terra…

John rimase aggregato alla batteria di mio padre per alcune settimane fino a quando non arrivò una colonna di prigionieri inglesi scortati dalla wehrmacht che lo presero in consegna per portarlo nei loro campi di concentramento per prigionieri inglesi. I fanti italiani della batteria anticarro della Divisione Brescia, salutarono piangendo “ l’ odiato nemico inglese “ che ringraziò commosso questi strani fascisti italiani sotto gli occhi increduli dei camerati tedeschi.

 

© Bruno Agosti