Il torrente Duina

 

Il Duina è un torrente che scorre a valle del convento di Campo, e va a confluire nel fiume Sarca, quello che alimenta poi il lago di Garda. Da sempre, l’ acqua è stata una grande attrazione per tutti i ragazzi, in ogni parte del mondo, forse, ricordo ancestrale dei nove mesi trascorsi nel liquido amniotico delle madri, ed anche perché l’ acqua è fonte della vita, animale e vegetale ed è, da sempre, un motivo di infiniti giochi e passatempi ed un perenne ristoro dalla calura estiva.

Così era anche per noi, giovani fraticelli, del collegio dei frati, ed appena iniziata la stagione calda, il padre rettore, con la sua inseparabile carabina ad aria compressa, Diana, ci portava a passeggio alla Duina. Prima della partenza, i frati preparavano degli zaini pieni di panini, la marmellata o la cioccolata erano confezionati a cubetti e portati a parte in un altro zaino. Si partiva, cantando delle canzoni scout allegre, qualche volta si cantava anche faccetta nera… così, incolonnati come bravi soldatini, si scendeva al Duina. Il torrente, scorreva in mezzo ad un bosco di abeti e pini, molto simile al nostri torrenti Pescara o Barnes, nel fondo valle. Quando si andava alla Duina, era sempre una festa, la fantasia di noi ragazzini, si liberava come un canto e trovava spazio nei giochi d’ acqua più disparati, dal classico bagno nel torrente, alla costruzione di una diga per formare un piccolo laghetto artificiale dove poi fare il bagno e giocare nell’ acqua. Alla fine della passeggiata, il padre rettore ci lasciava sparare con la carabina verso un bersaglio attaccato ad un abete. A metà serata, si mangiava un abbondante merenda a base di pane marmellata o cioccolata, che i frati sherpa avevano portato con loro e che distribuivano ordinatamente a tutti i fratini. Alla sera, si faceva ritorno al convento, stanchi da morire, per i giochi e le corse nel bosco, ci si fermava a bere ad ogni fontana che si incontrava, passando nei paesini del Bleggio, alla sera si cenava e poi a nanna, per un lungo sonno ristoratore ed il giorno seguente si riprendeva, con rinnovato slancio, gli studi e la scuola. Un giorno, mentre si “ esplorava “ la Duina, un gruppetto di miei compagni trovarono, nascosti tra i sassi, un centinaio di proiettili di mitragliatrice contraerea, messi lì da poco da qualcuno che se ne voleva disfare per timore delle leggi molto severe, vigenti in materia di residuati bellici. Il padre rettore informò subito i carabinieri locali i quali vennero e prelevarono i proiettili. Ci spiegarono che erano proiettili incendiari, infatti, avevano la punta di color rosso mattone, come la punta dei fiammiferi da cucina, ci dissero che appena trovato un ostacolo da perforare, come la carlinga di un aereo, subito con l’ attrito si incendiavano appiccando così il fuoco al velivolo. Grande fu per noi l’ emozione di poter toccare con mano la guerra appena conclusa e mi tornarono in mente le lezioni del buon maestro Ernesto Fauri, che ci raccomandava sempre di non toccare e non giocare con i residuati bellici.