Le " zorle "

 

( i maggiolini )

 

Non so, se i giovani d’ oggi, sappiano o meno cosa siano le “ zorle “ , ma credo, da una piccola indagine fatta, che ne ignorino perfino l’ esistenza.

E’ vero che da molti anni ormai, questi coleotteri, sono spariti dalle nostre campagne, probabilmente per i molti trattamenti antiparassitari con fitofarmaci che la moderna agricoltura impone e , forse anche, per il cambiamento di coltura avvenuto negli ultimi 40 anni.

Per ogni buon conto, questo è il maggiolino, che nel nostro dialetto chiamavamo “ ZORLE “

 

Descrizione [modifica]

Adulto [modifica]

Gli adulti dei maggiolini, lunghi 20-30 mm, sono allungati e presentano elitre colore rosso-brunastro e protorace scuro (bruno-nerastro o verdastro).
Talvolta le
elitre di alcuni esemplari sono fittamente ricoperti di scaglie bianche (varietà farinosus).
La parte terminale dell'
addome (pigidio) è tipicamente di forma triangolare, con l'apice appuntito verso la parte distale e ricurvo verso il basso.
Le
antenne sono formate da un funicolo ed un ventaglio con un numero diverso di articoli a secondo del sesso. Nei maschi il funicolo ha 3 articoli ed il ventaglio, molto allungato, ricurvo ed appiattito, 7 articoli. Nella femmina il funicolo ha 4 articoli ed il ventaglio, molto corto e quasi globoso, ha 8 articoli.

Larva [modifica]

 

 

Larve di maggiolino

Le larve, lunghe fino a 40 mm, sono a forma di "C" (larve melolontoidi), biancastre, con il capo e le zampe arancioni e la parte terminale dell'addome molto ingrossata. Vivono nella rizosfera nutrendosi di radici.

Ciclo biologico [modifica]

Il maggiolino è un insetto con ciclo poliennale in cui gli adulti sfarfallano in primavera, a maggio (da cui il nome).
Gli adulti si nutrono degli apparati aerei delle piante, specialmente le latifoglie forestali, che infestano iniziando l'attività trofica all'imbrunire.
Dopo circa 15 giorni dallo sfarfallamento si ha l'accoppiamento e l'ovideposizione che avviene nel terreno a circa 20 cm di profondità.
Le larve neonate iniziano la loro attività trofica sulle radici, specialmente quelle più tenere, anche di piante erbacee spontanee. Alla fine del 1º anno, all'avvicinarsi dell'inverno, le larve si approfondiscono nel terreno e svernano; nella primavera successiva riprendono l'attività, trascorrendo tutto il 2º anno allo stadio larvale. Nella primavera del 3º anno le larve possono:

  • riprendere l'attività, come nel secondo anno, e quindi sfarfallare alla primavera del 4º anno;

  • impuparsi e sfarfallare nel maggio del 3º anno.

Il maggiolino, pertanto, completa il suo ciclo biologico in 3 o 4 anni solari (quindi 2-3 anni effettivi).

Importanza agraria [modifica]

 

 

Maggiolino

Il maggiolino è un coleottero diffuso quasi ovunque in Italia. Estremamente polifago, in una sacca della terra di Otranto nel Salento, si è adattato a nutrirsi degli aghi più teneri dei pini.
I danni vengono provocati:

  • dagli adulti che si nutrono di foglie e possono provocare forti defogliazioni alle piante colpite nel caso di gravi infestazioni;

  • dalle larve che si nutrono delle radici e sono particolarmente dannose ai vivai o alle coltivazioni erbacee, specialmente se ortive.

 

Questi animaletti, che si nutrivano di foglie, avevano la caratteristica di appiccicarsi, con le loro zampe, ai vestiti di maglia ed ai capelli della gente, specie delle donne, che, notoriamente abbondano .

Era un animaletto innocuo, non mordeva, non graffiava, se ne stava quatto, quatto, tutto il giorno sugli alberi di ogni genere, specie sui ciliegi, quando faceva presto notte, però, si staccava dalle piante e se ne andava a zonzo per l’ aria dolce della sera, emettendo un tipico ed inconfondibile ronzio.

Come si può dedurre dal loro nome, vivevano la loro breve esistenza durante il mese di maggio, mese notoriamente dedicato alla Madonna, che veniva celebrata ed onorata durante tutto quel periodo, con una celebrazione liturgica che avveniva sempre di sera, all’ imbrunire, nelle chiese della parrocchia con l recita del rosario, noi, ragazzini, di Scanna e Varollo, si partecipava, a modo nostro, alla funzione religiosa…

Il nostro divertimento, era quello di catturare le zorle con un assicella, metterle tutte assieme in un grosso barattolo di latta, di quelli della marmellata, e poi chiuderlo in attesa che la gente entrasse in chiesa.

Ricordo il ronzio del barattolo che conteneva decine di zorle, era molto simile a quello della gente che usciva dalla chiesa dopo la funzione religiosa, forse più intenso, era tutta la voglia di libertà delle zorle che volevano uscire da quella prigione.

Era solo questione di tempo , poco tempo , per loro, non dovevano aspettare ne amnistie ne indulti, bastava, semplicemente che il prete iniziasse il S. Rosario.

A quel punto, un” volontario “, prendeva il barattolo ed entrava in chiesa dalla porta grande, che rimaneva sempre socchiusa per via del gran caldo e dei tanti odori che la gente di allora si portava appresso, come l’ odore di stalla, del sudore e le donne di altre cose…

Allora, nessuno aveva il bagno, come lo si intende adesso, i cessi erano all’ aperto, annessi all’ abitazione, ed erano di un metro quadro di dimensione, strettamente a … caduta. Ci si lavava in un catino, con acqua riscaldata solo d’ inverno sul focolare a legna, si usava il sapone fatto in casa con soda caustica ed il grasso del maiale, altro che creme idratanti e tonificanti, come le donne usano adesso ! e , lasciatemi dire una cosa che forse non farà piacere a tante donne contemporanee, ma , allora le donne erano più belle più armoniose, nel corpo, anche se meno profumate di oggi.

Il volontario posava lentamente il grosso barattolo in un angolo oscuro della chiesa, poi toglieva il coperchio e , furtivo come era entrato, usciva.

Decine di zorle, uscivano,inneggiando alla libertà, e si alzavano al cielo , ronzando, allegre, ed andavano ad appiccicarsi sui capelli della gente, sulle magliette, sulle gonne delle donne, quando, non avevano l’ ardire, di infilarsi al di sotto…

Il rosario, a quel punto, si poteva dire concluso, perché tutti cercavano scampo da quelle irritanti bestiole, uscendo all’ aperto. Il prete, concludeva con la solita fatua verso i responsabili di tale gesto, ma quando chiedeva conto a scuola , per sapere i nomi dei responsabili, vigeva sempre la più totale e sicula omertà.

Durante la prima guerra mondiale, le zorle ebbero un importante ruolo nella sopravivenza del genere umano delle valli del Tirolo austriaco, mi raccontava, infatti, mia nonna, che durante gli anni di carestia prima e della grande guerra poi, le zorle venivano prese, essicate nel forno a legna e poi ridotte in farina con la quale si facevano degli impasti alimentari ricchi di proteine. Sembra una cosa d’ altri tempi, ma se ci informiamo bene, troveremo ancora oggi, dei popoli che si nutrono di insetti, formiche, serpenti, e lombrichi, noi che siamo abituati alle bistecche o all’ arrosto, ci sembra una cosa schifosa e repellente, in realtà, è soltanto una questione di abitudine.