RENATO CALOVINI

 

Renato Calovini.

 

( die fukchs)

 

A farmi tornare alla mente Renato e farmi ritornare  intensamente il suo ricordo ed il desiderio di voler riportare in questo libro la storia della sua vita avventurosa e della sua tragica fine, ci ha pensato un articolo che avevo scritto su Vita Trentina all’ indomani della sua tragica morte.

Renato era un uomo di Preghena, forse quello che inpersona e definisce meglio tutte le tragedie umane che si sono compiute in quel borgo negli ultimi 50 anni. Era una persona molto intelligente e con un invidiabile cultura enerale e questo anche al dire della sua maestra elementare signora Serafina Marchetti di Baselga di Bresimo che lo definiva l’ alunno in assoluto più intelligente di quelli a cui aveva insegnato, e questa sua eccezionale preparazione culturale la si poteva intuire se si aveva l’ occasione di poter dialogare con lui.

Dipingeva dei quadri di buona fattura e li firmava con lo psueudonimo di “ fukchs “ in tedesco volpe, lui conosceva perfettamente il tedesco anche perché sua moglie era di quella nazione, parlava anche francese e spagnolo.

Renato aveva molte ombre che offuscavano la sua vita avventurosa, la più affascinante e per certi versi inquietante era il suo passato di Legionario nella legione straniera francese, non sono mai stao in grado di capirne le motivazioni di questa sua scelta, normalmente è noto che uno che si arruola nella legione o ha commesso dei gravi reati e sfuggito alla giustiza si rifugia tra i legionari che vengono arruolati senza fare domande sul loro passato, o per un amore finito male, di questo non me ne ha mai voluto parlare. Molto invece mi ha raccontato della dura vita dei legionari, mandati sempre in prima linea, dopo un duro addestramento militare fatto di una ferrea disciplina , di chilometri di marce sotto il sole cocente del deserto e di un addestramento all’ uso di ogni tipo di arma e di tattica bellica.

Diceva di essere riuscito a scappare dalla legione con altri commilitoni tra cui un polacco che venne poi ucciso dagli inseguitori. Che fosse un conoscitore ed amante delle armi era cosa nota in quel di Preghena anche perché un giorno, forse alterato dall’ alcool, prese un fucile da guerra che aveva in casa e dopo aver sparato un colpo in aria si recò al bar del paese con il fucile in mano, lo lasciò fuori dalla porta appoggiato al muro duindi entrò e si fece versare da bere come nel far west…

Tutto questo suo pasato fatto di avventure e trasgressioni lo aveva reso una persona relegata ai margini della società e con la sventura poi di abitare nel borgo di Preghena dove tutti i “ diversi “ vengono sistematicamente emarginati dalla classe sociale dei “ normali “ e benpensanti, come hanno fatto con altre persone con leggeri handicapp psichici o fisici o alcool dipendenti, e la catena se si volesse elencarli tutti sarebbe molto lunga, fino ad arrivare ad Adelia Facini ed i coniugi Calovini Fabio e             tutto questo rimosso dalla storiografia ufficiale di quello sventurato paese, come dei fatti che riguardano altri e non loro. La passione per le armi una giusta dose di alcool e qualche maestro del mal consiglio un giorno d’ inverno, quando tutti avevano soldi in tasca da spendere perché arrivavano le pensioni e gli acconti delle golden, indussero Renato che di soldi non ne aveva, a tentare una rapina alla locale Cassa Rurale di Livo. Renato con in tasca una lunga chiave della porta di casa si presentò allo sportello della banca dove al momento non c’era essuno, con una mano in tasca simulando la presenza di una pistola intimò al cassiere e Direttore signor Agosti Gianantonio di dargli tutto quello che aveva in cassa. Per ragioni burocratiche era presente in banca anche il Presidente signor Agosti Mario Marino il quale consigliò di dare il denaro richiesto al rapinatore.

Il cassiere diede alcune mazzette di denaro che Renato mise nella tasca della giacca per un attimo, poi le tolse e le restituì mostrando nel contempo che in tasca altro non aveva che la chiave di casa.

Venne subito immobilizzato dai presenti ai quali si era aggiunto anche Ezio Filippi direttore della sottostante Famiglia Cooperativa, in attesa che arrivassero i carabinieri di Rumo prontamente chiamati dal Direttore della banca… mi ricordo che era un giorno che nevicava. Giunti i carabinieri arrestarono e perquisirono il povero Renato che nel frattempo aveva dovuto subire le percosse dei presenti ai quali si era aggiunto anche Aliprandini Mario gestore del bae annesso alla cooperativa.

Quando i carabinieri perquisirono il povero Renato ormai malridotto ed incapace di reagire, trovarono nella tasca della giacca una mazzetta che non era riuscito a restituire prima che iniziassero le botte e per quella mazzetta, subito sequestrata e restituita, Renato venne condannato a tre anni di prigione credo che ne scontò solo pochi mesi poi venne scarcerato e tornò a Preghena.

L’ inverno del 1986 fù particolarmente freddo con temperature che scendevano anche a meno 20 gradi di notte e non salivavano sopra lo zero neppure di giorno, ed una di quelle fredde mattine fu fatale per Renato perché nel suo appartamento, di mattina presto, scoppiò un incendio provocato dalla stufa a legna con la quale si riscaldava, Renato provò in tutti i modi a spegnerlo ma venne sopraffatto dal fumo che ne provocò la morte per asfissia.

Le settimane seguenti presi una netta e dura posizione sul settimanale Diocesano VT, denunciando la mancanza di carità cristiana nei confronti degli ultimi, ricevetti gli ipocriti complimenti dei benpensanti ma in quel di Preghena le cose non cambiarono di un millimetro nonostante un parroco di frontiera come era don Pio Dallavo che alla fine del suo mandato concordò con la mia analisi :

“ Per 25 anni aveva predicato ad una Comunità di sordi “.