Nella foto da sinistra : ZANOTELLI SEVERINO, ZANOTELLI CORNELIO, ZANOTELLI MARIA.

 

 

Zanotelli Severino e Maria

 

( Moro dei Perini )

 

Il luogo dove ci s incontrava di frequente ed ho conosciuto ed imparato ad apprezzare il signor Severino Zanotelli detto Moro dei Perini, era la vigna in località Zura quelle scarpate ripide che scendono verso il lago di S. Giustina, dove mio padre aveva una vigna che confinava con la proprietà del signor Severino.

In quei siti irti dove si faticava a mantenere l’ equilibrio che erano al limite del bosco di acacie che scendeva ripidissimo verso lo strapiombo dove60 anni fa scorreva il fiume Noce e che ora è diventato un invaso artificiale per la produzione di energia elettrica, in quelle coste scoscese e bruciate dal sole, si produceva quella poca quantità di vino che serviva per il fabbisogno famigliare, erano uve di poco pregio e raramente riuscivano ad avere un contenuto zuccherino sufficiente per poter produrre un vino con un certo tasso alcoolico, c’ era un detto allora che definiva in modo inequivocabile la qualità e la bontà dei vini prodotti a Zura : si diceva che per poterlo bere bisognava avere almeno tre amici accanto : in due che ti tenevano stretto ed uno che te lo faceva ber a forza… Ma allora nessuno si lamentava e tutti bevevano il proprio calice amaro di vino e di povertà.

Nelle vigne era consuetudine di molti avere a disposizione un bait, di queste specie di italiche Dacie ne ho ampiamente parlato e descritto il loro scopo principale e gli scopi secondari , eros compreso. Mi piace però descrivere il bait del signor Severino che era un capolavoro di ingegno e di ingegneria idraulica.

Era situato vicino al nostro sito e si entrava da una porta sempre aperta che guardava verso la sorgente del Noce, era una costruzione di pochi metri quadri ed il suo scopo principale era quello di raccogliere l’ acqua piovana che cadeva sul tetto che tramite dei canali di scolo veniva convogliata in una grande vasca in cemento che serviva come serbatoio e veniva poi usata per sciogliere il rame che serviva per irrorare le viti per la peronospora ed altri crittogami e parassiti della vite. Era un sistema ingegnoso che aveva un troppo pieno nella vasca che impediva la tracimazione e deviava l’ acqua nel normale scarico.

Erano piccoli capolavori dell’ ingegno umano che permettevano di ripararsi dalla pioggia improvvida dei temporali estivi e consentivano di risparmiare tanta fatica per il trasporto dell’ acqua fino da casa o dal più vicino lech, cose adesso impensabili che fanno quasi tenerezza ma che ai miei tempi erano considerate un lusso. La primavera era il tempo nel quale era molto più probabile che per pura coincidenza ci si trovasse assieme al signor Severino nei rispettivi vigneti alla potatura delle viti che era un operazione molto delicata e precisa e bisognava avere una esperienza notevole ereditata dai vecchi per poterla esercitare senza fare danni, da una perfetta potatura infatti, derivava poi in autunno un ottimo risultato quantitativo di uva prodotta, la qualità la dava la stagione, se era una stagione calda ed asciutta la qualità del mosto era buona altrimenti ci volevano le classiche tre persone…

Bi sognava poi “ conciar su “ il vigneto ossia rimettere i pali consumati dal tempo, rifare le pergole con il filo di ferro, rifare qualche muretto che le piogge autunnali avevano demolito, erano giorni , settimane di lavoro per rimettere a nuovo il vigneto per poter avere in autunno il vino che avrebbe dovuto bastare per l’ intero anno. Ci si incontrava con “ l’ Moro “ quando si aveva la coincidenza di essere alla stessa “ strea “ ovvero allo stesso filare o pergolato ed allora si fermava a fare due parole con mio padre, il signor Severino era un uomo molto calmo e molto ragionevole, era , per dirlo con un termine che è tutto un programma, un uomo d’ altri tempi, con i suoi lunghi baffi, magro e con la carnagione scura, era una dolcezza per le orecchie sentirlo discutere con mio padre dei problemi del paese, della famiglia delle gioie e dei dolori che la vita aveva riservato loro… Mai una parola di troppo, mai che si fosse sparlato o fatto delle illazioni sul prossimo, erano persone di una integrità 3 lealtà mentali che mai si sarebbero abbassati a simili angherie se pur verbali, non ne avevano il tempo e meno che meno la voglia, avevano altro da fare, il signor Severino aveva sposato una donna di nome Maria e da lei aveva avuto due figli Rita e Paolo tutti e due più giovani di me, abitava a Livo nella vecchia casa dei “ Perini “ una delle ultime case della Villa, era un agricoltore ma per arrotondare faceva anche qualche lavoro da muratore

Dopo uscito dal collegio dei frati di Villazzano, ben ferrato nelle materie religiose imparate in convento e con il torcicollo politico verso lì estrema destra di Almirante, i preti mi vollero come membro di vari Consigli pastorali parrocchiali, da don Rosani a don Menapace, in quella occasione ebbi il piacere di conoscere ed apprezzare le doti e la irremovibile fede della signora Maria che ho sempre considerato una persona con tanto buon senso e tanta umiltà , abbiamo insieme condiviso molti anni della mia acerba e ribelle giovinezza, volta a contestare tutto quello che aveva un colore che assomigliasse al rosso, giorni, belli, un epoca vera senza le ipocrisie dei nostri tempi e non rimpiango minimamente tutte le scelte che allora ho fatto, le mie posizioni radicali sulle regole e sulla morale, che erano le posizioni di tanti all’ interno del Consiglio tra le quali c’ era sempre la saggia Maria.

Di questo mio modo di pensare e di vivere, di queste mie scelte controcorrente, di questo mio animo ribelle ed anticonformista, oggi ne vado fiero ed orgoglioso ed osservo con occhio cinico ed indifferente il fallimento di tante altre visioni della vita.

 

Bruno Agosti ©