L' incontro

 

Dopo la rivoluzione di ottobre del 1917, quando la componente rivoluzionaria bolscevica e pacifista ebbe il soppravvento sulla politica dello Zar Nicola secondo che era entrato in guerra a fianco delle truppe alleate contro gli imperi centrali.

Coerente con lo spirito della rivoluzione, il nuovo governo bolscevico stipulò subito l’ armistizio unilaterale con gli imperi centrali, liberando così dal fronte russo numerose divisioni austriache e germaniche che potevano essere immediatamente dirottate sul fronte occidentale e sul fronte italiano.

Erik che era stato destinato ad una divisione schierate sul fiume Isonzo, dove si erano combattute ben 11 cruente battaglie con decine di migliaia di morti, senza per altro aver conquistato un metro di terra, se ne stava nella trincea in un posto asciutto ricavato con tavole di legno sistemate alla bell’ e meglio sul terreno divenuto fangoso per le frequenti piogge autunnali.

Era il mese di ottobre del 1917 ed erano trascorsi più di due anni da quando era stato arruolato nel Regio esercito italiano e spedito sul fiume Iaonzo a contribuire anche lui come migliaia di giovani italiani, alle facili vittorie teorizzate dal generale Cadorna e dallo stato maggiore dell’ esercito, ma che in realtà si dimostrarono una inutile carneficina con un susseguirsi di battaglie con decine di migliaia di morti per avanzare di pochi metri e retrocedere il giorno seguente.

Tra i soldati era circolata insistente la voce di un imminente e definitivo attacco delle truppe austriache rinforzate dalle divisioni liberatesi dal fronte Russo dopo la pace separata con il nuovo governo bolscevico che ora reggeva le sorti della sconfinata Russia.

Erik non ci voleva credere e pensava che forse gli austriaci avrebbero preferito portare il colpo decisivo sul fronte occidentale tenuto dai francesi e dagli alleati inglesi ed americani e che loro magari venissero lasciati in pace, ma si sbagliava.

Il 24 ottobre 1917 fino al 12 novembre si scatenò violenta e determinata l’ offensiva austriaca che travolse facilmente le linee di difesa italiane e dilagò verso la pianura mettendo in rotta l’ intero corpo d’ Armata che difendeva quelle zone, con obbiettivo la vittoria finale.

Chi non venne ucciso o fatto prigioniero nella fulminea avanzata austriaca, divenne una massa di uomini sbandati senza più ordini e senza più controllo, chi era sfuggito al piombo nemico riuscendo a scappare e lasciando le armi, veniva poi catturato dai carabinieri e fucilato come disertore e disfattista.

Il battaglione di Erik venne circondato rapidamente dalle truppe d’ assalto di una formazione germanica che sperimentava una nuova e rivoluzionaria tattica di combattimento che più tardi si sarebbe chiamata “ blitz krieg “ ( guerra lampo ) a comandare la formazione tedesca c’ era un giovane tenente del quale si sarebbe parlato molto nel secondo conflitto mondiale, il suo nome era Erwin Rommel.

La lunga colonna di prigionieri italiani, dopo un lungo viaggio in una tradotta lenta e fredda, si dirigeva verso il campo austriaco una massa di uomini stanchi, inebetiti dalla fatica della trincea e stanchi del lungo viaggio si accingeva ad entrare nel lager austriaco al quale le guardie avevano spalancato le porte e gli uomini vi entravano come nelle fauci fameliche di un enorme mostro che sembrava divorarli inesorabilmente.

Erik fu destinato alla baracca numero 36, una delle tante allineate all’ interno del campo circondato da una fitta rete di filo spinato e sorvegliato da numerose sentinelle armate di fucile, mentre ai quattro angoli diventavano le torrette con le mitragliatrici. Anche qui filo spinato, come nel bosco dove c’ era Monika, come nella trincea… pensò Erik. ma possibile che io debba aver a che fare con il reticolato per tutta la vita ? e qui non ho neppure la mia trancia fili…

Si buttò sul pavimento sconsolato e pianse a dirotto pensando alla sua Monika.

Di buono c’ era che qui gli veniva concesso di scrivere a casa ed anche alla sua fidanzata, ormai erano dei prigionieri di guerra e non erano più considerati combattenti in grado di nuocere al nemico. Si era procurato della carta da lettera, una penna ed un calamaio e tutte le settimane scriveva delle lunghe lettere che indirizzava ai suoi genitori ed a Monika. Alcuni soldati provenienti dal meridione d’ Italia ed ancora analfabeti, gli si erano avvicinati chiedendogli di scrivere a casa a nome loro, Erik svolse con scrupolo e discrezione quel delicato compito, cercando di trovare le parole giuste per interpretare quanto quei suoi sfortunati camerati intendevano far sapere alle famiglie,evitando di scrivere cose che potessero irritare la censura militare. Le guardie che ogni tanto ispezionavano le baracche, avevano notato lo strano lavoro che Erik faceva a favore dei suoi compagni ed un giorno interrogarono il prigioniero chiedendogli le generalità ed il paese italiano di provenienza, sequestrarono tutte le lettere assieme alla penna ed al calamaio, dicendo che avrebbero consegnato tutto al Comandante del campo.

Erik si rattristò in cuor suo ma non protestò, pensava infatti che se si fosse ribellato avrebbe di certo peggiorato la sua posizione e poi sapeva in coscienza di non aver mai scritto nulla che potesse essere i qualche modo censurato, però un dubbio gli rimase e per alcune notti non riuscì a chiudere occhio. Erano trascorsi 15 giorni dal sequestro delle lettere ed Erik considerava l’ episodio un capitolo chiuso, quando un mattino all’ alba , nella baracca si presentarono due gendarmi, gli si misero al suo fianco e gli dissero di seguirli che il comandante del campo lo voleva interrogare.

L’ uomo seguì in silenzio le guardie che gli fecero attraversare volutamente tutto il perimetro del campo prima di arrivare alla linda baracca che ospitava il comando del campo.

I gendarmi con in mezzo il prigioniero bussarono alla porta del Comandante: Herein ! rispose una voce da dentro, ci siamo pensò Erik.

Le guardie spinsero dentro il prigioniero.

Il comandante stava ritto davanti ad una grande cartina topografica appesa alla parete, con le mani ai fianchi e le gambe leggermente divaricate e consultava attentamente la carta misurando delle distanze con lo scali metro, con la schiena girata verso i tre che attendevano ordini e sembrava non avere frette, era come assorto in quel lavoro.

Una delle guardie allora batté nuovamente i tacchi ed allora l’ Ufficiale alzò una mano senza mai girarsi e schioccò le dita, i due militi batterono i tacchi all’ unisono salutarono ed uscirono chiudendo la porta.

Il Comandante prese il frustino che aveva in uno stivale e lo piegò lentamente, poi con una voce un po’ stridula e roca, dopo aver preso dal taschino una lettera cominciò a dire in tedesco : dunque eri tu quello che si divertiva a tagliare il reticolato del confine del nostro amato impero ? Erik si sentì gelare il sangue nelle vene, ma come faceva quello a sapere del reticolato ? forse l’ aveva capito da qualche allusione fatta in una delle lettere scritto a Monika, che scemo sono stato… aveva ragione lei che sarei finito male ! L’ Ufficiale riprese ed eri tu che spiava le posizioni dei nostri cannoni ?

E quando ti hanno scoperto non hai esitato ad ammazzare due eroici soldati dell’ Imperatore… fece una breve pausa, poi estrasse la pistola dalla fondina che aveva attaccata al cinturone e proseguì : per tutto questo io ti dichiaro colpevole di spionaggio militare ed in base al nostro codice penale di guerra ti condanno alla fucilazione che avverrà ora che è l’ alba…

Il ragazzo cercò di ribattere ed affermò : no Signore, io andavo solo dalla mia morosa

Zitto spia !

sentenziò l’ Ufficiale.

Ad Erik era venuta la bava alla bocca un una sete tremenda che non gli riusciva di parlare, respirò profondamente, si coprì gli occhi con le mani e con un filo di voce riuscì a mormorare poche parole , quasi come un ultima preghiera rassegnata: avevi ragione tu Monika, ma tutto questo lo rifarei… ti voglio bene amore mio ci rivedremo in cielo !

Poi inghiottì a fatica e si schiarì la voce , respirò di nuovo a fondo si mise sull’ attenti ed a voce alta e serena dichiarò : sono pronto Signore, vorrei solo… non fece a tempo a dire altro che l’ Ufficiale si girò di scatto ed in italiano con voce normale gli gridò : zitto “ mona”, non vedi che sono io !!!

Era Werner il suo futuro cognato, Erik cadde a terra svenuto dall’ emozione, allora l’ Ufficiale chiamò le due guardie che si erano prestate al gioco che accorsero immediatamente e rianimarono il povero Erik emozionato ma felice di aver ritrovato Werner che, con gli occhi gonfi di pianto lo abbracciò e gli raccontò che era stato promosso tenente sul campo per alti meriti di guerra. Mia sorella Monika è fortunata a sposare questo italiano affermò rivolto alle due guardie commosse pure loro, poi aprì il suo armadietto privato e tirò fuori una bottiglia di cognac francese e proclamò : ragazzi questa è una giornata storica, indimenticabile, oggi ha vinto l’ amore per chiunque perda o vinca questa inutile guerra, vi invito a brindare assieme a me ed al mio futuro cognato alla pace tra i popoli.

E versò quattro bicchierini di liquore ed invitò i presenti a bere esclamando ad alta voce, prosit !

 

Bruno Agosti

 

Brano tratto dal romanzo Monika.

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