MACABRA SCOMMESSA

 

LA MACABRA SCOMMESSA

 

durante le lunghe ed afose sere d’ estate i giovani del luogo usavano riunirsi nella piazza principale del villaggio per socializzare tra loro, scambiarsi le impressioni ed i commenti sul lavoro svolto quel giorno e su quanto avrebbero dovuto fare il giorno seguente. Ognuno raccontava, vantandosi , del lavoro svolto e della grande fatica ed impegno che gli erano costati, ma nessuno mai si lagnava e prometteva solennemente che il giorno dopo avrebbe fatto di meglio … perché ad ascoltarli erano arrivate le fanciulle del paese tutte ben pettinate, con le lunghe gonne scure ricamate con grandi fiori multicolori, ben strette alla cinta onde mettere bene in evidenza i seni prosperosi che attiravano lo sguardo ed il desiderio dei giovanotti tanto da renderli più baldanzosi ed audaci. Era stato così da sempre prima per i loro avi ed ora per loro, era l’ eterno miracolo della continuazione della specie che iniziava il suo corso per finire in certi casi in uno “ stabel “ colmo di fieno profumato e caldo per la fermentazione in corso. Era la vita che continuava, imperiosa, e chiedeva la collaborazione dei due sessi per poter continuare ad essere. I maschi facevano a gara per dimostrare alle femmine il proprio coraggio e la propria forza esibendosi in prove collettive di abilità, di forza ed astuzia per impresssionare le ragazze ed attirare la loro simpatia e qualche altra loro concessione che non andava mai oltre il classico bacio sulla guancia. Piano piano i ragazzi tra le chiacchiere intervallate da fragorose risate si avvicinarono alla chiesa e si sedettero sui muretti e sulla gradinata vicina all’ ingresso principale detto anche “ la porta granda “. mentre proseguivano le schiacchiere e le risate un gruppetto di ragazzi si allontanò dirigendosi verso il lato opposto della chiesa dove c’ era il cimitero con le croci di ferro battuto nere e poche lapidi monumentali appartenenti alle classi più benestanti del luogo, il cimitero

era disposto a semicerchio su tutto il lato sud dell’ edificio sacro che lo oscurava quasi per intero alla luce della luna piena di quella sera afosa di luglio rendendo il luogo ancora più spettrale, percorsero velocemente la stretta stradina di ciottolato a fianco alle tombe e si fermarono un attimo davanti ad una a cui mancava la croce ed l’ alto tumulo di terra fresca indicava una recente sepoltura. Uno di loro disse che lì era stata sepolta qualche giorno prima una povera donna del villaggio che viveva da sola e che era malata da tempo. Il gruppetto di ragazzi riprese la strada a ben presto sbucò nuovamente presso la gradinata dove gli altri giovani stavano tranquillamente conversando e ridendo di gusto e riferirono loro quanto avevano notato nel cimitero la sepoltura recente e l’ assenza della croce, per un momento si fece un silenzio quasi religioso tra i presenti, poi prevalse la spensieratezza e la vitalità giovanile e tutti ripresro i propri discorsi . Il giorno seguente i giovani come d’ abitudine ormai consolidata, si ritrovarono nuovamente nella piazza del paese per raccontarsi la giornata di lavoro trascorsa nei campi sotto il sole torrido di quella estate, la maggior parte di loro era stato impegnato nella trebbiatura del grano che a quei tempi si faceva a mano con il falcetto detto in dialetto nostro “ sesla “ , sul dosso di Barbonzana che a quel tempo era tutto coltivato a grano e patate, forma di coltura che durò fino al 1970 poi con l’ avvento dell’ irrigazione a pioggia tutti riconvertirono la produzione in mele molto più redditizia… ma ora siamo ancora nel 1800 e l’ agricoltura era finalizzata al sostentamento alimentare delle famiglie ed alto era il numero dei paesani emigrati nelle Americhe del nord e del sud in cerca di un lavoro e di migliore e fortunata vita e direi che molti ci riuscironoe fecero anche fortuna. Intanto i “ muli “come scherzosamente erano definiti dai grandi i più giovani, proseguivano a piccoli crocchi il loro passatempo serale con risate, canti da osteria e piccoli innocenti scherzi nei confronti delle ragazzine. Dopo alcuni minuti da una stradina laterale sbucò un ragazzo biondo che portava in spalla qualcosa di strano simie ed un piccone visto da lontano, ma man mano che si avvicininava la cosa apparve più chiara e ben visibile a tutti : era il figlio del falegname che portava una piccola croce in legno con scritto il nome della povera donna morta da poco; a quel punto il silenzio scese sulla piazza e tutti si radunarono in cerchio al giovane figlio dell’ artigiano il quale rivelò loro che ne aveva parlato con suo padre del fatto che la tomba della poveretta era senza il simbolo religioso della croce mentre tutte le altre ne erano provviste e nessuno avrebbe provveduto a fargline una in quanto non aveva nessun parente in vita . Tutti apprezzarono il gesto di grande umanità e generosità del falegname e così decisero di recarsi tutti in gruppo al cimitero per piantare la piccola croce di larice alla tomba della signora morta in povertà. Si avviarono per la stradina che portava alla chiesa ed al cimitero mentre già imbruniva , tutti in silenzio come in una processione liturgica, le ragazze avevano rubato dagli orti dei fiori per posare sulla sepoltura. Ad un tratto da una delle corti sbucò una vecchietta dal lungo abito scuro e la veletta calata sul volto nella quale si intravvedevano a stento i lineamenti ma si vedevano bene solo i suoi occhi pieni di curiosità. Chiese ai giovani dove fossero diretti e che cosa intendevano fare con quella croce, allora il figlio del falegname informò la vecchietta su quanto stavano facendo. La donna allora alzò il velo e affermò che tutto ciò era cosa buona e meritevole di grazia di Dio e sorrise al gruppo in segno di consenso ma poi improvvisamente cambiò espressione ed il suo volto divenne scuro come se fosse preoccupata da qualche cosa di terribile, richiamò a gran voce i giovani e ordinò loro di seguirla nella corte dove la luna poteva illuminare la zona e raccontò loro questo fatto : “ mia nonna mi ha narrato che quando lei era giovane come loro ed anche al suo tempo i “ muli “ si divertivano in piazza come oggi, una sera per dimostrare chi di loro fosse stato il più coraggioso proposero una scommessa : sarebbe stato il più coraggioso colui o colei che fossero andati al cimitero a piantare su una tomba una piccola croce di legno che avevano in precedenza costruito con due assicelle inchiodate tra loro ed appuntita dal lato che doveva essere piantata. Si recarono sulla scalinata della chiesa e lì chiesero se qualcuno era disposto a mostrarsi coraggioso ed andare nel vicino cimitero a piantare la croce. Vado io esclamò una ragazza , così quello l’ non potrà più dire che sono una fifona che ha paura di tutto, esclamò rivolta ad un ragazzo… prese la croce nelle mani e si avviò decisa verso l’ angolo della chiesa nella stradina buia che affianca le tombe e sparì alla vista. Passarono pochi minuti e poi si sentì la giovane urlare di terrore e chiedere aiuto in un pianto disperato che niente aveva più di umano. I giovani corsero verso di lei a vedere che cosa le fosse successo, la trovarono ormai impazzita dal terrore che si dimenava sopra la tomba senza riuscire ad alzarsi da terra. Era successo che per piantare la piccola croce si era inginocchiata sula tomba e complice l’ oscurità, aveva infilato la punta del legno nella lunga gonna inavvertitamente, quando fece per rialzarsi si sentì trattenere al suolo come se qualcuno la stesse tirando a se e venne presa dal terrore. A nulla valsero i tentativi degli amici di calmarla e riportarla alla ragione ed alla logica, morì dopo alcuni giorni senza più riprendere conoscenza “. i ragazzi rimasero molto colpiti da questa storia ma la vecchietta disse loro di andare tutti assieme a piantare la croce e posare i fiori alla povera morta “ e diseje su na rechia ancja par mi !

 

(Questo racconto è un episodio realmente accaduto in questo paese che ho potuto riportare grazie alla testimonianza della signora Zanotelli Nicolina del casato dei “ Tripoi “ )

 

Bruno Agosti