LE CAMICIE NERE DELLA

 “TAGLIAMENTO” 

 

"Pregate Dio sempre di trovarvi dove si vince, perché vi è data laude di quelle cose ancora di che non avete parte alcuna; come per el contrario chi si truova dove si perde, è imputato di infinite cose delle quali è inculpabilissimo"

(Francesco Guicciardini- scrittore, storico e politico italiano Firenze, 6 marzo 1483 – Arcetri, 22 maggio 1540)

 

 Breve storia della Legione cc nn Tagliamento

 

CC NN TAGLIAMENTO

 

Nome del 63° battaglione Camice Nere, comandato dal I Seniore Merico Zuccari (n. a San Vetra, Argentina, il 4 novembre 1906). Dopo il 25 luglio 1943, quando venne sciolta la M.V.S.N., il battaglione venne incorporato nella Divisione "Centauro". Rimasto, dopo l'8 settembre, inattivo nella battaglia di Roma contro le truppe tedesche, già dal 12 settembre, prima ancora della costituzione della R.S.I., lo Zuccari e gran parte del suo reparto si misero a disposizione dei Comandi tedeschi per essere incorporati nelle Forze armate germaniche. Di stanza a Chiari, l'8 dicembre 1943 un reparto dal 63° battaglione, partiva all'attacco di uno dei primi nuclei di Fiamme Verdi, comandato dal ten. col. Ferruccio Lorenzini, dislocato in Valcamonica a S. Giovanni Pratolungo di Terzano. Dopo diverse ore di combattimento, arresisi i partigiani, alcuni di questi furono uccisi sul posto, altri, tra cui il Lorenzini, vennero fatti prigionieri. Processati la sera del 30 dicembre '43 dal tribunale militare straordinario, Lorenzini ed altri tre partigiani furono condannati a morte e fucilati a Brescia all'alba del giorno seguente. Fu, questa, la prima azione antipartigiana condotta dal 63° btg.

Frattanto, costituitasi nel dicembre '43 la G.N.R., il battaglione vi venne incorporato e il 19 dello stesso mese fu trasferito a Vercelli per compiere azioni di rastrellamento contro i partigiani piemontesi e di rappresaglia contro le popolazioni. L'1 marzo 1944 dalla fusione del 63° Battaglione con il I battaglione giovanile Camilluccia, formato da giovani pressoché adolescenti provenienti quasi tutti dal Lazio e comandato dal cap. Aldo D'Agostini, venne fondata la I legione d'assalto GNR Tagliamento. Poco più tardi, per insanabile dissidio di metodo tra lo Zuccari e il D'Agostini questi lasciava il comando del suo Battaglione. Diventato lo Zuccari comandante di una considerevole forza militare, pose presidi in Valsesia e si dedicò ad azioni di rastrellamento fin nelle più riposte valli, seminando morti, saccheggi e incendi. In giugno la legione lasciato il Vercellese si stabilì nelle Marche, in provincia di Pesaro, sempre agli ordini operativi dei tedeschi e con compiti di repressione antipartigiana. In agosto la legione fu trasferita in provincia di Vicenza, nella zona di Schio, Recoaro e Altopiano dei Sette Comuni. Nell'ottobre 1944 salì per la Valcamonica stabilendosi il 24-26 a Pontedilegno, Temù e Vezza d'Oglio per poi trasferirsi il 29 ottobre a Pisogne, occupando la Valle Camonica da Marone ad Artogne e dando inizio ad azioni continue di rastrellamento in una vasta zona comprendente i paesi del Sebino, della Valcamonica, della Valtellina e delle valli laterali. Infine a metà febbraio '45, lo Zuccari - per ordine del generale tedesco Kotz - dispose il trasferimento del 63° btg in Alta Valcamonica: il Comando di btg e la III compagnia a Corteno, la II cpg a Vezza d'Oglio, la l cpg a S. Giacomo di Teglio (Valtellina). Dalla metà di febbraio 1945 e fino alla resa nel maggio, le operazioni della "Tagliamento" furono condotte esclusivamente contro le Fiamme Verdi. In particolare la legione fu impegnata nel febbraio 1945 nell'"Azione Mughetto" contro le forze partigiane del Mortirolo. Si susseguirono azioni di attacco il 22 e il 27 febbraio, il 10 aprile e, (con l'intervento di SS tedesche con 2000 uomini e artiglieria contro 220 uomini della Resistenza) il 13 aprile. Da guerra di posizione, con piccole operazioni e proposte di tregua del col. Zuccari, il 28 aprile la Tagliamento rifiuta la resa ma poi si sfalda, si disperde e il 2 maggio 1945 il col. Zuccari si consegna a Revò, verso il Passo della Mendola, ma poi fugge senza più lasciare traccia.

Contro lo Zuccari e contro i maggiori responsabili della Legione vennero avviati vari procedimenti giudiziari presso Corti di Assise di varie città, tutti poi unificati dinanzi alla Corte d'Assise speciale di Brescia perché le ultime operazioni della Legione erano state compiute nel territorio della nostra provincia. La Corte di Brescia, però, essendo emersi nel corso dell'istruttoria dei fatti di natura militare che potevano influire sul giudizio, l'8.11.1947 dichiarò la propria incompetenza "per materia" e ordinò la trasmissione degli atti al Tribunale militare territoriale di Milano. Un mese dopo, anche il Tribunale militare di Bologna, presso il quale era in corso un altro procedimento, dichiarò la propria incompetenza "per territorio" e rimise gli atti alla Procura militare presso il Tribunale militare di Milano. Il procedimento istruttorio si concluse il 30.5.1952 con il rinvio a giudizio dello Zuccari e di altri 16 imputati, quasi tutti latitanti. Il 28 agosto successivo, dopo l'escussione di 317 testimoni, fu emessa la sentenza. Quattro imputati (tutti latitanti), tra cui lo Zuccari furono condannati all'ergastolo; altri a pene varie. I loro difensori presentarono subito i ricorsi. Il 26.5.1954, il supremo Tribunale militare rigettò i ricorsi di alcuni, ridusse la pena ad altri (Zuccari si ebbe 10 anni di reclusione), ordinò qualche scarcerazione. Successive ordinanze del Tribunale militare di Milano nel 1959 e nel 1962, dichiararono estinti per amnistia i reati di aiuto al nemico nei confronti di cinque condannati - tra cui lo Zuccari - revocando gli ordini di carcerazione. In conclusione, dei 12 condannati (su 17 giudicati) nel 1952 da parte del tribunale militare di Milano, solo tre scontarono alcuni mesi di carcere; gli altri erano emigrati e rimpatriarono solo dopo la promulgazione dell'amnistia senza aver fatto un solo giorno di prigione. Tra loro anche lo Zuccari, che passò gli ultimi anni della sua vita a Sant'Elpidio a Mare (AP).

 

Biografia del colonnello Merico Zuccari

 

 

Merico Zuccari nasce il 6 novembre 1906 a Saavedra nelle pampas argentine da Famiglia emigrata da Montefano (MC), ma nel 1907 il padre lascia il lavoro nelle ferrovie di Buenos Aires e rimpatria. Frequenta le Scuole Elementari al paese d'origine, dove la diretta coltivazione di poderi consente al nucleo familiare una vita agiata. Sposa Clara Trombettoni di Porto Recanati (MC) e nel 1932 ha una figlia, Maria. Nel luglio 1922 si iscrive al PNF di Montefano e in ottobre partecipa alla Marcia su Roma. Dopo le Scuole Medie a Macerata frequenta l'Istituto Tecnico Agrario e nel 1924 segue corsi specializzati in ortofruttofloricoltura a Genova, dove partecipa ad iniziative goliardiche fasciste. Compie studi anche all'Istituto Tecnico Agrario di Ascoli Piceno e il 20 dicembre 1926 ottiene il diploma di Perito Agrario a Todi.

Assolto dal 16 ottobre 1926 il Servizio di Leva e dal 28 luglio 1930 Sottotenente di Fanteria, dal 1933 è in Tripolitania con il Corpo Truppe Coloniali e dal 1935 in Eritrea quale Capomanipolo del 1.Battaglione CC.NN. Coloniale. Il 24 gennaio 1936 nel Tembien con la Divisione CC.NN. 28 Ottobre e contro le bande di Ras Cassa e Ras Sejum difende Passo Uarieu per consolidare la conquista di Macallé (2 gennaio 1936).Nel 1937 è effettivo alla 68.Legione CC.NN. di Imola (BO). Promosso Centurione l'1 gennaio 1938 per Meriti in A.O. viene trasferito alla 2.Legione Libica. Il 14 dicembre 1940 resta ferito in Albania ad Hodati con relativa mutilazione al braccio destro presso l'Istituto Ortopedico di Firenze. Dopo la convalescenza, è alla 6.Legione Universitaria di Genova e l'1 aprile 1943 diviene Seniore. Alle ore 2 del 26 luglio 1943 quale Comandante del XLI Battaglione “M” Armi Accompagnamento 1. Divisione Corazzata CC.NN. si presenta a Trevignano (RM) al Console Ermacora Zuliani che comanda il Gruppo Battaglioni Tagliamento per aggiungere la sua opposizione a quella del Comandante del LXIII Battaglione “M” 1° Seniore Mario Rosmino, contro l' iniziativa del Console di vietare movimenti di CC.NN. verso Roma.

Nel settembre 1943 continua nella fedeltà all'alleato tedesco e assume il Comando del LXIII Battaglione “M” che a Roma, radunatosi alla Caserma Mussolini dal 14 settembre, sarà il nucleo della 1. Legione MVSN “M” impegnata in Abruzzo dal 29 settembre nella cattura di prigionieri di guerra liberati dai regi. Nella 1. Legione "M" confluiscono gli AA.UU. MVSN di Ostia e i resti del XVI Battaglione “M” che, reduce dalla Balcania e in accampamento a Ponte Galeria nell'Agro romano, agli ordini del Console Gustavo Marabini è l'unico a tentare di marciare sulla Capitale il 26 luglio 1943, però fermato alla Magliana da lanciafiamme e carri armati del Corpo d'Armata Motorizzato comandato dal Generale Giacomo Carboni.

Tenente Colonnello dal 28 novembre 1943 e Colonnello dal 24 maggio 1944, in RSI comanda gli oltre mille Militi della Legione GNR “M” Tagliamento, che avrà almeno 256 Caduti ed è stata secondo i tedeschi il Reparto più efficiente per la sicurezza del territorio. Dopo ottimi risultati nel Vercellese e prima di raggiungere il territorio di Sassocorvaro (PS) per compiti di retrovia sulla linea gotica, ai quali seguiranno il rastrellamento del 21 settembre 1944 sul Monte Grappa e presidi in Val Camonica, a metà giugno 1944 durante la lieta visita di iscritti ONB di Bologna alla Legione in sosta a Villa Impero, ascolta e interroga, placa ardori e invita gli Avanguardisti ad essere buoni patrioti.

Termina la guerra il 3 maggio 1945 a Revò nell'Alto Trentino occidentale e via Svizzera e Genova inizia una latitanza con altro nome in Argentina che dura 14 anni mentre monta in Italia la persecuzione giudiziaria. L'11 gennaio 1950, in un secondo processo disposto dal Tribunale Supremo, è assolto dal Tribunale Militare di Firenze che annulla la condanna a morte del 1947 emessa a Bologna. In congedo dal 20 giugno 1955 ed espulso dall'Esercito il 29 luglio 1955, ottiene il beneficio della liberazione condizionale il 9 novembre 1959 con virtuale scarcerazione. La concessione è deliberata dal Tribunale Militare di Milano che lo aveva condannato il 28 agosto 1952 alla pena dell'ergastolo.

Poco dopo il rientro in Italia, forse provato dalle forti emozioni in occasione dei festeggiamenti da parte di Commilitoni e paesani, muore a Montefano (MC) il 5 dicembre 1959 per infarto cardiaco.

 

Il ricordo dei camerati della Repubblica sociale italiana

 

La morte ne ha falciato un altro dei nostri migliori: il Colonnello Merico Zuccari, Comandate della gloriosa ed invinta Legione "M" Tagliamento - la Legione cara al cuore del Duce: Un eroe purissimo, un autentico Martire!

Una Vita sublime, un miracolo di Fede!

Egli era-e si sentiva- un fascista integrale, un intrepido sicuro Comandante. E lo fu, al sommo di ogni esempio della Sua generazione senza forse neppure avvedersene, possedendo tutte le virtù.

Il fascimo come Tu-Comandante-lo hai conosciuto con la Tua audace azione, con la Tua donazione costante, con il Tuo dolore fierissimo e del quale ne resti una delle più entusiasmanti figure, uno dei più degni depositari. Per l'eternità! Fosti un religioso della Patria e del suo Onore.

"La Patria è una costante apparizione,è una costante dedizione. Non la possiede se non chi la crea, non la merita se non chi la vede, non la serve se non chi abnega a sestesso"

Tu-Comandante-l'hai posseduta, l'hai meritata, l'hai servita fino in fondo. Si, fascisticamente.

Ecco le tappe della Tua troppo breve seppure intensissima vicenda terrena :

Adolescente : squadrista di "secco fegato"

Gennaio 1933-febbraio 1935 : Sottotenente in Libia, a Trioli, coi Cacciatori d'Africa.

1935 : Capomanipolo in AOI al comando degli Esploratori del Gruppo CC.NN del Gen. Diamanti. A passo Ua-rieu insieme a Padre Giuliani, il primo nastrino azzurro e Centurione per meriti eccezionali.

Dicembre 1936 : in Patria al Comando M.V.N.S. di Imola.

Gennaio 1938-Marzo 1940 : nuovamente volontario in africa con la legione M.V.S.N. di Misurata. Poi a Genova nella Legione della Milizia Universitaria.

Ottobre 1940 : campagna di Grecia, una ferita con mutilazione al braccio destro, secondo nastrino azzurro. Niente soste ma su domanda trattenuto in servizio e destinato a reparti combattenti. Nei Battaglioni "M".

Maggio 1943 : Seniore. Comandante del 63° Btg. "M" nei pressi di Roma in attesa di nuovo impiego.

2 Luglio 1943 : ore 18,30 al Comando del 41° Btg. "M" rinforzato da una Compagnia del 63° Btg. "M" e da altra del 79° Btg. "M" incaricato di disporre sorveglianza speciale a Palazzo Venezia, Villa Torlonia e alla Sede del Comando Generale della M.V.S.N.-Ore 22 pronto ad eseguire tale decisiva azione.-Ore 2 del giorno 26, revoca dell'incarico da parte del Generale "caramella" Galbiati e rifiuto di assegnazione degli automezzi indispensabili per muovere alla volta di Roma, dove avresti agito assumendone personalmente ogni responsabilità.

Ottobre 1943: in Repubblica Sociale Italiana. Ancora e sempre con Mussolini.

Novembre 1943: Primo-Seniore per Merito di Guerra e successiivamente Console a scelta eccezionale, al Comando della prima Legione d'assalto "M" Tagliamenrto, decorato di medaglia d'oro al V.M.. Poi su tutti i fronti per l'Onore d'Italia.

2 Maggio 1945 : Croce di ferro germanica di Prima Classe.

3 Maggio 1945 : la Legione "M" Tagliamento, fino a quel momento mantenuta sul piede di guerra, smobilita.

1945-1959 : l' esilio

L'ondata livida e tragica dell'antifascismo Ti strappò da questa nostra Patria alla quale Ti eri votato e dai tuoi cari che adoravi, inseguendoTi per quattordici interminabili anni. Ma Tu-Comandante-non li conoscesti meglio arrendersi pavido, bensì contenesti sempre in Te il virile coraggio, fatto di umana consapevolezza delle Tue forze, per sfidare ogni pericolo, durare ogni prova, superare ogni ostacolo.

Ora, non sei più con noi. Ma sei avanti a noi e alla nostra lotta che ancora per te continua!

Presso la Tua Salma-durante, il modesto e superbo rito funebre che malgrado questa lercia democrazia unicamente i Soldati come te possono avere, il magnifico Cappellano della Tua Legione ha saputo mirabilmente testimoniarTi ed interpretare la presenza ideale ma certissima di tutti i Tuoi Commilitoni e Camerati; della fede di tutti i nostri cuori; della selva sventolante di tutti i Vessilli e di tutte le Insegne della Rivoluzione. Spiritualmente, la Tua Legione cara al cuore del Duce, era al gran completo, nei suoi Vivi e nei Suoi Morti, disposta in quadrato a renderti l'estremo Onore delle armi. Solo essa era qualificata a farlo. la Fiaccola che ci hai trasmesso più arde e più deve ardere. E, ardendo, consumerà ogni cosa impura.

Questo il nostro impegno sacro, insieme al giuramento che sapremo vegliare la Tua memoria e il Tuo martirio, oltre la vita. Per poter continuare a Credere Obbedire Combattere.

Camerata Merico Zuccari, tutti i fascisti d'Italia rispondono "presente" per Te.

 

 

Da "M ROSSA" GENNAIO 2009

 

 

 

 

 

Ricostruzione storica di

 

Bruno Agosti

 

PROLOGO

 

QUANDO IL DESTINO TI ARRUOLA DALLA PARTE "SBAGLIATA" DELLA STORIA

 

Credo che a volte nella vita si fanno scelte che esulano e differiscono profondamente dal modo di pensare, di vivere, dalle proprie tradizioni culturali, sociali e politiche; sono quelle scelte che non trovano una logica nella vita e nel pensiero ma che sono dettate direttamente dal cuore.

E come tutte le scelte dettate dal cuore molto di frequente assumono una forma quasi divina, come se queste scelte fossero dettate da una forza sovrannaturale del destino che sfugge ad ogni umana volontà e ad ogni tentativo di razionale controllo da parte di chi ne sia investito.

Per stretta logica di irresponsabilità molte volte queste decisioni che si assumono nella vita avranno un esito drammatico e definitivo perché esse portano in se una scelta che va oltre il destino umano e rasentano la mitologia dove tutto è destino che rende forti, sicuri, invincibili e soprattutto immortali.

Questa naturalmente è solo la mia opinione, ma credo che basti forse a dare delle spiegazione per le scelte che fecero nel 1943 molti giovani italiani che all’ indomani dell’ 8 settembre quando l’ Italia volle uscire anzitempo dalla guerra con tutti i drammi che ne seguirono.

Fu in quel contesto storico segnato pesantemente dalla ideologia del regime Fascista con il suo ideale della Patria al di sopra di ogni cosa, con la sua propaganda che aveva fatto di un popolo pacifico e tranquillo un popolo guerriero e pronto al sacrificio estremo.

Molti giovani di allora si erano arruolati volontari nelle milizie fasciste attratti da questa propaganda e da questo stile di vita militarizzato fin dagli anni dell’ infanzia.

Si costituirono allora le Legioni che erano formazioni militari volontarie al servizio del regime in tempo di pace e combattenti, e bisogna ammetterlo, anche valorosi in tempo di guerra.

 

La Legione Tagliamento era una formazione militare composta esclusivamente da soldati in camicia nera che erano le truppe scelte del Regime fascista, per lo più molto giovani.

Erano stati arruolati nelle parti più disparate della penisola erano bene armati e bene addestrati e rispondevano direttamente ai comandi del Duce. Queste giovani camicie nere si rifacevano , per lo spirito combattivo e per lo sprezzo del pericolo, agli ” ARDITI “ della prima guerra mondiale.

Prima dell’ 8 settembre 1943, questa formazione aveva combattuto valorosamente sul fronte Russo nel bacino del Donetz e sul Don, da dove uscirono decimati nei furiosi combattimenti contro l’ Armata rossa di Stalin. Dopo l’ 8 settembre rientrati in Italia venne ricostituita l’ Unita di combattimento, si impegnarono contro gli Anglo – americani sui fronti del Sud Italia, ma soprattutto furono ricordati per la loro feroce guerra contro le formazioni Partigiane della Lombardia e del Veneto, vennero anche accusasti ( non sempre a ragione ) di numerosi crimini di guerra contro i partigiani e contro i civili. Dopo il 25 aprile 1945 dopo aver perso il controllo delle città lombarde, tentarono di sganciarsi dai combattimenti ormai impari , e si diressero verso il Bresciano e la Val Camonica per poi salire verso i Passo del Tonale e poi scendere lungo la Val di Sole, attraversarla fino a Mostizzolo di lì si diressero per la SS 42 verso la Mendola.

Il 03 maggio 1945 nell’ abitato di Revò vennero informati dal Comandante la locale Stazione dei CC maresciallo Michele Sterchele, che Mussolini era stato fucilato e che la guerra era finita.

Allora decisero di deporre le armi alla presenza dei Rappresentanti il locale CLNV senza ulteriori combattimenti .

Gli Ufficiali rimasero in ostaggio come garanzia per la truppa ed i soldati vennero rifocillati dalla locale popolazione di Revò o poi si avviarono verso casa ma buona parte di loro, giunti a Pescantina in Veneto, vennero catturati dalle bande partigiane assetate di vendetta, e fucilati dopo brevi processi partigiani.

Molto nota in quelli ambienti è la strage di Rovetta nel Bresciano dove furono giustiziati molti di quei ragazzi, a volte solo colpevoli di stare dalla parte sbagliata della Storia.

 

DAL WEB

 

Gli ultimi giorni della Legione CCNN TAGLIAMENTO verso la tragedia finale della guerra, tra i violentissimi scontri con le formazioni partigiale, le trattative per una ipotetica resa, la risalita della val Camonica il transito al passo Tonale per poi scendere lungo la val di Sole verso la definitiva resa e lo scioglimento della formazione militare nell’ abitato di Revò, come riportato sul sito web che ne ricorda la storia.

 

https://www.legionetagliamento.com/documenti/index03.html

 

 

" UN DURO SCONTRO “

 

"Viveri: dovrà essere portata al seguito una giornata di viveri a sacco.

"Itinerario: Il reparto muoverà da Corteno e prendendo la mulattiera che passa per Doverio, raggiungerà la strada alle pendici del Monte Padrio che conduce a Motti del Laghetto e a Balia del Lago".

Quando i reparti, alle ore 8,30 del 23 febbraio, giunsero in vista della strada militare Aprica-Mortirolo, vennero avvistati dalle "Fiamme Verdi", che immediatamente lanciarono all'attacco la "brigata Lorenzetti" per impedire loro di investire il Passo di Guspessa.

Lo scontro obbligò i legionari ad arrestare il proprio movimento, e si ebbero i primi Caduti. Sotto la pressione avversaria, i plotoni si ritirarono in due baite per riordinarsi e rimontare l'attacco. Ma altre forze partigiane accorsero, avvolgendo completamente i legionari, i quali, usciti in sortita, furono costretti a ripiegare, bersagliati da ogni dove dai guerriglieri. Le perdite furono gravi e raggiunsero in Caduti il 45 per cento della forza impiegata; quasi tutti coloro che rientrarono a Corteno erano feriti.

Racconta il milite scelto Luigi Ferretti, della 1a Compagnia:

"Al ritorno da un'azione un ufficiale ci disse di non scendere dai mezzi perché dovevamo ripartire per una nuova azione. Protestammo tutti, eravamo stremati dalla fatica. Venne il capitano De Mattei, il nostro Comandante, il nostro idolo, e ci parlò:

"Ragazzi", disse "ho avuto ora notizia che un Plotone della 3a Compagnia è stato decimato sul Monte Padrio da un'imboscata dei ribelli. Pochi i superstiti, tra i quali un ufficiale ricoverato in ospedale perché ferito. Non posso biasimarvi se rifiutare, perché siete all'estremo delle possibilità umane, però faccio appello ai miei legionari della 1a Compagnia, che non è un numero d'ordine ma è formata da guerrieri scelti e temprati. Badate c'è il rischio di fare la stessa fine del Plotone della 3a perché sul Monte i ribelli sono numerosi".

"Timorosi al pensiero di avere offeso il nostro Comandante gli rispondemmo che eravamo tutti pronti a partire per "ramazzare" il Monte Padrio.

"Partimmo per Corteno, sede della 3> Compagnia e, durante la notte sul 24 febbraio, iniziammo la salita al Monte Padrio, giungendovi in vetta molte ore dopo. Una scena terrificante ci apparì, molti legionari morti erano sparsi un po' dappertutto e molti di essi erano stati ridotti in terribili condizioni. Dei partigiani nessuna traccia, più in basso nel mezzo di uno spazzo, due baite. Il sottotenente Fiorineschi diede l'ordine di attacco e ci lanciammo contro le due costruzioni, ma esse erano vuote. Sistemammo alla meglio in barelle improvvisate i corpi dei nostri cari Camerati morti e scendemmo a Corteno".

In concomitanza con l'attacco della 1a Compagnia, altri reparti saggiarono la consistenza dello schieramento dei guerriglieri con puntate a raggio limitato da Monno e da Mola.

A loro volta i partigiani, nella notre sul 26 febbraio, attaccarono senza esito la Caserma di Vezza d'Oglio con bazooka, e, nellagiornata, Corteno, ferendo un legionario.

Lo stesso giorno il Comando della Legione diramò un nuovo ordine di operazioni per la continuazione dell'attacco al Mortirolo. Nella mattinata successiva, piazzati i mortai nei trinceramenti del Monte Pagano, la Legione, con il concorso di reparti valtellinesi, attaccò le posizioni avversarie dalla Piana di Guspessa, da Mola e da Monno. Dalle ore 13 alle 19, le Compagnie portarono l'attacco conto le fortificazioni dove i ribelli si erano asserragliati, ma non riuscirono ad averne ragione. Al calar della notte l'attacco venne interrotto, ma il Comando della "Tagliamento" ordinò il blocco della zona.

Nel marzo la Legione riuscì a catturare la maggior parte degli aviolanci di rifornimento angloamericani, e la situazione delle bande sul Mortirolo parve divenire precaria per carenza di munizionamento. Ma non fu così.

Nella terza decade del mese, la 1a Compagnia eseguì un attacco contro postazioni periferiche sul Mortirolo, dopodiché venne spostata a San Giacomo di Teglio in Valtellina e poi al Castello di Teglio, in attesa di riprendere gli attacchi da quel versante.

1110 aprile 1945 ebbe inizio una nuova offensiva. Questa volta agli ordini del colonnello Zuccari erano anche un Gruppo di Combattimento di SS italiane ed un Battaglione di Mille e Fran false che avrebbero attaccato il Mortirolo dal versante valtellinese, unitamente alla 1> Compagnia. Sul versante bresciano lo schieramento della "Tagliamento" era appoggiato da una sezione pezzi da "105" germanica e da due Compagnie della V Brigata nera Alpina Mobile.

Alle ore 6,30 le artiglierie e i mortai iniziarono il fuoco, danneggiando la sede del Comando partigiano, posto nell'albergo del Mortirolo. Frattanto le truppe portarono avanti le basi di fuoco per sostenere l'attacco delle fanterie. A mezzogiorno venne iniziato il movimento dei fucilieri, che però non riuscirono a progredire al di là delle linee di sbarramento avversarie anche per la rapidità dei pendii, completamente scoperti e battuti dal tiro incrociato di un gran numero di armi nemiche. Nonostante il valore dei legionari non fu possibile giungere al contatto delle opere.

Gli attacchi si ripeterono nelle giornate dell'11 e 12 aprile, spostando l'asse degli sforzi da un settore all'altro per rendere difficile la condotta della difesa, ma rimasero senza esito.

1113 aprile entrarono in azione le sole artiglierie ed i mortai con concentramenti a percussione ed incendiari sulle posizioni tenute dai guerriglieri.

Il giorno 14 tutti i reparti della Legione furono chiamati in linea anche dai più lontani presidi e l'attacco fu ripetuto. Le Compagnie avanzate del dispositivo (1a e 3a), grazie ad una fitta nebbia, riuscirono, senza alcuna preparazione di artiglieria e mortai, a giungere a contatto con le fortificazioni avversarie. Da Cima Mortirolo, la 2a Compagnia avrebbe dovuto agevolarne il movimento ed alimentarne gli sforzi.

Al levar del sole, quando già i legionari erano in vista delle opere, il vento disperse la nebbia e tutti gli uomini rimasero allo scoperto visibilissimi. "Indietro non si torna", gridò il Comandante della 1a capitano De Mattei, e si lanciò all'assalto. "All'improvviso", narra un legionario "valanghe di piombo seminarono la morte, investendo in pieno gli uomini. Molti cadevano, ma altri avanzavano, anche loro cadevano, ma altri ancora avanzavano".

Da Cima Mortirolo, dove avrebbe dovuto trovarsi la 2a Compagnia, non venne alcun aiuto. Ostinatamente la 1a e 3a Compagnia continuarono l'assalto dissanguandosi. Il legionario De Angelis, imbracciato un "Breda 30", giunse sino alla feritoia di una fortificazione. Ferito, aprì il fuoco verso l'interno, ma una raffica lo abbatté al piedi del muro. Prima di spirare fu visto baciare il mitragliatore.

Fu necessario ordinare la ritirata.

11-15 aprile le armi tacquero sino a sera, quando i mortai dettero inizio a concentramenti di fuoco. Nei giorni successivi, e sino al 22 aprile, l'attività si limitò a scambi di colpi di artiglieria di mortai e, nella notte, alla caccia dei rifornimenti aviolanciati.

Il giorno 22 il Battaglione SS italiane, risalendo dal versante valtellinese, giunse a contatto con lo schieramento partigiano ma, questa volta, la nebbia impedì di proseguire il movimento.

Il 24 aprile la "Tagliamento" si apprestò all'ultimo sforzo. Tutte le Compagnie vennero schierate sulle basi di partenza. Il 25 il Comando diramò alle truppe un ordine del giorno di estrema laconicità "O il Mortirolo o la morte".

Alle ore zero del 26 aprile le artiglierie e i mortai dettero inizio ad un bombardamento di preparazione, che, salvo brevi pause, continuò sino all'alba, debolmente controbattuto dalle bocche da fuoco avversarie.

Le truppe si apprestavano ad avanzare, quando staffette, provenienti dal Comando della Legione, annunziarono che l'attacco era sospeso. Le artiglierie cessarono il fuoco e un pesante silenzio gravò sulla Vallata.

Ci si avvicinava alla fine delle ostilità.

Il 26 aprile Lionelli Levi, detto "Capitano Sandro", inviò al colonnello Zuccari il seguente ultimatum: "Avrete ascoltato anche voi, oggi alle ore 13, la radio di Milano liberata. A nome del Comitato di Liberazione Nazionale e del Comando Generale Alta Italia, vi intimiamo la immediata resa incondizionata. Solo un tale atto può salvare la vostra vita, quella dei vostri ufficiali e vostri legionari, a meno che non dobbiate essere sottoposti a procedimenti penali per reati. Vi avvertiamo che secondo gli ordini che ci sono stati impartiti dal generale Cadorna, Comandante generale del Corpo Volontari della Libertà, ogni militare del sedicente Governo Repubblicano Fascista che non si arrende alle formazioni dei patrioti sarà passato per le armi. Assumetevi la responsabilità di una risposta scritta in giornata. Il vostro silenzio sarà ritenuto, ad ogni modo, come rifiuto di aderire all'intimazione di resa".

A questa missiva il Comandante della Legione rispose il 27 aprile, tramite il parroco di Mouno, nei seguenti termini: "La Valle Camonica è destinata ormai a diventare un campo di battaglia. Le truppe tedesche non si arrendono. Se le "Fiamme Verdi" non compiranno atti di ostilità contro la "Tagliamento", detta Unità non agirà contro le "Fiamme Verdi" stesse. Ad ogni azione di ostilità da parte delle "Fiamme Verdi" saranno i paesi della Valle a subire rappresaglia".

A tale ragionevole proposta, che avrebbe evitato ogni ulteriore spargimento di sangue, il Comando partigiano credette opportuno rispondere al colonnello Zuccari con la seguente lettera:

"Abbiamo ricevuto la sua risposta negativa alla nostra intimazione di resa. Intimazione fattale a nome del Comitato di Liberazione Nazionale per l'Alta Italia. Avevamo creduto di parlare da soldati italiani ad un soldato italiano, dal quale ci dividevano diversità di ideali e di concezioni politiche, ma al quale ci dovevano unire ancora i legami derivanti dall'aver tutti appartenuto ad uno stesso Esercito che un tempo aveva combattuto gli stessi nemici della nostra Patria. Ci siamo sbagliati. Lei, signor Merico Zuccari, non è più soldato e nemmeno un italiano, lei è un volgare e sanguinano capo al soldo dei nemici d'Italia. Cerchi pure di difendere i suoi padroni tedeschi, a minacciare e ad attuare rappresaglie contro le popolazioni innocenti. Nessun militare della "Tagliamento" sfuggirà alla punizione che lo attende. Vi diamo una sola parola, e siate ben sicuri che la manterremo: noi "Fiamme Verdi" della "Tito Speri" vi giustizieremo tutti. [Firmato] Il Comandante "Sandro"".

Ricevuto questo messaggio il Comando della Legione ordinò che i Reparti in colonna iniziassero la marcia verso il Passo del Tonale. Ricorda il milite scelto Luigi Ferretti: "La mattina del 26 aprile ci dissero di prepararci perché dovevamo tornare indietro. Alcuni legionari gridarono che non era giusto, molti ci avevano lasciato la pelle, perché i vili ribelli sul monte dovevano farla franca senza subire la giusta punizione?".

I Reparti della Legione si diressero verso il fondovalle, meno i superstiti delle Compagnie V e 34 che raggiunsero Teglio. Il Battaglione SS italiane raggiunse Tirano.

Da Edolo, dopo un giorno di sosta, la Legione giunse a Monno.

Lì 29 aprile 1945 la "Tagliamento", unitamente ad aliquote della V Brigata nera Alpina Mobile e agli elementi dei Presidi della GNR Territoriale, iniziò il movimento da Monno lungo la Strada Statale n0 42 in direzione del Passo del Tonale. Dopo il passaggio della colonna, i guerriglieri bloccarono le colonne germaniche in movimento sullo stesso itinerario, determinandone la resa.

Rimase isolato il piccolo presidio di Corteno, i cui pochi uomini della 34 Compagnia, catturati dalle "Fiamme Verdi", furono sottoposti ad ogni forma di torture, al punto che circa un mese dopo il legionario Ambrosini giunse al campo di concentramento di Modena irriconoscibile per le sevizie subite. Rimasero pure isolati i Presidi più consistenti di Lovere, Teglio e del Passo della Presolana.

 

Con mezzi di trasporto scarsissimi e stracarichi di feriti, con pochi viveri e con il personale sfiancato dalla fatica, la Legione risalì verso il Passo del Tonale, dove si ebbe un ultimo scontro a fuoco con le "Fiamme Verdi" nella giornata del 2 maggio. Poi, raggiunto il versante tridentino, il movimento divenne più celere e senz'alcun contrasto.

Furono toccate le località di Vermiglio, Fucine, Mezzana, Dimaro, Malè, Ponte Mostizzolo, Romeno. Il 5 maggio la Legione giunse a Revò.

Il CLN locale aveva già presi i poteri e nel paese circolavano partigiani annati, che però non contrastarono in alcun modo i movimenti della colonna nell'abitato. Durante la sosta, esponenti del CLN presero contatto con il Comando della Legione e proposero la resa alle seguenti condizioni: assoluta incolumità del personale sul territorio locale; consegna delle armi e delle uniformi; tutti gli ufficiali dovevano restare come ostaggi mentre la truppa sarebbe stata messa in libertà.

Dopo un rapporto ufficiali venne convenuto di accettare le proposte del CLN. Il colonnello Zuccari tenne l'ultimo discorso, terminando così: "Ragazzi, è stato un onore per noi avere avuto l'occasione di combattere al vostro fianco. Vi siete fatti onore. Ricordateci qualche volta. In bocca al lupo legionari!".

La sera del 5 maggio 1945 la legione venne disciolta. Solo un Plotone del Il Battaglione, non accettando la resa, lasciò il paese dirigendosi su Bolzano, in uniforme e armato di tutto punto. Gli ufficiali, restati a Revò, si consegnarono al CLN. La truppa, versato l'armamento, si spogliò delle uniformi e venne fraternamente aiutata dalla popolazione locale, che fornì a tutti abiti civili e cibo.

L'indomani, a piccoli gruppi, i legionari della "Tagliamento" iniziarono il rientro alle rispettive residenze, frammischiandosi agli ex-intemati di ritorno dalla Germania. Molti giungendo alle loro case furono soppressi (i Piva e i Pigoni di Lagosanto in provincia di Ferrara); altri vennero catturati dai partigiani e dagli angloamericani ed inviati in campo di concentramento. Quasi tutte le catture avvennero a Pescantina. I prigionieri furono inviati sia a Coltano che ad Afragola ed a Taranto. Gli ultimi legionari della "Tagliamento" uscirono dai reticolati durante la famosa rivolta del campo di concentramento di Taranto. Ed ecco ora la sorte dei tre presidi isolati che non riuscirono a ripiegare con la Legione.

 

 

 

Pubblico, qui di seguito, la lettera postuma del Comandante la Legione Tagliameento Colonnello Merico Zuccari .

 

Colonnello M. Zuccari dall'Aldilà

Il Comandante ai suoi Legionari

(1° Btg. M. 63° - 1° Btg. M. Camilluccia)

Legionari! Miei cari legionari della 1° Legione “M” d'Assalto Tagliamento, vedo

con piacere che non ci siamo dimenticati e tutti gli anni vi trovate a

commemorare i 256 Caduti della nostra Legione. Caduti che riposano nei

cimiteri di Vercelli, Edolo, Rovetta, Lovere, Roma e in quelli di ogni paese

toccato dalla lunga e sanguinosa odissea della Legione. La Legione si era

costituita dopo l'8 settembre 1943 e si era sciolta a maggio 1945, dalla Valle

Camonica dove voi legionari dei presidi distaccati, non potendovi unire al

resto della Legione, siete presi dai partigiani e in treno tradotti a Brescia.

Lungo il tragitto, ad ogni stazione il treno veniva fatto fermare, il conducente

azionava l'apertura delle porte, sopra vi era scritto “quelli della Tagliamento”,

ognuno saliva ed erano bastonate alla cieca per tutti.

Come siete giunti alla stazione di Brescia, malconci e doloranti, vi hanno

incolonnato, alla testa c'era la mamma del povero Tenente Giovanni Scolari, -

era morto da poco, in un malinteso scontro a fuoco ai Fondi di Schilpario il 28

notte 1945 – Fatti sfilare tra due ali di folla urlante fino al Castello. Il Tenente

Scolari, organizzatore e tutto fare di un giornaletto dedicato alla nostra

Legione, dal titolo “La Bomba”, diceva: che era uno scherzoso organetto

vagabondo, indipendente dove ai legionari del Camilluccia, con il primo

numero del gennaio 1944 si presentava così “legionari in EMME ROSSA

abbiamo l'esponente delle nostre idee politiche, sociali, innovatrici del nostro

movimento giovanile, nel grave momento che l'Italia sta attraversando. Ora

noi vogliamo con questo nuovo organo del 1° Battaglione della Guardia

portare alla luce lo spirito e la vita di noi legionari, iniziamo oggi il nostro

numero di scapigliature e di fregnacce”. Le fregnacce non mancarono nei

soli tre numeri realizzati. Ricordo divertito il ritratto scherzoso fattomi dal

Tenente Scolari sul secondo numero de “La Bomba”. E ricordo dispiaciuto di

alcuni collaboratori del primo numero scomparsi nella lotta contro il nemico e

l'editoriale di quel secondo numero, che conteneva non solo fregnacce ma

Ricordarsi che i nostri Caduti sono con noi, e che i Caduti per una causa

santa come questa non possono venir misconosciuti e dimenticati”.

Bravi i miei ragazzi. Il 30 aprile 1945, la maggioranza di noi ha raggiunto,

sotto una bufera di neve, il Passo del Tonale, si è pernottato in quella

caserma che allora era la CASERMA DUX. Abbandonati gli automezzi per la

mancanza di carburante, con una marcia lenta e faticosa siamo giunti il 4

maggio nelle vicinanze di Revò incontriamo il maresciallo dei carabinieri

Michele Sterchele, comandante la locale stazione, al quale chiesi le ultime

notizie sugli avvenimenti della guerra.

Appresi della morte di Mussolini e che le truppe alleate si trovavano nelle

vicinanze di Bolzano.

Valutata la situazione e visto l'inutilità del proseguimento di una guerra ormai

finita e su richiesta del maresciallo mi resi disponibile a trattare con il C.V.L.

locale ed eventualmente a cedere le armi, con l'assicurazione che ai miei

legionari, non venissero usati maltrattamenti di sorta. Dopo due ore circa, con

i miei ufficiali, nel Comune di Revò, presente il comandante del C.V.L. della

zona e il maresciallo dei carabinieri si è deciso di deporre le armi. Poi

adunato i miei ragazzi, abbiamo reso gli onori ai nostri Caduti e ho ritenuto

opportuno sciogliere la Legione Tagliamento.

Alla spicciolata e per diverse direzioni ci siamo allontanati da Revò, molti di

voi riuscirono a tornare a casa, alcuni finirono in galera e in campi di

concentramento ma, altri trovarono la morte, assassinati dagli amici

d'infanzia, sulle piazze dei paesi e perfino nelle proprie abitazioni: a Copparo,

a Comacchio, a Lagosanto dove i fratelli Piva vennero uccisi con i genitori.

Io, che mi ero incamminato verso la montagna, con lo zaino pieno di cibi

energetici, proseguii per Cagnò – Mostizzolo, per raggiungere il confine

svizzero. Dopo varie peripezie a Genova mi sono imbarcato per l'Argentina.

Nel dopoguerra, con i miei ufficiali della Tagliamento saremo

processati/perseguitati dai vari tribunali.

Siamo stati incolpati di ogni nefandezza possibile dove, tutti pronti a

condannare senza appurare la fondatezza delle accuse. Un esempio: al

TRIBUNALE MILITARE di Milano nel 1952, si stava rievocando l'uccisione di

un giovane a Pian d'Artogne il 6 aprile 1944, incolpati noi della Tagliamento: a

quei tempi eravamo altrove, nella Valle Camonica siamo giunti a fine ottobre

1944.

Da notare che il colpevole di quella uccisione era già stato condannato in

precedenza dalla Corte d'Assise Straordinaria, la vedova dell'ucciso aveva

pure espresso il suo perdono.

Tutti erano pronti a esecrare e a condannare la Tagliamento, fosse stata una

banda di criminali senza legge e senza pietà.

Ma non sanno cosa fu per sei mesi la vita dei miei Legionari dal dicembre

1943, nel dover mantenere l'ordine nella provincia di Vercelli, con le bande

armate del Cino Moscatelli, scorrazzanti indisturbate.

Il Capo della Provincia Michele Morsero, il 15 dicembre 1943, con espresso

urgente al Ministero degli Interni: chiedeva rinforzi contro l'atteggiamento

criminale dei ribelli alla macchia, con delitti vari verso la popolazione, in

aumento di giorno in giorno, imponendo negli stabilimenti lo sciopero,

obbligando i datori di lavoro a corrispondere i salari anche durante gli

scioperi. Noi siamo trasferiti d'urgenza, da Chiari nel bresciano a Vercelli.

Al nostro arrivo i muri del capoluogo erano tappezzati di manifesti dove si

offrivano taglie: di cinquemilalire per ogni legionario ucciso, diecimilalire per

l'uccisione di un ufficiale e cinquantamilalire per l'uccisione del comandante.

La mia vita valeva cinquantamilalire partigiane.

Abbiamo subìto agguati a militi isolati, uccisi e i loro corpi martoriati. Abbiamo

avuto quarantotto imboscate: a Roccapietra, a Camaso, a Passo Baranca, al

Ponte della Gula, quello del Baraccone, l'eccidio di Quarona al Ponte della

Pietà e altre ancora. Lo stillicidio sul Mortirolo con i pugnali che finiscono i

feriti. Siamo stati giudicati e condannati per aver reagito da soldati in divisa a

quanto appena elencato, oppure avremmo dovuto farci accoppare tutti, così

non potendo condannare i vivi, avrebbero condannato i morti. La mia

latitanza in Argentina è durata 14 anni, nel frattempo sono stato condannato:

a morte dal Tribunale di Bologna nel 1947, condanna poi revocata dal

Tribunale di Firenze nel gennaio 1950, il Tribunale di Milano nell'agosto 1952

mi condanna all'ergastolo con degradazione e espulsione dall'esercito. Nel

1955 ottengo la liberazione condizionale e il 9 novembre 1959 la

scarcerazione virtuale. Finalmente potrò tornare in Patria, in Italia, a casa e

congiungermi alla mia famiglia. Come sono sceso dall'aereo, nel toccare

terra, volevo riabbracciare mia moglie Clara, mia figlia Maria e gli altri

famigliari che mi aspettavano, ma l'emozione era troppo forte, il mio cuore ha

ceduto e ho raggiunto i miei legionari.

Caduti come fiori sparsi a primavera.

Dal vostro Comandante, il fu: Merico Zuccari

Il Colonnello Zuccari durante la latitanza, da Buenos Aires in risposta ai due

suoi legionari (Angelo e Pietro) scriveva: “Il vostro ricordo, la vostra fede

immutata, il vostro orgoglio d'aver militato nel più bel reparto della R.S.I. sono

per me di grande conforto in questo terribile esilio. La gloriosa Tagliamento,

fu grande palestra in cui un pugno di giovani divennero Eroi... All'ombra del

suo Labaro glorioso e invitto, voi affinaste i vostri sentimenti, temperaste i

vostri muscoli, apprendeste ad amare e ad odiare, a combattere e morire per

la Patria e per un idea grande come l'infinito... L'uniforme magnifica degli “M”

sarà l'unica vostra divisa. Con essa ne sono certo, combatterete ancora. Io

sarò come ieri al vostro fianco... i vostri bei volti, incorniciati dallo sbarazzino

fez nero e da un incipiente barba. Mi sembra di udire, portati dal vento, i

nostri canti di guerra e di reparto, i vostri gridi di gioia, il vostro passo

cadenzato e solenne. Spero fra non molto di potervi unitamente riabbracciare

per non più lasciarvi...

Vi abbraccio fraternamente”.

Zuccari

Dopo pochi anni, il Colonnello Merico Zuccari: 4 novembre 1906 –

5 dicembre 1959, Comandante della 1° legione “M” d'Assalto Tagliamento, ha

raggiunto tutti i suoi legionari che lo avevano preceduto, compreso i 43 fucilati

a Rovetta il 28 aprile 1945, i 6 fucilati a Lovere il 30 aprile 1945 e i 2 prelevati

dall'ospedale e fatti sparire nelle acque del Lago d'Iseo l'8 giugno 1945.

Giuliano Fiorani

 

 

 

RECENSIONE DI RENATA GAVA   

 

Renata Gava Bruno Agosti, Io sono la fortunata moglie di uno di quei eroici ragazzi della Tagliamento in camicia Nera. In tutto quell'inferno che lei ha descritto c'era mio marito che in quell'inferno gli hanno ammazzato il fratello di due anni più grande di lui. Persone, uomini speciali carichi di onore e lealtà. Grazie per far conoscere la loro storia, io non ne ho bisogno la porto nel cuore.

 

Grazie ancora Bruno. Rileggo continuamente la tua ricostruzione della Tagliamento e mai mi stanco e ogni volta provo una stretta al cuore.