Il " Listo di brijaudi "

 

Era uno di quei personaggi che nel mio immaginario hanno sempre rappresentato la libertà allo stato puro, intesa come lo spogliarsi di tutti quelli atteggiamenti e di tutte quelle regole che l’ uomo essere socievole per natura, si è autoimposto nel tempo, come la concezione sociale ed organizzata della società, il modo di vivere le relazioni umane anche tra sessi diversi, il concetto di avere che pianno, piano ha sostituito quello molto più importante e determinante che à l’ essere, ed in diretta conseguenza di tale distorsione sociale, si sono poi determinate le classi sociali sempre più distanti tra di loro quanto egoiste e prive di umana solidarietà.

Per me il Lispo rappresentava uno di quei cavalieri erranti descritti nelle canzoni degli Anarchici, continuamente perseguitati e scacciati che vanno erranti di terra in terra perché il loro pensiero e il messaggio che essi trasmettono, sono in totale disaccordo con l’ attuale pensiero e modello sociale capitalistico e borghese e và a rompere certi privilegi che aquisiti nel tempo con il denaro e l’ arroganza del potere.

Si chiamava Giuseppe Niccolini era nato a Villazzano il uno. 01. 1896 era coniugato.

Noi ragazzini lo incontravamo di frequente per le strade poderali e in giro per i nostri boschi ricchi di funghi che egli raccoglieva e poi vendeva alla gente del paese. Da come lo ricordo io, mi sembrava una persona con una spiccata cultura generale, non ricordo se lavorasse anche a dipingere quadri ma credo di no perché non ho menzione che qualcuno ne sia in possesso.

A dormire si recava spesso presso la casa della signora Agosti Rosa di Gianini e lì dormiva nella stalla sul fieno la stessa signor Rosa mi ha dato le sue generalità e la sua provenienza.

Morì presso la casa di Agosti Rosa il 16 febbraio 1960 e venne subito portato nella cappella mortuaria del cimitero di Varollo da un gruppo di volontari su incarico del allora sacristano della chiesa parrocchiale di Varollo, signor Carotta Severino.

Mi ha raccontato uno dei giovani che si sono prestati per il trasporto del morto, che al cadavere ancora caldo erano state messe le mani sul petto, ma le braccia di tanto in tanto scivolavano inerti verso terra spaventando i baldi giovanotti che non volevano più proseguire il tragitto che dalla casa più a sud del paese, a notte fonda come in un film dell’ orrore, si dirigevano verso il lontano cimitero di Varollo accompagnati dalla luce tenue della lanterna a petrolio del sacristano.

Per ovviare all’ inconveniente, il buon Severino che era anche il becchino del paese, prese dalla sua tasca un grande fazzoletto e legò le mani del defunto affinché non scivolassero più in basso.

Il mattino successivo di buon ora, si sentiva il rumore della pialla e della sega circolare del falegname del paese signor Pietro Antonioni , che preparava la bara per il defunto Giuseppe Niccolini che venne sepolto nel cimitero di Varollo.