Il " campanò "

 

Era il modo per annunciare a tutti i paesi limitrofi, fin dove fosse arrivato il suono festose delle campane, che la nostra comunità, civile e religiosa, era in festa.

Il campanò era un arte, tramandata nei secoli dai campanari e dai loro figli, così, quando nel paese c’ era una ricorrenza festosa come la sagra del borgo o una S. Messa novella di un giovane sacerdote, lo si annunciava al vicinato, con il campanò.

Per capire il suo funzionamento, bisogna aver visto i preparativi che faceva il padre di Bruno, il signor Severino, naturalmente gli amici di Bruno, potevano assistere ed aiutare. Devo dire, che allora, a differenza di oggi, i giovani erano molto più laboriosi ed ingegnosi, tutti, infatti, erano obbligati ad aiutare i genitori nei lavori nei campi e nelle stalle e si aveva così appreso ed aquisito il senso della misura, del calcolo ad occhio, l’ abilità nei vari ruoli e mansioni, il senso della prevenzione del rischio e del pericolo.

Eravamo tutti dei piccolo agricoltori ed allevatori.

Per preparare le campane per il campanò, bisognava , con le funi, imbragare il battacchio, poi tendere la corda, legandola ad una trave del castello della torre campanaria, fino a portare il battacchio a circa un centimetro dalla campana, in modo tale da poter parla rintoccare spingendoci sopra con le mani o i piedi.

Si formava così una ragnatela di corde, tante quante erano le campane, finita questa operazione, tutto era pronto per fare campanò.

Si poteva fare dei veri e propri concerti per corda e campana, bastava saper comporre dei piccoli brani musicali sfruttando la diversa tonalità di ogni campana, il risultato erano dei veri propri pezzi di musica che si potrebbe classificare come improvvisata e folk.

I concerti di campanò, erano frequenti per via delle numerose ricorrenze sacre di quei tempi, ed ogni paese aveva il suo stile inconfondibile e riconoscibile subito dagli orecchi più esperti, c’ era il campanò di Livo, di Preghena , di Cagnò, ma quello sicuramente più popolare ed inconfondibile, come il suo campanile, era quello di Cis, al quale noi avevamo scritto il testo, con le seguenti parole : “Din don, din don comarole, maturano le perole “.

 

Bruno Agosti