La mia Maestra

 

La mia maestra per gli anni che ho frequentato la prime tre classi elle elementari, si chiamava Teodora Depeder e, come tanti maestri ed insegnanti di quel tempo, proveniva dal paesino montano di Bresimo, dove la miseria era ancora più radicata e stabile in quella Comunità svantaggiata, da suggerire ai genitori di far studiare i propri figli per poter avere un lavoro ed un futuro che potesse garantire la sopravivenza stessa della comunità di Bresimo.

Era una donna piccola, minuta, aveva sposato un uomo locale che si chiamava Maninfior Giulio, credo, ma non ne sono certo e comunque non ha nessuna importanza, che avesse aderito al fascismo negli anni del regime, ma di questo lei non ne fece menzione alcuna e, secondo la mia opinione, riuscì a scorporare da quel pensiero politico e dalle manifestazioni del ventennio, tutte quelle cose positive che esso ha proposto ed inculcato agli italiani, come la lealtà, il rispetto della parola data, la cura del corpo e della mente e la disciplina.

Se avesse saputo fare altrettanto l’ intero popolo italiano, a quest’ ora saremmo il Popolo più educato e colto, progressista, tecnologicamente avanzato e progredito del mondo. Abbiamo pensato bene invece, assieme ai momenti, gagliardetti e camicie nere, di bruciare in toto anche quei valori positivi che il regime fascista aveva prodotto durante i venti anni della sua storia.

Così la buona maestra Teodora, ci prese in consegna, amorevolmente, specie i nuovi arrivati, ci fece salire al piano di sopra , dove c’ era la nostra grande aula, e ci fece accomodare ai nostri posti, i più piccoli davanti, la seconda e la terza dietro di noi.

Le aule avevano il pavimento in legno, fatto con tavole logorate dal tempo, talune erano talmente sconnesse da avere delle grandi fessure nelle quali, sovente, cadevano matite, pennini, e pezzi di carta.

La manutenzione era ridotta all’ essenziale, perché già allora si stava pensando alla costruzione del nuovo plesso scolastico, il Comune, infatti, era già in trattativa per l’ acquisto del terreno.

La buona maestra Teodora, si accorse subito del mio problema al braccio destro e non fu che la triste conferma di quanto a casa avevano sempre sospettato ed esorcizzato, faticavo molto ad impugnare la penna e mi era difficile tracciare dei movimenti sulla carta per colpa dell’ instabilità dell’ arto.

Con infinita pazienza, la maestra mi prendeva la manina malata e la accompagnava sul quaderno a tracciare le prime aste, poi i tondi, via, via fino a quando prendeva forma una A o un numero.

Ricordo, con emozione e con grande riconoscenza, il lavoro didattico di mia zia Ada, che con tanta pazienza ed infinita tenerezza mi insegnava come una seconda maestra e mi teneva la mano tremante, per farmi tracciare bene le aste ed i cerchi.

Imparavo in fretta ed assimilavo bene tutte le materie, ero un po’ debole in matematica, ( lo sarei sempre stato ) ma per il resto imparavo tutto e bene.

Ricordo, con entusiasmo, un piccolo episodio, era verso la fine del primo anno scolastico, ed avevo imparato a leggere sillabando le parole, un giorno mio padre mi portò con lui al bar di Varollo, sul tavolino c’ era un quotidiano locale, presi il giornale e mi misi a leggere le parole più grandi, i titoli, era presente, per caso, un figlio della mia maestra, che si chiama Irio, il quale lo riferì alla madre ed il giorno seguente, a scuola, la maestra mi elogiò pubblicamente.

Tra gli episodi più belli e dolci che ho ricordo nel tempo trascorso con la buona maestra Teodora, alcuni mi sono rimasti impressi nella mente, come una poesia, dolce, che si narra al fuoco del camino, durante le sere d’ inverno, quando fuori cade la neve e le cose più care le tieni strette al cuore, in uno spazio angusto, con forza, sono i ricordi, che nessuno ti potrà mai rubare, nessuno, perché gli unici proprietari sono il tuo cuore, la tua mente, la tua anima.

Il 22 marzo 1959, è stato il giorno, solenne, della mia prima S. Comunione. A lungo ci aveva preparati il nostro parroco don Giuseppe Calliari, insegnandoci , alla maniera pre conciliare, la Bibbia, con i suoi Profeti, i suoi racconti, che mi parevano tratti da un libro di favole, poi il Vangelo, con tutta la storia di Cristo, dalla sua nascita al Calvario e poi la resurrezione.

Anche la mia maestra, ci aveva seguiti ed aiutati per questa solennità, come fossimo dei suoi figli, ci ha accompagnati lei alla S. Messa quel giorno, ed a me, forse perché ero il suo preferito per via dei miei problemi fisici, mi regalò i santini, piccoli, come era in uso a quei tempi, sul primo, che conservo ancora gelosamente, come un caro ricordo di lei, aveva scritto, a penna, con la sua impeccabile calligrafia: “ Varollo, 22 – 3 – 1959, nel giorno della tua l° S. Comunione, la tua maestra Teodora Maninfior “ .

 

Poi ricordo, con dolcezza un periodo precedente le feste di un S. Natale, forse era la festa di S. Lucia, quello che ricordo con un grande senso di gioia, ancora oggi, a distanza di 50 anni, è la sorpresa che provammo nel trovare sotto il nostro banco scolastico, un pacco con dei doni dentro, c’ erano quaderni, colori, matite, degli aranci, nessuno si aspettava una simile sorpresa, così l’ emozione e la gioia raddoppiarono, bastava poco per essere felici davvero…