INTRODUZIONE

 

A 100 anni dalla Grande Guerra che ha avuto inizio il 28 luglio 1914, intendo ricordare in questo modo i miei compaesani che ho avuto modo di conoscere, che hanno combattuto in questo conflitto.

E’ il ricordo di persone chiamate dalla loro Patria a compiere il loro dovere di soldato, scesero in campo per onorare questo patto, senza indugio, con un solo desiderio nel cuore : poter tornare al paese natio.

Molti non tornarono, altri tornarono resi invalidi dalla guerra, ma tutti tatuati a fuoco dal ricordo della tragedia della guerra.

 

 

Zanotelli Giovanni ( Gioanin )  nella foto l' ultimo a destra.

 

 

 

 

 

Zanotelli Giovanni (Gioanin )

 

Gioanin * 24. 06. 1896 + 04. 02. 1973

 

Si chiamava Zanotelli Giovanni, ma io l’ ho sempre sentito chiamare Gioanin, era un uomo alto e magro, una persona umile e buona, che ho avuto il piacere e l’ onore di conoscere molto bene, in quanto la mia abitazione dista una decina di metri dalla sua e tutti i giorni avevo l’ occasione di incontrarlo, quanto andavo a giocare con i miei cugini che ora sono negli Stati uniti.

Giovanni era zoppo e camminava decisamente claudicante per via della brutta ferita avuta nella prima guerra mondiale, quando una granata d’ artiglieria gli aveva demolito il piede e da allora, dopo essere stato curato nell’ ospedale militare di Lienz in Austria, per poi venire congedato a causa della grave infermità era costretto a camminare zoppicando.

Con l andare del tempo, la tecnologia ortopedica gli aveva messo a disposizione delle scarpe speciali che gli consentivano di camminare con meno sforzo e con meno dolore.

Quel suo camminare stentato e faticoso me lo sono portato nella mente fino ad oggi e quando passo vicino a casa sua, mi sembra ancora di vederlo salire lungo il viottolo con quel suo incedere faticoso e lento, ed io , uomo di destra, a volte entusiasta delle grandi battaglie, del fascino della guerra, delle grandi imprese epiche e mitologiche, venivo sempre messo a confronto con la realtà cruda e dolorosa delle vicende belliche, quando incontravo il Gioanin con il suo passo lento e zoppicante, con il suo eterno sorriso, specie per i bambini, con la sua serenità di una vita vissuta con profonda onestà e dedizione alla sua numerosa famiglia, era sempre una battaglia ideologica tra il mio cervello ed il mio cuore…

Giovanni infatti, nonostante la grave menomazione, era riuscito a farsi una bella famiglia, erano tempi duri allora per gli uomini e per le donne, ma erano anche i tempi dove sbocciava un vero ed indissolubile amore tra due ragazzi, a prescindere dalle condizioni economiche e dallo stato fisico, e questa ora è una situazione che invidio io portatore di un grave handicap, non sono riuscito a farmi una famiglia, perché le donne del mio tempo guardavano più alla scatola che al contenuto…ma questa è un'altra storia.

Giovanni aveva sposato una ragazza di Scanna che si chiamava Concetta Agosti, ma per tutti in paese era la Rosina e da lei aveva avuto ben 7 figli, tre maschi e quattro femmine, quello che mi è stato più vicino, per via dell’ età e della passione per la ricerca, è stato Onorio, era un genio di sapienza e di fantasia applicata alla realtà, ricordo con nostalgia quei tempi, quei lavori ingegnosi, quel nostro correre al torrente Pescara, quel nostro costruire le baite nel bosco, con la centralina elettrica mossa dalla forza dell’ acqua, quanta libertà, quanto entusiasmo e quanta costruttiva fantasia…

Giovanni era un agricoltore, viveva con il lavoro dei campi ed i prodotti della terra, ad aiutarlo nel lavoro quotidiano , reso ancora più pesante dalla sua menomazione al piede, c’ era sempre la fedele Rosina, sembra quasi di raccontare una bella fiaba dei Grimm, ed invece è la vita di un uomo, della sua donna e della sua bella famiglia. Pensando al Gioanin, a volte mi chiedo : ma cosa ci manca ora, perché andiamo a cercare tutto quello che avevamo e che abbiamo dimenticato in nome di un discutibile progresso che ci ha resi schiavi di un consumismo sfrenato, di cose spesso inutili ed assurde, e poi andiamo a cercare un angolo di pace in una baita di montagna quando quella pace e quella serenità l’ avevamo dentro le povere case di un tempo…

Giovanni aveva anche dovuto emigrare negli Stati uniti, dove era stato un anno precario in attesa di un lavoro e per sopravvivere faceva dei lavori saltuari, poi , come tutti gli italiani, aveva avuto il suo lavoro, in una miniera della Pensilvania, dove rimase per 10 anni.

Il suo stato di grande invalido di guerra, a quel tempo dava diritto ad una piccola pensione che non bastava al sostentamento della famiglia, anche perché quella era gente che aveva combattuto contro l’ Italia e specie durante il periodo fascista non erano visti di buon occhio quindi ancora maggiore era lo sforzo per poter mantenere la famiglia con la moglie e i sette figli.

 

Nella foto in basso il documento di un prestito di guerra.