Garofani e bache

 

Noi ragazzini, conoscevamo il vicino bosco di Somargen, meglio delle nostre tasche, tra i nostri divertimenti estivi preferiti, infatti, c’ erano le scorribande nel bosco , per il sentieri che ora non sono più visibili, erano scorciatoie che ti permettevano di arrivare rapidamente in fondo al bosco, vicinissimo al torrente Pescara, il bosco era solcato da una miriade di sentieri, che portavano in località diverse, allora il bosco era molto battuto, in tutte le stagioni, alla ricerca dei prodotti che offriva a tutti coloro che sapevano cercare con conoscenza ed esperienza, c’ erano infatti funghi di varie specie commestibili, asparagi selvatici, nocciole selvatiche, more e mirtilli ed altri frutti.

C’ erano anche le famose videzze, tanto ricercate da noi fumatori, a volte si andava a pescare di frodo, si portava da casa un paio di metri di lenza, alcuni ami, allora questi oggetti erano facilmente reperibili, al primo mucchio di letame si faceva il pieno di vermi belli grossi e poi giù a gambe levate fino al Pescara, arrivati nei pressi del torrente, con il coltello che tutti avevano il tasca, si tagliava un ramo di nocciolo che sarebbe servito come canna per pescare. Ci si metteva in posti molto nascosti, per non essere visti dalle Guardie o da qualcuno che poi lo avesse potuto riferire ai nostri genitori e si metteva la lenza in acqua, dopo aver messo un grosso verme attaccato all’ amo.

Eravamo abbastanza abili, perche tutti avevano il padre o un parente pescatori, e , a giorni, quando le trote “ beccavano “, se ne prendeva parecchie. A casa , dopo il tradizionale rimprovero, la mamma però le metteva in padella soddisfatta di poter mangiare qualche cosa di diverso e più nutriente della solita polenta.

Nelle estati torride di quel tempo non c’ era niente di meglio che andare a fare un bel bagno rinfrescante nel torrente Pescara, si andava solo noi maschietti e si sceglieva un punto dove l’ acqua ristagnava e creava un piccolo laghetto da noi chiamato BOION “ lì ci si metteva tutti in mutande e si entrava in acqua dopo aver scelto il luogo più soleggiato sperando che l’ acqua fosse più tiepida… ma figurarsi l’ acqua della neve che si scioglie sui monti ed ha una portata di decine di metri cubi al secondo quanto può essere tiepida, ma l’ eroismo giovanile prendeva il sopravvento e tutti entravano nel bojon, era anche il modo di lavarsi il corpo perché a quel tempo nessuno possedeva in casa la doccia o la vasca da bagno ma tutti lo facevano nella classica orna dove la mamma lavava i panni… forse a qualcuno puè sembrre incredibile ma era così. Nell’ acqua del boion si entrava maschi e si usciva femmine, ma qui non c’ entrano le magie dei folletti dispettosi che popolano i boschi o le teorie gender, l’ acqua era talmente fredda che quando si usciva il pisellino non lo si trovava più ...

C’ erano dei posti dove crescevano dei fitti rovi, che producevano dei fiori bianchi che diventavano poi delle bacche di un colore arancione scuro, una bella tonalità del rosso, erano a forma di un piccolo ovetto allungato.

Noi , nel nostro dialetto, le chiamavamo “ cjalcja vecle “ che tradotto alla lettera significherebbe schiaccia vecchie, penso che il nome scientifico di questo frutto sia cinorrodo , so che con i fiori secchi si può ottenere una buona tisana rilassante.

A volte , portavamo con noi dello spago sottile e resistente, quello che serviva per fare gli insaccati e le lucaniche, e , con un ago, infilavamo le bacche nello spago e si formava una bella e coloratissima collana, che si poteva fare doppia o tripla, a seconda della lunghezza dello spago e della nostra fantasia.

Se si andava , invece, sulla Crozza di Barbonzana, che ra un piccolo bosco di noccioli che crescevano, stentati, tra le rocce calcaree, nella misera e sempre arida erba che cresceva negli spiazzi e vicino alla grande croce di legno, si potevano trovare dei piccoli e profumatissimi garofani selvatici di colore rosso fucsia, li raccoglievamo e ne facevamo dei piccoli mazzetti, uno lo mettevamo ai piedi della croce e gli altri , assieme alle collane, li regalavamo alle nostre ragazzine, che, orgogliose, tornavano a casa con la bella collana di bacche al collo ed un mazzetto di fiori tra i capelli… Quanta dolcezza si usava avere ai miei tempi, verso le femmine, le ragazzine erano considerate come un mondo a parte, delicato, dolce e soprattutto da rispettare ed onorare, anche con una semplice collana di bacche o un mazzolino di fiori… Altri tempi, e che bei tempi! E quanta nostalgia !

 

Bruno Agosti