LE FANTASTICHE STORIE DI UN ALPINO

Mano nella mano, ponte d’amore fra il vostro letto genitoriale ed il mio,
m’addormentavo dopo averti fatto ripetere per l’ennesima volta le mie favole preferite:
“C’era una volta una famiglia di topolini: papà topolone, mamma topolona e sette fratellini topolini.
Di mangiare allora ce n’era poco e tutte le sere, papà topolone e mamma topolona lasciavano i sette fratellini topolini per andare a cercare il cibo.
“fate i bravi ed aspettate in silenzio”, raccomandava mamma topolona prima di infilarsi nel buco del muro che immetteva in altre cantine.
Allora i muri erano tutti mezzi diroccati a causa dei bombardamenti, c’era la guerra fuori e le cantine erano vuote ma, con un po’ di fortuna, qualcosa si trovava.
A papà topolone piaceva rosicchiare il sughero dei tappi delle damigiane contenenti olio; appena riusciva a creare un foro sufficientemente ampio, vi infilava la coda sino ad immergerla nell’olio.
Adagio poi la ritraeva, pesante del prezioso liquido che succhiava con voluttà.
Anche ai sette piccoli topolini avrebbe insegnato il trucco.
Mamma topolona era bravissima ad individuare croste di formaggio o piccoli pezzi: la fame era tanta ma cercava prima di averne per i sette topolini,poi rosicchiava qualcosa per sé.
Così tutte le notti: i sette topolini stavano silenziosi in attesa del ritorno di mamma e papà, l’una con le croste di formaggio, l’altro con la coda ancora intrisa di olio; chi mangiava di qua, chi succhiava di là.
Una sera, però, il bombardamento fu più violento degli altri: mamma topolona e papà topolone avevano appena oltrepassato il solito buco quando un masso di calcinacci li investì uccidendoli.
Quella sera i sette fratellini topolini non videro tornare a casa i loro mamma e papà; arrivarono tutti i topoloni del vicinato che organizzarono il funerale con tante corone di fiori.
Ad aprire il corteo i sette fratellini topolini che da quel giorno dovettero pensare a sopravvivere da sé”.
“ E quella di Babbo Natale?”
“C’era una volta un campo di concentramento, un grande campo con tante casette, tutto circondato da filo spinato, in cui vivevano tanti uomini che altri uomini tenevano prigionieri perché erano in guerra.
In quel campo c’erano da mangiare solo bucce di patate e qualche patata marcia, qualche pezzo di pane nero, poca acqua da bere.
Gli uomini dormivano su assi di legno, che dovevano essere letti, poste le une sopra le altre in lunghe file.
Se di notte non riuscivano a dormire, quegli uomini vedevano pidocchi e scarafaggi avanzare in formazioni belliche di attacco lungo le assi: quando arrivavano sopra il corpo dell’uomo,si lasciavano cadere su di esso alla ricerca, anche per loro disperata, di qualcosa da mangiare.
Tante volte udivano il ronzio dapprima lontano e poi sempre più vicino e minaccioso degli aerei diretti a bombardare qualche città.
Infatti non tardavano a farsi sentire i botti delle bombe che colpivano i bersagli.
Poteva succedere che anche le casette, dette baracche, vibrassero per effetto di uno scoppio poco lontano.
La paura era davvero tanta!
Si pensava alla mamma, al papà ed ai fratelli lasciati a casa, a quelle lettere spedite con la richiesta di qualche pacco con alimenti senza risposta…” “E allora,papà?”
“I giorni passavano, col temperino si incideva ogni giorno la data in un angolo nascosto, per non essere puniti, per ricordare in che tempo si era e così si sapeva dell’approssimarsi di Babbo Natale.
Quella notte,nessuno riusciva a dormire: tutti gli uomini stavano con le orecchie tese, in silenzio sino a che si sentiva l’arrivo dell’aereo con a bordo Babbo Natale.
Nessuno poteva spiegarlo ma, tutti distinguevano quell’aereo dai bombardieri.
Con l’immaginazione, perché non potevano muoversi da quei letti , quelle assi, vedevano i pacchi con tante cose buone da mangiare chiuse dentro paracadutati sul campo .
Al mattino,all’appello quotidiano sul piazzale gelido e gelato, intirizziti dal freddo quegli uomini avrebbero ricevuto un boccone di pane in più.
Sì, anche Babbo Natale era povero! C’era la guerra,gli uomini tenevano prigionieri altri uomini e per tutti non c’era da mangiare.
Babbo Natale avrebbe voluto portare di più , proprio non sapeva dove trovare altro.
E così anche quel giorno sarebbe stato un giorno uguale agli altri…Adesso dormi,buona notte”.
Con la mia copertina cercavo di coprire il tuo braccio perché non avessi freddo mentre nelle orecchie mi sembrava di sentire il ronzio di quell’aereo con a bordo babbo Natale.
Spezzato il ponte d’amore dagli anni e dal concludersi della tua vita terrena, fu il tuo amico più caro con cui condividesti le assi di legno dette letti ed una gelida baracca di un campo di prigionia a raccontarmi:
“Quando mi rifiutavo di tradurre dal tedesco all’italiano messaggi particolarmente crudeli, venivo messo in isolamento in un recinto senza riparo e senza cibo.
Tuo papà rischiava tutte le volte di essere sorpreso e punito ma, non rinunciava a raggiungere la mia ulteriore prigione per lanciarmi al di là del filo spinato la sua porzione di pane nero ammuffito.”
Avrei voluto allora, papà, poter correre da voi e mettere le vostre braccia protese in un unico atto di aiuto reciproco al riparo sotto una morbida coperta e svegliarvi il giorno dopo guariti da ferite non rimarginabili.
 
 
Tiziana Faoro